“Siamo sicuri di aver capito bene cosa sta succedendo nel mondo?” Domanda forse sciocca, ma comunque un poco imbarazzante. Forse esagero, forse no. Sarà che l’età (ingravescente aetate …) mi permette di ragionare su un lasso di tempo di vita piuttosto lungo, sarà che la stessa età porta a riflessioni a volte cupe ed oscure, ma la domanda, una volta posta, richiede una risposta, possibilmente meditata e non frettolosa. Il Novecento è finito da un pezzo, siamo quasi ad un quarto del secolo XXI (è persino difficile nominarlo: cosa viene dopo il Novecento? Il Duemila è un millennio, non un secolo …), e l’eredità del secolo precedente pare perseguitarci: sicuro che sia finito per davvero? Da una parte ci troviamo a fare i conti con situazioni e problematiche vecchie di oltre cent’anni, dall’altra ci pare evidente che tutto è cambiato, e pure di tanto. A distanza di un secolo, vediamo potenti le stesse tentazioni autoritarie che portarono al fascismo, al nazismo, allo stalinismo ed alla tragedia di due guerre mondiali, che per quasi mezzo secolo toccarono picchi di disumanità e livelli di abbrutimento fisico e morale mai raggiunti prima. Sembra incredibile, ma le somiglianze tra l’espansionismo di Hitler alla fine degli anni Trenta e quello di Putin dall’inizio di questo millennio sono impressionanti, come pure i dubbi del mondo occidentale su come farvi fronte (“potevate scegliere tra la guerra e il disonore, avrete sia la guerra che il disonore”, sentenziò Winston Churchill nel 1938). Le somiglianze non sono casuali. Dall’altra parte, la formidabile ricostruzione post-bellica della seconda metà del Novecento, le complesse evoluzioni sociali ed il tumultuoso progresso tecnologico hanno ampliato a dismisura i confini del mondo, facendo entrare nella Storia miliardi di persone, che dalla Storia erano fino ad allora rimaste escluse. Cento anni fa la Storia la faceva sì e no mezzo miliardo di persone, essendo tutti gli altri due o tre relegati ai margini dello sviluppo, dell’economia, della comunicazione. Oggi (quasi) tutti gli otto miliardi di abitanti del pianeta sono protagonisti, tutti partecipano alle sorti di tutti e nessuno può sentirsi o essere considerato fuori dal perimetro. Il villaggio è davvero globale. Il nostro caro mondo occidentale, con la sua Storia, la sua cultura, le sue tradizioni, le sue fobie, i suoi pregi e i suoi difetti, è una parte largamente minoritaria, anche se economicamente ancora preminente (ma non per molto tempo ancora …). Il Gruppo G7 fa la metà del PIL mondiale con un sesto della popolazione totale, ma l’avanzata di Paesi come Cina e India sta cambiando rapidamente queste proporzioni. Il tenore di vita nel mondo è aumentato enormemente e miliardi di persone che vivevano nell’indigenza oggi hanno raggiunto un livello di relativo benessere. Qui da noi l’attesa di vita ha ormai superato gli ottant’anni, malgrado le disfunzioni del Sistema Sanitario. Era dieci anni di meno solo una cinquantina di anni fa … I prezzi pagati sono stati molto alti: dall’aggressione all’ambiente (con le sue conseguenze sul clima) alle enormi disparità di reddito, con ultraricchi dai patrimoni personali maggiori del PIL di molti Stati, anche importanti, dalle tensioni internazionali alle imponenti migrazioni messe in moto dalle legittime aspirazioni al benessere. Fatto sta che le nostre belle società, regolate dal welfare e gestite con sistemi democratici liberali, stanno scricchiolando dappertutto. Dappertutto assistiamo a rigurgiti di autoritarismo, nell’apparente indifferenza e pigrizia dei più. Negli USA le tendenze isolazioniste ed autoritarie, sempre presenti seppur latenti da oltre un secolo, stanno riaffiorando prepotentemente e forse prevarranno di nuovo tra dieci giorni. Ci sembrano tutti matti i fanatici seguaci di Donald Trump, ma non erano meno invasati i seguaci di Charles Lindbergh alla fine degli anni Trenta nel romanzo di Philip Roth (Il complotto contro l’America - 2004), o quelli che in effetti ritardarono di due anni l’intervento americano contro i nazisti e i fascisti, o i maccartisti del dopoguerra (tra cui quell’avvocato Roy Cohn, mentore del giovane Donal Trump – tout se tient …). Decine di milioni di americani (forse la maggioranza …!) non vedono l’ora di affidarsi ad un autocrate con evidenti mire autoritarie ed antidemocratiche: può far ridere il suo modo di fare, la sua volgarità, le sue macchiettistiche performance, ma non erano meno ridicoli i baffetti e le urla di Hitler o il mascellone petto-in-fuori di Mussolini, e sappiamo come è finita. La verità è che della nostra cara democrazia liberale pare non importare più molto a tanti: troppo cervellotica, poco efficiente, troppi controlli, pesi e contrappesi, troppa burocrazia a limitare la crescente voglia di farsi gli affari propri senza essere disturbati, troppa tolleranza per i diversi, che molti vivono come estranei nemici da cui difendersi. I valori per i quali generazioni intere si sono battute sembrano vecchi, stantii, non adeguati alle sommarie semplificazioni del mondo moderno. E allora, cosa abbiamo capito di tutto questo? Cosa vogliamo fare? Arrenderci, lasciar andare, seguire il flusso del disimpegno, stare a guardare come va a finire? Chi come me ha una certa età soffre nel vedere così poco trasporto nella difesa dei valori democratici, ma dopotutto se ne potrà preoccupare ancora per poco (una decina d’anni, secondo la statistica). Chi invece ha ancora tutta la vita da vivere forse non si rende conto dell’entità della posta in gioco e tende a lasciar andare, confidando negli automatismi del sistema, nell’assurda speranza che qualcosa succederà e si troverà un nuovo modo per cavarsela. Temo fortemente che questa fiducia nel sistema sia molto mal risposta: le democrazie occidentali non sono affatto immortali e nemmeno tanto robuste: sono caduche, sono fragili, possono essere manomesse da tiranni senza scrupoli che le potranno piegare alla loro sete di potere. E, quando ce ne accorgeremo, sarà troppo tardi e non è detto che sarà possibile rimediare. Pensieri cupi, ma la deriva del sistema è chiarissima. Se nessuno si ribella e si mette di traverso con intelligenza sarà impossibile salvare il nostro mondo fatto di diritti, di garanzie, di equilibri, di tolleranza, di solidarietà, di libertà. La democrazia moderna ha quasi 250 anni. Sono tanti. Ha già sopportato degli stress test terribili, uscendone finora rinsaldata, ma adesso l’attacco è formidabile, è concentrico, viene da fuori ma anche da dentro ed inoltre sembra che ci sia poca voglia di opporsi e fare resistenza. C’è stanchezza e pigrizia. La tecnologia raffinatissima non aiuta, anzi rischia di essere un fattore coadiuvante del declino della civiltà democratica se nessuno si preoccupa di regolamentarla in modo rigoroso e di gestirla in modo civile (ne parleremo ancora, perché questa è forse la chiave di tutto …). Siamo travolti dal contingente, dalla pochezza di una classe dirigente palesemente inadeguata ma alla apparenza inamovibile. L’opposizione è divisa, litigiosa e non ha idee forti da comunicare. I riformisti continuano da un secolo a farsi le pulci a vicenda, anziché prendere l’iniziativa con coraggio. Siamo costretti ad occuparci di gossip, di marginalità e frivolezze, di banalità e fumosi ideologismi, mentre “tutti intorno fanno rumore …, in quest’epoca di pazzi ci mancavano gli idioti dell’orrore”. Dopo oltre quarant’anni, la sferzante ironia di Franco Battiato suona familiare, purtroppo appropriata al momento e persino fatidica. “Sul ponte sventola bandiera bianca, sul ponte sventola bandiera bianca…”.
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