Avvertenza: l’articolo è un po’ lungo e forse pure noiosetto. Ma, senza pretendere di spacciare verità, mi sembra utile mettere qualche punto fermo in un dibattito che sta deragliando dai binari della realtà scientifica.Quando si parla di energia nucleare, subito si affacciano ricordi non proprio edificanti: dalle bombe di Hiroshima e Nagasaki, a Chernobyl, a Three Mile Island, a Fukushima, tutte immagini funeste di morti, tanti, troppi morti, e poi devastazione, contaminazione, corpi sfigurati, esodi, orribili malattie. Purtroppo non c’è esagerazione in quei ricordi: è tutto tragicamente vero e non c’è revisionismo che tenga. Ma “energia nucleare” non vuol dire solo quello. Wikipedia la definisce “energia prodotta a seguito di reazioni nucleari, ovvero di tutti quei fenomeni fisici in cui si hanno trasformazioni nei nuclei atomici”. Detta così, non sembrerebbe una tragedia … E infatti non lo è, visto che è “nucleare” anche l’energia “che move il sole e l’altre stelle”. È la fusione nucleare che, dalla fusione di nuclei leggeri come l’idrogeno, genera tutta l’energia primaria che arriva sulla Terra e dappertutto nel cosmo. Ma è anche la stessa energia della bomba H (idrogeno), che infatti accende un piccolo sole, purtroppo terribilmente devastante e distruttivo. È possibile addomesticarla? Uno dei progetti più affascinanti, e neppure così tanto lontani nel futuro, è proprio quello di accendere dei piccoli soli, non distruttivi, in centrali civili che possano fornire energia in quantità illimitata, molto economica, senza emissioni e senza consistenti scorie radioattive. Sono decenni che si studia, troppo lentamente, come fare; ora c’è una nuova spinta fortissima, tra poco cominceranno i test di produzione industriale, i finanziamenti non mancano, il traguardo è visibile seppure non ancora a portata di mano. Non si può non essere ottimisti. Ma nel frattempo? Servono energie rinnovabili la cui produzione non emetta CO2 ed altri inquinanti, che non produca scorie che restino radioattive per millenni, che possa mettersi in equilibrio con l’ambiente, senza costringere la specie umana a sacrifici spiacevoli, a stress inaccettabili, a rinunciare agli standard di qualità della vita così faticosamente raggiunti. Troppo facile quindi ridurre il dibattito a: nucleare sì, nucleare no. Troppo facile, ma tanto comodo per giornalisti e opinionisti superficiali, per politici disattenti o interessati, anche per un’opinione pubblica poco informata e pronta al giudizio sommario. Di qua o di là. Se dici sì, sei un nemico dell’ambiente; se dici no, puoi continuare a sedere tra i “giusti”. E invece non è così: tocca spendere qualche minuto, almeno per cercare di fare un po’ di chiarezza e stabilire qualche principio cardine. Poi, tutto è discutibile, ma almeno che si sappia di cosa si parla. Intanto cominciamo a separare le grandi categorie: fissione e fusione. I termini si assomigliano, ma la fisica li differenzia. Già, perché, prima che di politica, occorre parlare di fisica. Chi si annoia al solo pensiero, passi pure a più ameni argomenti. Prima venne la fissione, ovvero la scissione dei nuclei di elementi pesanti, come l’uranio o il plutonio, in una “reazione a catena” che libera una quantità incredibile (ma reale) di energia. La sperimentò Enrico Fermi con i suoi “ragazzi” sul finire degli anni Trenta, la svilupparono nel Progetto Manhattan, che produsse nel 1945 le due bombe di Hiroshima (all’uranio) e di Nagasaki (al plutonio), precedute da un test dal vero eseguito ad Alamogordo poche settimane prima. Finita la guerra, le Grandi Potenze scatenarono la corsa alla bomba atomica, che assunse un terribile valore di deterrenza, essendo chiaro che un uso massiccio dell’arma avrebbe provocato la distruzione di tutte le attività umane sul pianeta. Nel Club nucleare entrarono subito i sovietici, poi gli inglesi, i francesi, i cinesi, gli indiani, altri ancora a ruota: si creò il cosiddetto “equilibrio del terrore”. La ricerca scientifica e tecnologica andò avanti e nei primissimi anni Cinquanta venne sviluppata un’arma ancora più letale, che sfruttava il principio della fusione: la già nominata bomba H, che usa una piccola bomba a fissione come innesco per la reazione di fusione: il piccolo sole. Peccato che fu subito chiaro come non fosse per niente addomesticabile per usi civili. Non altrettanto è invece la fissione nucleare, che può essere più “facilmente” pilotata e modulata per produrre calore, e quindi energia, tramite opportune turbine a vapore: è l’uso civile della fissione nucleare. “Facilmente” si fa per dire, perché le difficoltà sono tante, unite ai rischi di provocare disastri. C’erano poi da “ammortizzare” gli spaventosi costi della corsa all’armamento atomico … Alla fine degli anni Cinquanta partì comunque la prima centrale: sembrava il futuro a portata di mano, ma quella prima centrale fu seguita da un numero molto limitato di altri impianti simili. A tutt’oggi le centrali in funzione sono appena circa 450 in tutto il mondo; un altro po’ sono in costruzione, ma quasi nessuna in avviamento, perché nel frattempo il “facilmente” si è rivelato a dir poco illusorio. La tecnologia ha mostrato negli anni tutti i suoi limiti: costi di impianto altissimi a causa della complessità dei sistemi, produzione di scorie pericolosissime, difficilissime da stoccare e neutralizzare (scorie che nessuno vuole tra i piedi), contiguità con l’uso militare e conseguenti problemi di sicurezza strategica. Inoltre sono apparsi evidenti i rischi connessi con l’affidabilità e la robustezza dei processi e degli impianti, come abbiamo potuto constatare nei tragici incidenti verificatisi. Three Mile Island in USA nel 1979, Chernobyl nel 1986, infine Fukushima nel 2011 sono solo i più noti e più gravi, che provocarono diffuso allarme, preoccupazione, paura, e misero una seria ipoteca sul futuro del nucleare civile cosiddetto di prima e seconda generazione. La terza generazione non è mai realmente decollata, benché alcune centrali siano in costruzione, ormai da moltissimi anni, rallentate da crescenti difficoltà di messa a punto e pure da problemi di finanziamento dei costi via via crescenti. L’opinione pubblica mondiale, colpita dall’entità degli incidenti, ha spinto la politica a prendere posizione contro questo tipo di tecnologia, segnandone il futuro. Qui da noi, ben due referendum (1987 e 2011) hanno sancito a larghissima maggioranza la rinuncia ad installare centrali nucleari. Le centrali esistenti nel mondo continuano a produrre, sotto strettissima sorveglianza, mentre qualcuna tra le più vecchie è già stata spenta (ma il processo di smantellamento è lunghissimo e costosissimo, e si lascia dietro le scorie radioattive). Nell’attuale frangente di transizione energetica verso le energie rinnovabili non pare una grande idea rinunciare alle centrali esistenti (purché ben sorvegliate), anche perché queste NON contribuiscono all’effetto serra ed al riscaldamento globale, responsabili del cambiamento climatico. Man mano che andranno al termine della loro vita utile verranno smantellate, ma nel frattempo potranno integrare la produzione di energia da fonti rinnovabili. La ricerca scientifica e tecnologica però va avanti, e meno male, perché è solo da lì che potranno arrivare soluzioni nuove o ulteriori sviluppi. Il nucleare civile di quarta generazione si prefigge di abbattere drasticamente costi, rischi e produzione di scorie, ma non è alle porte. Della fusione abbiamo già detto: arriverà, ma non domani. In conclusione, dire si o no al nucleare non significa nulla. Bisogna distinguere tra i fallimenti del passato ed i nuovi possibili sviluppi. Senza contare le prospettive della fusione. Laicamente, senza fare il tifo come allo stadio, io credo che oggi abbiamo bisogno di quasi tutte le fonti possibili. La prima da eliminare è certamente il carbone, la più “sporca”, e va sostituita da forme meno aggressive verso l’ambiente. Il nucleare com’è oggi NON ha alcun futuro. E dovremo fare moltissima attenzione ad utilizzare quello che c’è. Il “nuovo” nucleare va studiato, sviluppato, testato per capire quali prospettiva potrà avere. La fusione arriverà, e forse sarà la soluzione finale. Nel frattempo quell’energia “che move il sole e l’altre stelle”, ma che muove anche l’aria, il mare, ci dà luce, dovrà aiutarci a compiere la transizione. Sarei molto curioso di vedere come l’umanità ne verrà fuori, ma temo che non mi toccherà …
|