I cultori della politica romanzata, ovvero quasi tutti i commentatori politici più in vista, incapaci di reggere la tensione spasmodica dell’attesa naturale degli eventi, devono a tutti i costi creare la notizia tutti i giorni, anche quando la notizia non c’è o comunque non rappresenta granché.Si sa, l’industria dell’editoria ormai vive solo di finto sensazionalismo, di continui improbabili scoop rivolti ad un pubblico che, come un drogato, chiede emozioni sempre più forti. Prima o poi finiremo in overdose e dio sa cosa potrà succedere delle nostre fragili democrazie. L’ultimo evento che ha messo in fibrillazione la comunità degli analisti o sedicenti tali è stata la conferenza stampa di fine anno di Mario Draghi. Il Presidente ha parlato a lungo, ha risposto a tutte le domande, non si è risparmiato, e ha parlato chiaro, mica per ellissi o metafore. Malgrado ciò i cultori della politica romanzata si sono superati nel cercare, trovare, decrittare e divulgare al volgo ignorante tutta una serie di sottintesi, di non detti ma lasciati intendere, di “parla a nuora …”, di manda a dire, e via così, in un crescendo parossistico di giudizi che, gira gira, si possono sintetizzare nel commento: “il passo falso di Draghi”. Un errore, quindi, uno sgarbo istituzionale, una gaffe, uno sfondone, …, finalmente anche Lui ha sbagliato, tant’è che ha pure dovuto rimediare in tutta fretta (questo è un conseguente sviluppo narrativo …). Ora, il romanzo ha sempre una trama con una sua logica interna, e da questa non si dovrebbe derogare, altrimenti il lettore si arrabbia (e forse smette di leggere …). Eppure, chi l’ha detto che il romanzo deve essere reale? Basta che sia appena realistico, ma soprattutto avvincente … Mario Draghi è un signore sulla scena da decenni, ha fatto tutte e solo cose importanti nella sua vita, da essere allievo di Federico Caffè a fare il Presidente della BCE e il Presidente del Consiglio in Italia. Ha una esperienza professionale e un autocontrollo ai limiti dell’umano. Le sue realizzazioni saranno ricordate a lungo nei libri di storia moderna. Vi pare che si faccia cogliere in fallo da un Giannini, da un Travaglio, da un Mieli, una Gruber o un Dagospia qualunque? Siamo seri. È evidente che quello che ha in testa lo sa solo lui, ma quello che dice, quello che ha detto, non richiede chiose particolari. Ricapitoliamo le sue peraltro trasparenti affermazioni: - "sono arrivato a fare il PdC perché la politica si era incartata e non pareva capace di affrontare i difficili compiti a cui era chiamata (pandemia e PNRR);
- ho lavorato e sto lavorando ventre a terra, con buoni ed indiscutibili risultati per questi due obbiettivi, che sono entrambi avviati su una strada corretta e perseguibile da chiunque, purché abbia voglia e capacità di farlo (hai detto un prospero …!);
- nessuno è indispensabile o insostituibile, per definizione;
- il Parlamento è sovrano: lo è stato, lo è e lo sarà; senza l’appoggio parlamentare nessun governo può funzionare;
- anche la nomina del PdR è di esclusiva competenza del Parlamento: chiunque sia eletto non può certo rinunciare (la carica di PdR è di quelle che non prevedono autocandidature e che non si rifiutano, mai);
- nelle condizioni date (un governo retto da un’amplissima maggioranza) è difficile immaginare di eleggere il Presidente con una maggioranza più ristretta; non è impossibile, ma non è nemmeno auspicabile, perché la forza politica che non concorresse alla nomina, come potrebbe continuare a sostenere il Governo?
- sono un servitore dello Stato per cui, come mi avete chiamato a fare il PdC e ho accettato, come potrei rifiutarmi di fare il Capo dello Stato?
- sono un nonno ma non sono rincoglionito, quindi non sono manovrabile né utilizzabile per scopi di parte".
Quest’ultimo concetto non lo ha espresso proprio così, ma il senso era molto chiaro lo stesso. A fronte di queste quasi ovvie constatazioni, il club dei romanzieri ha dedotto tutta una serie di corollari del tutto arbitrari che sono diventato lo “spin”: - Draghi si è autocandidato
- Draghi mette i piedi nel piatto
- Draghi maltratta i partiti
- Draghi manca di rispetto alla politica
- Draghi ha commesso il suo primo grave errore, tant’è che ha dovuto correggere il tiro (ma quando mai?).
La diversione ha funzionato alla grande e così la discussone si è spostata su questi temi piuttosto che sulle parole autentiche del Premier. È triste dover constatare come le tecniche di disinformazione abbiano raggiunto un’efficacia incredibile. Non c’è bisogno di essere grandi esperti di politica per capire che il lavoro di Draghi è appena iniziato, che il difficile viene adesso, che la funzione di Draghi al Quirinale sarebbe poco più che di rappresentanza, che nessun altro Premier potrebbe godere del credito che lui si è guadagnato in decenni di attività, che le cancellerie europee vorrebbero poter godere di un interlocutore stabile e credibile in un momento in cui c’è da ricostruire le regole di stabilità dell’Unione (vedi in proposito la lettera scritta giusto ieri con Macron). È tutto così ovvio che non dovrebbe esserci necessità di discussione: bisognerebbe solo escogitare il modo di poterci assicurare l’azione di Draghi per almeno altri quattro o cinque anni, e non è cosa facilissima, vista la poca stabilità del nostro sistema politico. Invece c’è tutto un sottobosco che di Draghi non ne può già più, che vuole toglierselo dai piedi perché vuole mani libere nella gestione dei soldi del PNRR, che lo considera un ostacolo insormontabile per le consuete modalità consociative della peggiore Repubblica, e allora solleva polveroni, costruisce i romanzi, crea gli spin che sembrano verità inconfutabili. Non è così. Draghi ha ricordato a tutti le rispettive responsabilità, ha sottolineato le sue responsabilità e chiarito che non è lui ad avere in mano il boccino del Capo dello Stato ma il Parlamento, visto che questa è ancora una Repubblica parlamentare. Ma fa molto più comodo accusarlo di mettersi in mezzo maldestramente, forse per cominciare a costruire le motivazioni per un suo auspicato accantonamento. E poi, liberi tutti, e avanti con la giostra consueta. Ne dico un’altra …: Draghi non ha paura dei magistrati. Verso di lui quell’arma è spuntata, inefficace … C’è una guerra terribile in atto tra i poteri italiani: stavolta il cambiamento è davvero possibile, e questo terrorizza tutti i gattopardi di questa Repubblica. Non facciamoci fregare, non facciamoci irretire dalle sirene della conservazione. L’Italia, per stare tra i Grandi d’Europa, deve cambiare profondamente. Lo sanno tutti, anche se fanno finta di nulla. Se non ora, quando?
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