Ottenuta la fiducia in entrambi i rami del Parlamento, non ci resta che augurare buon lavoro al governo Draghi e, da bravi cittadini, continuare a vigilare che in effetti esso si metta in condizione di fare tutto quanto necessario a tirarci fuori dal torpore, dall’inerzia e dalla vacuità che ci ha avviluppato negli ultimi anni. Le premesse ci sono tutte, checché ne dica un ormai disperato e inconsolabile Travaglio. Nel frattempo, sarebbe però molto opportuno che le forze politiche tutte si dedicassero a problemi di più lungo periodo, lasciando al Governo l’onere e anche l’onore di gestire la fase contingente. C’è un quadro politico tutto da risistemare, da ricomporre, da razionalizzare e qualcuno deve pur farlo. Il momento è perfetto: c’è chi pensa all’immediato; gli altri, è meglio che non disturbino il manovratore, e in più c’è tanto lavoro da fare; allora, en marche! Vediamo i temi principali da affrontare: - quadro istituzionale
- legge elettorale
- struttura dell’offerta politica (i Partiti, insomma).
Abbiamo due anni per mettere mano a qualche opportuna modifica costituzionale, dal complesso rapporto Stato-Regioni alla composizione del Parlamento (età per eleggere il Senato), dal meccanismo della fiducia (Camere congiunte? sfiducia costruttiva?) alla composizione del collegio elettorale del Presidente (eccessivo peso dei rappresentanti regionali). Sono cose di cui si parla da anni e che non possono più essere rimandate. In aggiunta Draghi ha promesso l’inclusione del vincolo ambientale, cosa quanto mai opportuna di questi tempi. Se le modifiche le si fa insieme, non serve referendum e si fa molto prima. Di conseguenza la legge elettorale: ogni intervento in proposito dovrebbe SEMPRE essere bipartisan, e quale momento migliore di questo, con quasi tutto il Parlamento in maggioranza? Anche qui sul tavolo ci sono opzioni chiarissime sulle quali non è impossibile trovare una sintesi, purché lo si voglia fare per davvero e non per fare ammuina. Poi bisognerebbe impegnarsi a non toccarla più, per almeno due decenni. Dalla legge elettorale discende anche la struttura dei partiti: saremo così incoscienti da scegliere un sistema che faciliti il frazionamento dell’offerta o cercheremo di privilegiare la stabilità delle maggioranze, con pochi Partiti di dimensioni consistenti? Proporzionale con soglia alta o maggioritario a doppio turno, o ancora il vecchio Mattarellum, che funzionava niente male, rimodernato? Insomma il 2023, con la partenza della nuova legislatura, potrebbe essere un anno di autentica rifondazione istituzionale del Paese, se solo le forze politiche prendessero coscienza della assoluta importanza della materia e smettessero per un paio d’anni di guardarsi l’ombelico, buttando lo sguardo un po’ più avanti. Saranno capaci? Vorranno farlo? Mi verrebbe da dire: “Ora o mai più”, perché le congiunzioni astrali capitano solo ogni tanto e, quando capitano, bisognerebbe approfittarne. Ma ci sarà ancora un filo di spirito unitario che permea la classe politica o restiamo al selvaggio West, dove conta solo chi spara per primo? A mio parere, il quadro politico del mondo occidentale sta evolvendo verso una nuova polarizzazione: da una parte una corposa (purtroppo) destra estrema, sovranista, populista, statalista, e anche un po’ razzista, protestataria e tendenzialmente pericolosa per le istituzioni democratiche, dall’altra una sparuta e residuale sinistra “molecolare”, utopica ed inconcludente, poco pericolosa politicamente ma del tutto inutile alla causa dello sviluppo sociale, umano, economico, ambientale. In mezzo c’è un corpo molto consistente di potenziali riformisti, più o meno moderati, che condividono, aldilà delle apparenze, molte istanze della società moderna. Ho già sottolineato in altra occasione che nessuno in quest’area politica si sogna di mettere in discussione lo Stato Sociale, né la funzione regolatrice ma non invasiva dello Stato in economia, né la progressività della tassazione, né la democrazia rappresentativa, o i diritti civili, il multilateralismo (non c’è America First, o Europe First…) ed anche il multiculturalismo. Oltre alla sostenibilità ambientale, alla quale ormai nessuno può più ragionevolmente sottrarsi. Sono valori largamente acquisiti, anche se possono essere declinati in modo più o meno moderato. I grandi player sono e resteranno continentali (Europa, Nord America, Sud America, Cina, Russia, Estremo Oriente, Sud-Est asiatico, Africa, Oceania). Non tutti sono potenze democratiche, ma è proprio lì che si giocherà la partita. Noi occidentali (e ci metto anche Giappone e Corea) dovremo avere la forza e le idee chiare per non cedere alle tendenze neo-autoritarie delle altre potenze con tendenze egemoni. Servirà visione, coraggio, determinazione, nonché il massimo della concordanza e perfino armonia sugli obbiettivi da raggiungere. È un compito da far “tremare le vene e i polsi”: roba da specialisti, professionisti, visionari pragmatici (non è un ossimoro!), no perditempo, parolai e acchiappanuvole. I prossimi due o tre decenni saranno segnati da queste problematiche, ci piaccia o no. E noi italiani, Europei del Sud, dovremo decidere se partecipare da protagonisti o da comprimari, stare soltanto a guardare, farci trascinare o farci travolgere nel goffo tentativo di metterci di traverso. Non si sa mai, qualcuno potrebbe essere tentato dal farlo… In questo quadro, se questo è il quadro, come si fa allora a non puntare con decisione alla creazione di una forza riformista, aperta a chi voglia accogliere quelle istanze, che si ponga l’esplicito obbiettivo di guidare quel processo? Come si può pensare di proteggere l’attuale polverizzazione senza senso? Come si fa a non volere il massimo di aggregazione possibile, ripeto possibile, senza forzature? In Europa, nel Parlamento Europeo, il processo è già avviato: noi, sinistra riformista, che facciamo? Andiamo o stiamo qui ad aspettare la risoluzione delle beghe dell’attuale condominio? Should I stay or should I go? (The Clash – Combat Rock – 1982). Io credo che si debba prendere l’iniziativa fregandosene delle reazioni immediate; bisogna avviarsi, con chi ci sta, bisogna guardare più lontano. L’esperienza anche recente dimostra che, se si agisce con determinazione, le cose avvengono per davvero. E pazienza se Travaglio ci rimane male. Ce ne faremo una ragione ...
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