In questa terribile (ma pure inconsueta e singolare) guerra ucraina, chi l’ha scatenata, cioè l’autocrate Putin, non può vincere e non può perdere. Così almeno a me pare.Non può vincere perché è solo contro quasi tutto il mondo, la sua reputazione internazionale è irrimediabilmente compromessa, perché sarà sempre più mal sopportato anche in casa sua, perché gli ucraini non si lasceranno mai annettere del tutto, perché la potenza dell’economia e della finanza può essere maggiore di quella delle armi (almeno di quelle convenzionali), perché l’uso delle armi nucleari esporrebbe la stessa Russia ad un pericolo troppo grande ed assolutamente incontrollabile. E molte altre valide ragioni. Non può nemmeno perdere, però, perché la sproporzione dei mezzi militari in campo è evidente, perché i Paesi terzi non possono e non vogliono intervenire direttamente, perché purtroppo non c’è limite alla distruzione ed alle sofferenze che la sua violenza può imporre al popolo ucraino, perché la destabilizzazione di un Paese enorme come la Russia comporterebbe rischi inauditi per tutti gli altri Paesi del mondo. È vero, Putin potrebbe cadere, potrebbe essere deposto, ma solo per vie interne, con un colpo di mano dell’esercito e degli oligarchi, non certo per sollevazione popolare (i russi non sembrano disponibili ad un nuovo assalto al Palazzo d’Inverno). Ma c’è in Russia una classe dirigente pronta e disponibile ad assumere il comando e trascinare il Paese fuori da questa crisi? I famosi oligarchi, oltre che ricchi come Cresi, avrebbero la capacità di gestire un Paese così grande e complicato e riportarlo nel consesso delle nazioni civili? Non dimentichiamo che sono oligarchi, maggiorenti beneficati prima da Yeltsin e poi da Putin, ricchi magnati più propensi al business, qualunque tipo di business, che alla politica. Sono domande a cui è difficile rispondere e che ci rimandano ad un ipotetico e nebbiosissimo futuro. Per cui, se tutto ciò è vero, le probabilità che la guerra in Ucraina si protragga molto a lungo e si incancrenisca in un Vietnam penoso, crudele e inconcludente sono molto elevate. Che farà l’Occidente in quel caso? Potrà tenersi per anni una guerra calda a due passi dal centro dell’Europa, con tutti i problemi ad essa connessi? Ovvero migranti, rifugiati, instabilità economica, volatilità dei mercati, instabilità politica, malcontento popolare che monterà di certo, non separato da una comprensibile e montante paura per la propria sicurezza? Oppure prevarrà l’assuefazione? Vivere con un focolaio del genere a poche centinaia, o al massimo poche migliaia di chilometri da casa, non è né auspicabile né piacevole per gli europei ma, senza sbocchi plausibili, a tutto si può fare cinicamente l’abitudine. In ogni caso la guerra senza fine rischierebbe di destabilizzare a lungo tutto il quadro politico europeo e mondiale, facendo fare un gigantesco passo indietro a tutti i rapporti internazionali finora faticosamente costruiti. Diventerebbe un strana guerra mondiale, combattuta tra le case, nei boschi, nei paesi, in un territorio molto esteso, dove quaranta milioni di persone dovrebbero riuscire a continuare a vivere in qualche modo che non riusciamo neanche ad immaginare. A me pare uno scenario agghiacciante, persino più agghiacciante delle immagini che stiamo vedendo ogni giorno. Eppure non si può escludere un’eventualità del genere. Prima dell’invasione le mosse aggressive di Putin verso la Crimea ed il Donbass, territori a prevalente cultura russa, erano state bene o male “digerite” perché, dopo tutto, non avevano sconvolto così profondamente gli equilibri tra i giganti. L’Occidente aveva tacitamente accettato, un po’ per quieto vivere, ma soprattutto per la continuità del business con il mercato russo. L’invasione invece ha davvero sconvolto profondamente quegli equilibri, portandoci sulle soglie dell’ignoto. Quale nuovo equilibrio si può dunque immaginare per i prossimi anni? La guerra infinita rischia di diventare il nuovo equilibrio, ma può l’Occidente accontentarsi di questo livello così infimo di umanità, di agibilità economica, di rapporti diplomatici? Un equilibrio altamente instabile, che potrebbe precipitare rapidamente anche in altre zone del mondo, più o meno lontane da quel teatro. Io credo che non può e che non deve farlo. Ovviamente non può nemmeno accettare che Putin trionfi e ricostruisca su basi di terrore una ipotetica Grande Russia con Bielorussia ed Ucraina, a stretto e minaccioso contatto con i Paesi NATO: dopo questa aggressione, quella sarebbe davvero una provocazione inaccettabile. Quindi è necessario che Putin venga sconfitto, presto, il più presto possibile. Certo che per l’Occidente vincere una guerra senza combatterla, o combattendola per interposta persona, non pare agevole; la situazione è assolutamente inedita, la soluzione tutta da inventare e poi costruire. E non basta solo l’Occidente: del nuovo equilibrio da ristabilire dovranno per forza far parte anche le potenze emergenti di Cina e India, che ora sembrano stare alla finestra. È inutile esercitarsi in fantasiose strategie. Servono professionisti veri, serve anzi un surplus di capacità, di ingegno, di coraggio, da parte dei politici in carica. Speriamo che siano all’altezza. Serve però anche l’impegno ed il supporto dei cittadini europei e mondiali; certamente non serve, anzi è deleteria, la “neutralità attiva”, il pacifismo peloso, dietro il quale si nasconde il populismo dei perenni falliti della sedicente sinistra (ma ripeto, ora basta appellarla con un nome che da tempo non le si addice più …). La sinistra vera, quella responsabile, quella che conosce la grande politica, deve darsi da fare e, senza indugi e infingimenti, guidare il nuovo ordine che dovrà pur nascere, dopo questa notte della ragione.
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