Caro Michele Serra,scusa se torno a tediarti, ma hai toccato un punto che vale la pena, a mio avviso, approfondire. Nell’ultimo Venerdì (17/09/21) scrivi: Tra uomo e natura , la natura è più forte … saremo noi a doverci adeguare alla natura … impossibile che sia la natura a piegarsi all’uomo. Ebbene, questo dualismo tra uomo e natura semplicemente NON esiste, è fuori luogo, non ha senso logico. Per il semplice fatto che anche l’uomo è natura, come gli alberi, le bestie, le montagne ed il mare; e le manifestazioni dell’uomo non sono molto diverse da quelle del resto della Natura: siano esse “normali” o “eccezionali”. Tutto è natura: il castoro costruisce una diga come gli americani la Hoover Dam; le termiti i giganteschi termitai e tutti noi le megalopoli. E via così, fino ad arrivare alle manifestazioni estreme come i vulcani, le caldere, i terremoti, gli tsunami, gli asteroidi che vagano nel cosmo e di tanto in tanto ci bersagliano (chiedere ai poveri dinosauri cosa significa vedersi piombare sulla testa un sasso di solo qualche chilometro di diametro, mica poi tanto …!). Questi ultimi sono tutti eventi al di fuori del cosiddetto rapporto uomo-natura. Avvengono e basta. Quindi l’uomo influisce sull’ambiente circostante come l’ambiente influisce sull’uomo, nel bene e nel male. Anzi, questi concetti (bene/male) sono tutti e solo nostri, umani, perché il resto della natura non è dotato di alcun senso morale e non fa distinzioni. Semplicemente segue le leggi, in base alle quali una falda si sposta e modifica (in modo che NOI giudichiamo catastrofico) tutto quello che ha intorno, un asteroide ha una traiettoria, stabilita dalle leggi della gravitazione, che può interferire con quella del pianeta Terra, il Vesuvio nel 79 d.C. non trattiene più il gas che ha dentro ed esplode, distruggendo Pompei, Ercolano, un virus tra i tanti milioni ci si attacca addosso (è un parassita) in un modo che noi non sappiamo ancora fronteggiare, e così via discorrendo. Noi umani, peraltro unici dotati di senso morale, a volte subiamo, a volte, al contrario, ingaggiamo col resto della natura una stupida e forsennata lotta celodurista. E invece dovremmo solo cercare di non fare del male a noi stessi, agendo (come spesso agiamo) in modo sconsiderato, rendendo l’ambiente in cui viviamo sempre meno adatto alla vita che vogliamo, che desidereremmo vivere, che riteniamo di esserci guadagnati con il cosiddetto “progresso” (che poi è sostanzialmente la liberazione dalla fatica, la ricerca di una migliore qualità della vita e la comprensione razionale dei fenomeni). Il resto della natura se ne fotte allegramente delle nostre fisime: cosa vuoi che contino due o tre gradi in più di temperatura, un metro in più o meno di acqua, più o meno pioggia, più o meno ghiacciai. La natura va avanti lo stesso imperterrita, con qualche incendio in più, qualche tornado in più, un po’ più di deserto, e così via. Siamo NOI che mal sopportiamo le conseguenze delle nostre stesse azioni e che dovremmo preoccuparci di non suicidarci. Dovremmo quindi mettere coscientemente in atto azioni che limitino il danno che ci arrechiamo, né più né meno come i topi, che si riproducono di meno quando non c’è cibo, o gli uccelli, che migrano quando le condizioni ambientali lo richiedono. Loro lo fanno per istinto, noi dobbiamo farlo per scelta, vista la diversa conformazione del nostro cervello. L’evoluzione è guidata da questi criteri. Tutti cambiano e si adattano alle mutate condizioni: chi non lo fa, bene e per tempo, semplicemente si estingue, come milioni di specie viventi, da che la vita è comparsa sulla Terra. La nostra (di esseri senzienti) è una gigantesca e cosciente lotta per la sopravvivenza della specie umana. Abbiamo speranze? Certo che ce le abbiamo, ma solo se saremo meno stupidi e diventeremo sufficientemente pragmatici da capire quali sono le condizioni che dobbiamo creare per continuare nel nostro processo di sviluppo. Noi sappiamo modificare la natura, non dobbiamo sempre e solo adeguarci: sappiamo interagire, sappiamo deviare fiumi e forse pure asteroidi (ci stiamo provando …), sappiamo costruire manufatti che sopportano l’energia di una sisma anche forte, sappiamo volare nell’atmosfera e nello spazio, esploriamo i mari, sappiamo capire almeno un po’ delle leggi che fanno funzionare l’universo, sappiamo costruire complessi modelli previsionali e gli strumenti per usarli, fabbrichiamo vaccini che combattono i virus. Insomma, sappiamo fare un sacco di cose che modificano, spesso a nostro vantaggio, il resto della natura. Spesso, ma non sempre, purtroppo: a volte conquistiamo solo un vantaggio effimero, oppure un falso vantaggio, che presto si trasforma in pericoloso svantaggio (come l’estrazione degli idrocarburi, con quel che ne consegue, o il nucleare civile, o l’inquinamento in generale). Quello che ci serve è prendere coscienza di questi meccanismi e governarli. Al più presto. I mezzi, logici, intellettuali, scientifici, tecnici e tecnologici, non ci mancano e altri possiamo procurarne. Ci manca, credo, la piena consapevolezza che questo non è un gioco, e nemmeno un pranzo di gala, ma una maledetta lotta che ha come premio la sopravvivenza, oppure come pena l’estinzione, la nostra estinzione, non quella del resto della natura. La natura esiste ed esisterà con o senza umani; non c’è un pianeta da salvare. Siamo noi quelli da salvare. E se vogliamo continuare a giocare, bisogna che ci guadagniamo il nostro spazio e che impariamo a difenderlo, da noi stessi e dall’ambiente circostante. È un bel match, dall’esito incerto; mi dispiace solo non avere il tempo per vedere come finisce … se finisce.
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