Lasciamo temporaneamente da parte Marco Travaglio e la sua corte che, come è evidente a tutti, vivono in una bolla mediatica abilmente costruita e manutenuta con ogni mezzo. Lasciamolo da parte. Dobbiamo però constatare che praticamente tutti i commentatori di ogni media, che sia piccolo, grande, di città o di provincia, direi perfino di destra o di sinistra, concordano che l’azione del Governo è insufficiente, che il Piano di Rinascita e Resilienza è ancora largamente inadeguato (e lo era ancora di più nella ridicola stesura di dicembre), che si procede troppo lentamente sulla strada della gestione della crisi e del risanamento del Paese, e via così. A parte Travaglio, che è un caso a sé, nessuno si azzarda a sostenere che le cose stanno andando bene, che tutto procede speditamente, che strategia e tattica sono le migliori, che la strada è giusta e che bisogna solo andare avanti verso un luminoso futuro. Nessuno. Ultimo esempio, il direttore de “La Stampa” Giannini che, in un lungo editoriale, elenca tutte le mancanze del Governo (esattamente quelle denunciate da Renzi), tutti i limiti dell’azione del Presidente Conte, e poi si augura che comunque si metta insieme una maggioranza in qualche modo per andare avanti. Lo stesso Annunziata, Mieli, e potrei continuare. Allora perché Renzi è così isolato, perché tutti escludono di cercare e soprattutto trovare accordi che permettano di avviare un programma di Governo efficace, correttamente cadenzato, effettivo? Perché si è attirato addosso una tale quantità di improperi, anatemi, critiche feroci, accuse di voler sfasciare tutto? Si possono dare molte risposte, e alcune forse ci porterebbero molto lontano, ma su una pare concordino tutti: questo non è il modo di sollevare i problemi. Troppo tranchant, troppo vigoroso, troppo fuori dall’etichetta della politica. Insomma, non si alza così la voce! A parte che sarebbe facile obbiettare che queste critiche sono state avanzate per mesi e non tutt’a un tratto, e che le risposte sono state sempre e solo spallucce, risposte di sufficienza, traccheggiamenti, ma a parte questo: ma chi l’ha detto che in certe circostanze non si debba alzare la voce ed usare toni anche molto decisi? Chi l’ha detto? Chi di noi non ha mai alzato la voce con un figlio, un nipote, un compagno, un fratello, persino con i genitori, oppure con un amico, un collega, un collaboratore? Chi di noi non ha in un certo momento sentito l’urgenza di attirare l’attenzione su richieste, opinioni, rivendicazioni che ci parevano trascurate o addirittura denegate, e lo ha fatto sbattendo un pugno sul tavolo, o tirando due madonne? Chi è senza peccato … E possiamo forse dire che è sempre inutile farlo? Che non ne vale la pena? Ognuno di noi ha esperienza di rapporti sociali, ed ognuno di noi sa che a volte i rapporti devono essere chiariti, per il bene di tutti. Anche alzando i toni e lasciando da parte l’etichetta. E se qualcuno ci impedisce di farlo, o insistiamo, con forza, quanto basta, oppure ci ritiriamo dal rapporto entrato in crisi. A volte i rapporti si troncano. Non è certo un buon risultato, ma talvolta è inevitabile. A suo tempo abbiamo tutti apprezzato il capitano di fregata de Falco che, certamente non sussurrando e non con buone maniere, intimava al comandante Schettino: “Torni a bordo, cazzo!”, mentre questi stava allontanandosi con una scialuppa dalla sua nave semi naufragata. L’abbiamo apprezzato, vero? E qual era la situazione? Un marinaio professionista che giudicava il comportamento di un altro marinaio professionista inadeguato alle circostanze e, con modi alquanto bruschi e diretti, glielo faceva presente, ottenendo peraltro che lo Schettino tornasse a bordo, almeno temporaneamente, per dirigere le operazioni di salvataggio. Usò modi cortesi ed urbani? Certamente no, ma fu un modo efficace, oltre che sacrosanto. Doveva forse essere più educato, più delicato, perfino più rispettoso? E adesso non abbiamo un Paese in piena crisi, ripiegato su un fianco, ferito, con persone in grande difficoltà, che aspetta di essere rimesso in ordine, che aspetta di essere messo al più presto in grado di navigare in un mondo complicato e terribilmente competitivo, mentre la sua classe dirigente perde tempo, produce documenti inadeguati, si rifiuta di affrontare i nodi strutturali che impediscono un’efficace azione di risanamento? Lo dicono e lo scrivono tutti (eccetto Travaglio). E allora perché, se una forza politica pone il problema con forza, viene sistematicamente ignorata e anzi viene invitata a non disturbare il manovratore? Se non ora, quando è lecito alzare la voce? Matteo Renzi sarà antipatico quanto si vuole, sarà ingombrante, sarà pure malato di protagonismo, ma un uomo politico cos’altro ha da fare se non sostenere le proprie idee? E se nessuno vuole darti ascolto, come fa a rimanere dentro un’alleanza di governo? L’Italia ha bisogno di fatti, non di buona educazione, e questi fatti non stanno avvenendo. Questo è un fatto a sua volta. Viene quindi naturale il sospetto che non si voglia che i fatti avvengano. E quindi si parla degli esecrabili ed inurbani modi di Renzi.
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