Non mi pare del tutto inutile cercare di immaginare con quale assetto politico si arriverà alle elezioni di marzo-aprile del 2023.All’occorrenza forse torna buona la famosa “palla di lardo”, usata da Gianni Mura per i suoi vaticini pre-campionato, al posto della sfera di cristallo, troppo nobile per la bisogna … La data del 2023 è certa, essendo ragionevolmente da escludere anticipazioni. I modi non lo sono affatto. Innanzitutto va considerato che in quel periodo saremo sperabilmente (altrimenti, saremo sull’orlo, o anche oltre, del baratro…!) in piena attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR): vuol dire riforme in avviamento, progetti in pieno svolgimento, cantieri dovunque, amministrazione pubblica sotto forte stress, grande fermento di attività in tutti i settori ed in tutte le Regioni d’Italia. L’attenzione dell’elettorato potrebbe essere quindi focalizzata molto più sulla ripresa che non su un possibile momento di discontinuità, come sempre sono le elezioni politiche. Insomma, se tutto va come dovrebbe, gli italiani potrebbero avere altro per la testa che non andare dietro alle schermaglie elettorali dei partiti. In sintesi: “Ragazzino, lasciaci lavorare …!” In aggiunta c’è l’incognita della legge elettorale, che difficilmente resterà quella vigente (ovvero il cosiddetto “Rosatellum bis”, quell’ibrido maggioritario-proporzionale usato nel 2018 che, così com’è, sembrerebbe molto favorevole alla destra). Quest’ultima, per sfruttarla al meglio, dovrebbe però trovare il modo di coalizzarsi e presentare una proposta comune e convincente. I protagonisti sarebbero Salvini, Meloni e quel che uscirà dalla nuvola generata dallo sfarinamento di Forza Italia (sempre che Berlusconi non escogiti qualche sua diavoleria). Il centrosinistra, ammesso che la parola abbia ancora un qualche senso, pare messo peggio, almeno al momento. I Cinquestelle, in pieno marasma, senza linea, senza leader, centrifugati e forse senza nemmeno la lista degli iscritti. Soprattutto senza idee. E nemmeno tutti nel centrosinistra … anzi. Il PD, in affannosa ricerca di un’identità presentabile, tra le mille di cui è composto. Impegnato nel Governo, ma “senza averne l’aria”, visto che il suo nuovo leader Letta non perde l’occasione per agitare bandierine identitarie, senza avere la forza per piantarle. La sinistra-sinistra, pur aggrappata a Speranza, che ha i guai suoi con la Salute nazionale, sembra palesemente a disagio con l’ex-banchiere, ma non può darlo tanto a vedere. I partiti o movimenti riformisti, Italia Viva, Azione, +Europa, radicali, Verdi in varie tonalità, Moderati, Sardine, cani sciolti più o meno aggregati, procedono ognuno per la sua strada. Forse si incontrano con alcuni riformisti transfughi da Forza Italia, o forse no. Grande è la confusione sotto il cielo, e la “palla di lardo” fa fatica a suggerire risposte accettabili. Hai voglia a cercare di immaginare aggregazioni “classiche”, come sinistra, destra o centro! Purtuttavia, il 2023 prima o poi arriva e le cabine elettorali saranno lì ad accogliere un popolo che, volente o nolente, dovrà esprimersi. Urge quindi tentare un cambio di prospettiva. Invece di partire dall’offerta, proviamo allora a partire dalla domanda, ovvero, invece di almanaccare come partiti e movimenti potranno acconciarsi per le elezioni, proviamo ad immaginare di cosa potrà sentire il bisogno l’elettorato. Cosa potrebbe desiderare di votare il cittadino medio, quali esigenze vorrà vedere soddisfatte? E poi, uno dice il cittadino medio: ma chi è, dove vive, come vive, che problemi ha, cosa si aspetta? In condizioni normali, la demoscopia risponde misurando una pluralità di posizioni, che in un modo o nell’altro finiscono per rispecchiarsi nelle posizioni dei Partiti in lizza. Ma adesso, o meglio, nel 2023, sarà ancora così? O ci sarà una situazione tale da polarizzare l’attenzione dell’elettorato su qualcosa di specifico, qualcosa di eccezionale, che dominerà su tutto il resto? Ecco, io penso che ciò sarà molto probabile, checché ne dica la “palla di lardo”… Io penso che, se l’operato dell’attuale Governo sarà davvero tale da avviare un processo di cambiamento visibile, concretamente tangibile, se davvero Draghi e i suoi saranno riusciti a mettere in moto tutto quello che si sta preparando, allora la principale esigenza dell’elettorato, anche aldilà delle appartenenze politiche, sarà quella di andare avanti, di procedere spediti verso la conclusione del PNRR, almeno fino al 2026. Se l’economia sarà ripartita, se i posti di lavoro saranno in crescita, se le attività del Paese riprenderanno un corso normale, se soprattutto si vedranno cantieri in azione, riforme in progresso, servizi più efficienti, una macchina statale più vicina ai cittadini, se insomma quello che c’è scritto nel Piano non resterà lettera morta, ebbene io sono convinto che i cittadini (o almeno gran parte di essi) non chiederà altro che andare avanti, e non vedrà di buon occhio nessuna discontinuità nell’azione di governo. In pratica, vorrà dire che l’Italia chiederà a gran voce, o perlomeno si aspetterà, che Draghi e la sua squadra continuino a lavorare ancora per qualche anno almeno. A questo punto diventa chiaro che il compito della politica, se non vorrà trascurare, o peggio, violentare le esigenze della popolazione, sarà quello di soddisfare la domanda nazionale ed attrezzarsi perché ciò che si attende avvenga sul serio. Continuare l’azione del governo Draghi sarà l’imperativo imprescindibile, e Draghi sarà ovviamente il migliore candidato a succedere a se stesso. Chi meglio di lui? Altro che Quirinale! E allora, come si rende plausibile tutto questo, senza minacciare le basi della democrazia? Senza trasformare le elezioni in un plebiscito? Bisogna che i partiti ci pensino molto bene e si adattino alle presumibili esigenze della parte più attiva e produttiva della popolazione, che poi sono alcune decine di milioni di persone, mica una ristretta élite. Sono i partiti che devono affrontare e risolvere il problema, non i cittadini a dover scegliere tra astruse offerte elettorali. Facciano la legge elettorale più adeguata, costruiscano alleanze, nuovi soggetti politici, stringano accordi, inventino formule, usino tutti gli strumenti della politica e della democrazia, purché riescano ad andare incontro all’interesse nazionale prevalente, che è e sarà quello di portare a termine il Piano e le sue riforme. Compito difficile? Verissimo, ma chi l’ha detto che viviamo tempi facili? Neppure la “palla di lardo” si azzarderebbe a sostenerlo … (Un deferente ricordo per l’ indimenticabile Gianni Mura, ad un anno abbondante dalla sua prematura scomparsa).
|