Dura la vita del riformista! Dura e scomoda. Il riformista sa che se non ti applichi ad aggiornare continuamente i meccanismi della società , il tempo fatalmente ti scavalca e ti rende presto inadeguato. Il riformista non si accontenta mai: raggiunto un risultato, vuole subito ottenere il passo successivo. Il riformista è sempre inquieto: sa che le riforme, anche quando le hai fatte, sono sempre a rischio, sa che puoi fare un passo avanti e due indietro. Per questo spesso è anche apprensivo. Il riformista quasi sempre è malvisto: soprattutto da quelli che temono i cambiamenti, sia per propensione psicologica alla conservazione, sia per qualche bieco interesse privato al mantenimento dello status quo. Il riformista è antipatico: non ama la tranquillità e mette in agitazione chi gli si trova attorno, che semmai preferirebbe un pacioso quieto vivere. Il riformista è impaziente: crede che tutto sia migliorabile e non è disposto ad attendere più di tanto. Se vede un pertugio, ci si infila, sperando di innescare in qualche modo il cambiamento desiderato. Il riformista non coltiva certezze: diffida dei grandi obbiettivi epocali e persegue spesso tanti piccoli obbiettivi di breve termine. Sa che il meglio è nemico del bene e che l’uovo oggi … Il riformista ha pochi ma molto saldi principi, e tutto il resto si può discutere. Insomma, avete capito che il riformista è un autentico rompicoglioni, per dirlo alla francese … Però, senza riforme il mondo non migliora, e la semplice speranza in un domani più luminoso può trasformarsi in un’inerzia paralizzante, forse per qualcuno epica ed esaltante, ma dai risultati scadenti. Chi vuole il successo rapido e l’applauso facile difficilmente può permettersi di essere riformista: di norma sceglie le vie più sicure e più popolari. E così spesso diventa populista. Qui da noi i populisti abbondano, crescono come funghi, infestano tutto, peggio della gramigna, sono appiccicosi, invadenti, saccenti, fanno gli splendidi un tanto al chilo, si prendono talkshow e telegiornali, impazzano sul web. Mentre il riformista morde il freno, vorrebbe mettere mano a questo e a quello, incurante degli equilibri esistenti, anzi impaziente di sconvolgerli. Il riformista qualche volta esagera, ed allora tutti lo prendono a sassate, lo riempiono di improperi, cercano di isolarlo e disinnescarlo. Dagli al riformista! Il riformista è acerrimo nemico di chi promette sfracelli rivoluzionari, perché sa che le rivoluzioni avvengono di rado, e abitualmente “non sono un pranzo di gala”: lasciano strascichi, macerie, seminano odio e violenza. E dopo ci vuole sempre chi rimette un po’ in ordine le cose. Il riformista è un rompicoglioni pacifico. Il riformista di solito studia, si informa, progetta, elabora, non si muove d’impulso né a caso, pensa prima di agire, ma poi agisce. Prova e riprova, come Galileo, perché non basta ottenere un risultato, bisogna che questo sia solido, sia inattaccabile e ripetibile. Ai giorni nostri il riformista è fuori moda. Ed è terribilmente impopolare. Ciononostante, da oltre un secolo il riformismo è quell’attitudine mentale che ha cambiato il mondo, trasformandolo da una polveriera globale dove ci si scannava allegramente dappertutto in un posto dove sempre ci si scanna, ma almeno in aree più limitate. E non è poco … Nel frattempo qualche miliardo di persone è passato dalla miseria più nera ad una vita perlomeno decente, seppur con qualche conseguenza per quell’Occidente che magari preferiva scannarsi sui campi di battaglia, dalle Ardenne alla Beresina, e che credeva fermamente di essere molto migliore degli altri. Gli equilibri sono effettivamente cambiati e adesso abbiamo tutti urgente bisogno di un nuovo ordine mondiale che ci permetta di andare avanti senza distruggere tutto e tutti, salvaguardando quei pochi saldi e sani principi di libertà , uguaglianza, democrazia. E allora, come si fa senza “riforme”, cioè senza applicarsi con pazienza a modificare l’esistente per renderlo più equo, più vivibile, più umano? Facile alzare la voce e chiamare il popolo a raccolta contro qualcuno, chiunque sia, contro un nemico purché sia riconoscibile e facile da individuare. Tutti gli autocrati lo fanno, tutti i dittatori, o aspiranti tali, sanno che nel casino generale è più facile imporre la legge del più forte, è più facile aggregare consenso, schiacciare i dissidenti, ammesso che ci siano. Il riformista deve provare a mettersi di traverso e lavorare per un futuro migliore, spesso senza alcun sostegno evidente. Ora, nella nostra povera Italia del 2024, con Salvini, Meloni e famiglia regnanti, cosa può fare una forza politica che crede nel riformismo e voglia praticarlo? Che strada può seguire? Può costituirsi come alternativa ai populismi ed ai sovranismi esistenti (un famigerato Terzo Polo), può mirare a mettersi in mezzo e cercare di attirare il consenso di quelli, e sarebbero tanti, che pensano di poter migliorare lo status quo, che semmai sono stufi cronici e non votano più, che non si fanno trasportare dai facili entusiasmi, nazionalisti o massimalisti che siano, che credono nella serietà della politica e diffidano degli slogan ad effetto. Serve molta determinazione e molta generosità , ma si può fare. Si può provare. Ma il saggio Yoda diceva: “Fare o non fare: non c’è provare”. E infatti, se non si fa, vuol dire che non si può fare. E insistere non è segno di intelligenza: anche Einstein diceva che è follia pura attendersi risultati diversi da esperimenti uguali, eseguiti senza modifiche sostanziali. Bisogna quindi battere altre strade, o si continua a battere la testa sempre contro lo stesso muro. Serve realismo: una forza politica riformista, comunque sia concepita e strutturata, deve avere degli interlocutori, altrimenti resta una “vox clamantis in deserto” e rischia di aspettare molto a lungo tempi migliori, in uno splendido ma irrilevante isolamento. E allora, con chi ti relazioni? Nel nostro caso tenderei ad escludere qualsiasi rapporto con una destra ignorante, presuntuosa, incapace, intrisa di nostalgie per i totalitarismi novecenteschi. Questi improbabili figuri sono il contrario del riformismo, tutta fuffa, poca sostanza, ma sempre ben indirizzata agli amici ed agli amici degli amici. Che relazioni puoi avere con Lollobrigida e Donzelli? E pure con Tajani, che accetta di buon grado di fare la foglia di fico? Dall’altra parte il panorama è confuso: ci trovi Landini, Conte, Bonelli e Fratoianni, banda di confusionari inconcludenti che dal riformismo sono alieni per principio: loro aspettano il sol dell’avvenire, e lo aspetteranno ancora a lungo. Nell’attesa passano il tempo a confortarsi su quanto il mondo sia diventato cattivo, ma non muovono un muscolo per cambiarlo davvero (mica sono riformisti, d’altronde …). Però ci sono anche altri, con la testa sul collo, magari un po’ timidi, un po’ timorosi, ma comunque disponibili, qualora opportunamente stimolati, a lavorare ad un programma riformista. I riformisti spesso si deprimono e allora si ripiegano su sé stessi: a volte serve una miccia, una scintilla per rialzare la testa e farsi sentire. Il riformista d’altronde è un pragmatico: cerca di fare quello che serve alla bisogna, senza farsi troppo condizionare dalle condizioni al contorno. Ed ecco quindi una strada percorribile: creare una forza politica dichiaratamente riformista, europea, democratica, e rapportarsi con gli altri riformisti, dovunque essi siano. Serve costruire una massa critica che sia in grado di rappresentare quell’urgenza di riforme in tutti i settori, da realizzare senza pretendere “tutto e subito”, ma con un programma ragionevole e condiviso. È una strada lunga e complicata, piena di difficoltà e di pericoli. Ma non l’ho già detto quanto è dura la vita del riformista?
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