Non passa giorno che non siamo assaliti da fatti e notizie eclatanti riguardanti la Magistratura o l’amministrazione della Giustizia in generale. Sono stati scritti milioni di pagine, avanzate proposte su proposte, dibattiti su dibattiti, e non sento il bisogno di aggiungere altre considerazioni: è già stato detto tutto (e il contrario di tutto). Chi voleva farsi un’idea ha avuto tutti i modi per farsela. Ora bisogna cambiare registro. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ci chiede di intervenire sull’organizzazione della Giustizia, per migliorarne efficacia ed efficienza, e il “sistema” (perché c’è un “sistema”) si sta già posizionando per fare fronte alla minaccia di una qualche riforma ... Il Ministro Cartabia è degnissima e competentissima persona e certamente farà tutto il possibile. Un possibile che però rischia di non essere sufficiente nemmeno a scalfire le tante granitiche posizioni che governano lo status quo. Interessi, poteri più o meno occulti, mirabolanti equilibrismi, tutto un sottobosco di cui intuiamo ed intravediamo lo spessore, e che finora non è stato nemmeno sfiorato da alcuna riforma. Anzi, è sempre più evidente che “chi tocca i fili muore”, tanta è la soggezione che la magistratura incute a chiunque, media, politici, amministratori. Come ne usciamo? Facciamo finta di niente, una “riformuccia”, tanto per far vedere all’Europa che ci muoviamo, oppure proviamo qualcosa di più profondo ed efficace? Credo che questo sia il caso in cui bisogna che i cittadini facciano sentire la propria voce. Non sono mai stato un fautore entusiasta dei referendum popolari, anzi ho sempre sostenuto che, se scegliamo e paghiamo una classe politica per risolvere problemi, ebbene è compito di quella classe politica darsi da fare … Però a volte pare non ci sia altro modo per farsi sentire, per mettere sul tavolo problemi che la politica fa fatica ad affrontare. È già successo altre volte, non è una novità. Stavolta (come molte altre, in verità) si sono mossi i Radicali; poi s’è aggregato anche il furbo Salvini, che ha sentito odore di consenso (dopotutto fa il suo mestiere…) ma, comunque sia, sono stati proposti ben sei referendum, che toccano parecchie delle questioni cruciali in materia: dalla separazione delle carriere tra inquirenti e giudicanti alla responsabilità civile, dalla candidabilità dei condannati non definitivi al funzionamento del CSM, dalla limitazione della custodia cautelare al presenzialismo dei PM. Alcune sono materie molto tecniche e poi il referendum abrogativo, per sua natura, è roba da specialisti cesellatori di testi legislativi. Non voglio e non so entrare nel dettaglio dei quesiti: so che toccano argomenti veri, tosti, da anni sulla breccia e mai affrontati. Mi basta. Forse neanche tutti i quesiti saranno giudicati proponibili, non so, non sono un giurista. Vedremo. Sono però un cittadino che ha ben presente che lo stato della Magistratura in Italia è arrivato ad un livello di assoluta inadeguatezza (c’è chi elegantemente dice “sputtanamento”) per un Paese moderno e civile. In questa situazione la raccolta di firme è senz’altro un’occasione per tenere desta l’attenzione della pubblica opinione. Se ne parlerà, ci saranno interventi sui media, ci si schiererà pro o contro. Molto bene. Usare il referendum come pungolo per la politica è lecito ed opportuno. Non sempre efficacissimo, ma mai dannoso, se gli argomenti sono argomenti che toccano la vita della cittadinanza. Questo è il caso, per cui mi sento di invitare tutti quelli che hanno a cuore l’argomento, che lo ritengono troppo importante per lasciarlo solo agli specialisti, ad aderire alla campagna referendaria, e di farlo non come militanti, o simpatizzanti, o tifosi, di una qualsiasi forza politica, ma come cittadini semplici, che chiedono che la Giustizia sia davvero giusta, efficace ed efficiente, “con la benda e la bilancia”. Un servizio di alto livello alle esigenze della società tutta. Nel penale e nel civile. Nel perseguire e punire i reati (ma sempre rispettoso della vita delle persone e delle garanzie costituzionali), e nel risolvere le questioni private ed amministrative. La Magistratura non è un Ente Morale Superiore, è un servizio indispensabile per il corretto funzionamento della società, che si tratti di perseguire rapinatori, corrotti, mafiosi, violentatori (di persone e dell’ambiente), o di impedire soprusi, sanzionare infrazioni o perfino risolvere beghe condominiali. Usciamo da questa visione mistica e moraleggiante della Giustizia e consideriamola uno strumento essenziale per il funzionamento dei meccanismi sociali. Serve il legislativo, serve l’esecutivo, serve il giudiziario: in una corretta democrazia va bene la dialettica, ma è indispensabile anche il rispetto reciproco e l’equilibrio, che permettano di non alimentare soggezione e subalternità. Insomma: il concetto che “non esistono innocenti, ma solo colpevoli non ancora scoperti” è degno di Robespierre il quale, la Storia lo insegna, non è proprio un esempio di democrazia (e ha fatto anche una brutta fine …). Perché, come diceva Pietro Nenni, “a fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro … che ti epura”.
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