Chi è al potere sceglie e impone la sua immagine. D’altronde, con quell’immagine ha ricevuto il potere in gestione dai cittadini ed a quell’immagine ha affidato la comunicazione, il modo di mostrarsi e le peculiarità per le quali farsi distinguere. In realtà lo facciamo un po’ tutti: più o meno coscientemente, ci costruiamo un’immagine per noi stessi e per gli altri; spesso ne restiamo anche schiavi e fatichiamo a cambiarla, casomai ci venga in uggia e vogliamo aggiornarci. Siamo tutti animali sociali e la nostra vita, piaccia o no, si svolge in mezzo all’altra gente. Per un/a potente è una questione cruciale, visto che è sempre sotto gli occhi di tutti, amici e nemici, tutti pronti a sottolineare i pregi o esaltare i difetti: quindi nulla avviene per caso. Benito Mussolini, per dire uno che fu potente per un bel po’, costruì un’immagine tutta basata su “petto in fuori, pancia in dentro, mascellone e sguardo fiammeggiante” e non si può dire che non abbia avuto successo, malgrado l’evidente ridicolaggine delle pose assunte in pubblico. Ma allora nessuno rideva o, se lo faceva, non lo dava a vedere: comunque, quella patetica e grottesca macchietta in camicia nera funzionò per oltre vent’anni. Se ora Giorgia Meloni si comporta come si comporta, non sta solo assecondando la sua natura e la sua più o meno buona educazione: sta comunicando un modo di essere, un meta-messaggio per chi la guarda e la giudica, che sia la casalinga di Voghera, il camerata di Predappio o il Presidente degli Stati Uniti. Se ha deciso di sdoganare in pubblico, a freddo ed in favore di smartphone, l’insulto di “stronza” pur di rintuzzare l’analogo insulto rivoltole da Vincenzo De Luca (che però lo aveva usato in privato e in un momento di forte tensione politica), non è certo un caso: è una scelta di comunicazione. Con ogni evidenza non si preoccupa affatto che tutti d’ora in avanti potranno pubblicamente usare l’epiteto “stronza” senza rischiare querele, anzi se ne fa un vanto, preferendo di gran lunga coltivare l’immagine della “coatta” genuina e un po’ plebea pur di sottolineare la sua distanza dalle buone convenzioni borghesi e “radical chic” (qualunque cosa questo significhi nel suo linguaggio …), incurante delle conseguenze. Anzi, evviva le conseguenze! Ognuno di noi è libero di pensarla come vuole in proposito, ma è innegabile che con la sceneggiata di Caivano e le molte altre, tutte più o meno eclatanti e pacchiane, la Presidente abbia scelto una cifra comunicativa precisa. Che questo le porti bene o meno, lo vedremo. A quell’altro portò bene per vent’anni, anche se finì molto male, per lui e per tutti. È ovvio che la Signora non può andare incontro a Biden, a Scholz o a Macron, presentandosi come con De Luca, come è altrettanto ovvio che lei sia convinta di poter tenere due (o forse più) modelli comunicativi in piedi contemporaneamente. È una scommessa che comporta qualche rischio, ma evidentemente lo considera del tutto accettabile. Noi, che non apprezziamo il suo stile, nel frattempo non possiamo fare altro che prendere atto e decidere quali contromisure mediatiche adottare, e se adottarle. Certo, possiamo rammaricarci dello scadente livello offerto, ma nemmeno tanto. Il bravissimo Mattia Feltri su La Stampa si è divertito a cercare negli archivi, trovandone a bizzeffe, esempi di insulti, pubblici e sempre molto coloriti, tra politici del passato. Particolare e molto articolato l’uso dello stesso “concetto” (declinato come sostantivo, però) da parte della educanda Rosy Bindi nei confronti di Marco Pannella, in una di quelle querelle tutte interne al campo teoricamente di centrosinistra che hanno punteggiato la storia dell’intero Novecento. C’è quindi poco da scandalizzarsi, ma c’è molto da pensare, visto che comunque stiamo parlando di una donna Presidente del Consiglio, decisa a imporre il proprio modello comunicativo a tutti i costi, alternando a suo piacimento il registro istituzionale (il meno possibile …) e quello da “coatta” (ben più sovente …). E così, mentre gioca con la sua immagine, può anche far calare dall’alto l’attribuzione, di per sé storicamente scontata e incontrovertibile, dell’omicidio Matteotti nientemeno che alle squadracce fasciste! Capirai che sforzo …! Poteva sostenere che fosse rimasto vittima di una rovinosa caduta per strada …? Ma gli organi di informazione hanno tutti apprezzato tanto coraggio storico e istituzionale da parte di una che nel frattempo fa sparare dagli altoparlanti in piazza un raffinato concetto come “sono quella stronza della Meloni”. Bisogna riconoscere che tanta tracotanza pone non pochi problemi agli interlocutori, che non sanno mai quale Meloni hanno di fronte, se “la stronza” o la Presidente, teoricamente di tutti gli Italiani. E che dire del Vicepremier Salvini e dei suoi accoliti? Quelli, forse perché si sentono alla canna del gas, non hanno dubbio alcuno: il registro è sempre e solo quello da bar di paese, ma dopo molti aperitivi. Non importa la sede: tra lui, il Generale, l’orso Borghi, e tanti altri, fanno a gara per abbassare il livello del dibattito, anche a costo di attaccare a sproposito Mattarella, reo di nominare la sovranità europea nel giorno della Festa della Repubblica. Insomma, questa destra è così come si presenta: impossibile coltivare illusioni. A cercare di unire il Paese nemmeno ci pensa anzi, fa di tutto per marcare le differenze, per scavare fossati, per alimentare il vittimismo di chi vuole farsi percepire come assediato da nemici potenti e pericolosi. Dall’altra parte, massimalisti e populisti non sono immuni al virus della divisione e cercano (invano) di rendere la pariglia, col che il livello del dibattito politico sprofonda sempre più. E domenica andiamo a votare … A parte le opposte tifoserie schierate, tutti gli altri, e sono tanti, che faranno? Staranno a casa indignati o indifferenti o si avvieranno verso il seggio, un po’ perplessi e tentennanti? Riusciranno ad astrarsi dalla rissa da cortile ed esprimere un voto motivato da programmi (quando ci sono) e prospettive politiche? Chi mi conosce sa che sostengo gli Stati Uniti d’Europa, senza incertezze. E non solo la pur pregevole lista omonima, ma proprio quel concetto, perché agli Stati Uniti io credo veramente e da molto tempo auspico quello sbocco politico per il nostro Continente, altrimenti destinato a fare da scendiletto alle vecchie e nuove Grandi Potenze mondiali. Dovrebbe essere un obbiettivo trasversale, visto che siamo un Paese Fondatore dell’Unione e che da soli contiamo molto poco. Ma la trasversalità, ahimè, è una chimera, visto che la maggior parte dei partiti usa le elezioni europee per regolare conti interni, per pesarsi, e non perché abbiano una qualche idea in testa da portare e sostenere a Bruxelles e a Strasburgo, dove bene o male si governa ogni evoluzione dell’Unione. Per quanto possa sembrare assurdo, c’è chi predica “meno Europa”, come se la Provincia di Lodi o quella di Vicenza (… per dire …) traessero un qualche vantaggio a tenersi a distanza dal resto del Continente … E c’è pure chi in Europa ci manda anti-abortisti, anti-atlantisti ed anti-occidentali come Tarquinio e Strada, giusto per sparigliare le carte, invece di sostenere coerentemente le politiche riformiste sui diritti civili e la politica estera. E allora qual è la direzione da seguire? Vogliamo davvero promuovere un’Europa federale, coesa e coerente, seduta al tavolo coi Grandi, o ci preoccupiamo soltanto delle nostre beghe interne, come abbiamo sempre fatto? Io la mia scelta l’ho fatta. Forse lunedì sarò molto arrabbiato, ma certamente non pentito.
|