È davvero incredibile che, a distanza di oltre vent’anni, ci sia ancora qualcuno convinto (ma lo sarà sul serio o continua a giocare sull’immaginario popolare, uno “spin” bello e buono?) che il cambio lira/euro fosse “sbagliato” e che abbia provocato un generale aumento dei prezzi con un conseguente diffuso impoverimento della popolazione a reddito fisso. È come se stessimo ancora discutendo del Protocollo dei Savi di Sion, o della condanna di Alfred Dreyfus, cose cioè che oltre un secolo fa provocarono accesissime discussioni popolari, ma che poi la Storia ha consegnato alla memoria collettiva in modo univoco ed indiscutibile. (Giusto per intenderci: i Protocolli erano FALSI e Dreyfus era INNOCENTE!) Restano giusto i negazionisti cronici, per i quali d’altronde non è esistito l’Olocausto, gli americani non sono andati sulla luna, il COVID è un virus artificiale inventato da Bill Gates, o altre amenità del genere. Alcuni di questi siedono anche in Parlamento, come pure siede in Parlamento l’onorevole Ignazio La Russa, il quale ha recentemente ingaggiato un vivacissimo dibattito, molto surreale, con Romano Prodi (massimo responsabile del presunto misfatto…), appunto sul cambio lira/euro. Ora, La Russa è un noto avvocato penalista milanese, interista e non economista, ma il tono della discussione era quello del famoso “Questo lo dice lei!”, rivolto dalla signora Laura Castelli, nota grillina ex assistente CAF momentaneamente Vice-Ministro dell’Economia, al Ministro Piercarlo Padoan, ex capo economista dell’OCSE, che cercava inutilmente di spiegarle come lo spread avesse influenza sugli attivi bancari e quindi sui tassi praticati alla clientela. Un discussione surreale, giustamente passata alla storia … La letteratura, anche quella reperibile su Internet con quattro clic, è piena di spiegazioni chiarissime, alla portata di tutti, del perché il cambio lira/euro, fissato nel novembre 1996 in una storica trattativa con la Germania di Kohl, fosse oggettivamente molto favorevole all’Italia e quindi tutt’altro che “sbagliato”; d’altronde Prodi l’ha rispiegato in modo piano ed accessibile a tutti. Non mi metterò quindi anche io ad aggiungere inutili ulteriori parole. Voglio solo far notare come nella diatriba, periodicamente riaffiorante sui media malgrado gli anni passati, si inseriscano due motivazioni concorrenti, abilmente sfruttate da chi ha interesse a mantenere viva l’avversione per la moneta unica (la destra populista in generale). Da una parte c’è la certezza che l’argomento ha tuttora facile presa popolare e che quindi susciti un immediato consenso da parte di quelli che tendono sempre a semplificare, rovesciando su eventi esterni i problemi contingenti (uno “spin” di facile e sicura presa), dall’altra c’è l’insistenza a non voler accettare che un conto è il rapporto tra valute diverse, che incide sul commercio internazionale, sulle esportazioni e sulle importazioni, un altro è la dinamica dei prezzi interni, che solo in piccola parte sono legati al cambio. Insomma, se il ristoratore in poco tempo ha trasformato un pasto da 20.000 lire in uno da 20 €, o un medico specialista una visita da 100.000 lire in una da 100 €, o se un immobile da 2.000.000 lire/mq è passato a 2.000 €/mq, il cambio con le altre valute non c’entra nulla. C’entra invece il fatto che tutti quelli che potevano liberamente agire sui prezzi e quindi sui ricavi (cioè NON i lavoratori a reddito fisso) non hanno avuto nessuna remora a cambiare a 1.000, senza che nessun Ente di controllo glielo impedisse. Giova ricordare che il cosiddetto “changeover” (il passaggio effettivo all’euro) avvenne il 1^ gennaio 2002, sotto il governo di Berlusconi e Tremonti, i quali avevano deliberatamente smantellato le strutture provinciali di controllo previste da Prodi a suo tempo, facendo così uno splendido regalo a tutti i soggetti economici “autonomi”, e ovviamente non ai lavoratori a reddito fisso, per i quali gli stipendi furono rigidamente cambiati a 1.936,27 lire/€. Fu un bonus gigantesco, come mai visto prima. Ed elettoralmente fruttò molto bene: il quinquennio 2001-2006 su segnato dal berlusconismo trionfante ed imperante. Come ultima considerazione, che non pretendo possa convincere né La Russa né Castelli, impermeabili a considerazioni tecniche, è che se davvero avessimo voluto un cambio dell’euro a 1.000 lire, nel 1996 Prodi e Ciampi avrebbero dovuto accettare un cambio con il marco a circa 500 lire (fidatevi, è solo matematica legata al funzionamento dello SME, il Sistema Monetario Europeo …), il che avrebbe comportato che in Germania (ed anche altrove) non avremmo più esportato neanche uno spillo, con la conseguente rovina della nostra economia, che di esportazioni viveva e vive tuttora in larga misura. In Italia tutti gli operatori al tempo si aspettavano un cambio col marco almeno a 1.000 lire (sarebbe stata l’ultima svalutazione competitiva …), mentre i tedeschi spingevano per chiudere a 900 lire. Prodi e Ciampi chiusero a 990 lire, nel tripudio generale! Questa è la Storia, ed il Professore l’ha spiegata molto bene. Ma ad una classe di asini, che preferisce credere agli asini che volano. E non sono amanti di René Magritte … |