La domanda non sembri peregrina: è vero che tutto al mondo prima o poi passa e va, ma una dittatura certamente “non è per sempre”, come un diamante. E per fortuna ...! D’altronde la Storia ci dimostra chiaramente che nell’era moderna, dopo le rivoluzioni liberali di fine Settecento, i regimi liberali sono risultati molto più stabili e duraturi rispetto ai regimi tirannici totalitari. Qualche Paese fortunato, come Stati Uniti, Regno Unito, Canada, non ha mai conosciuto regimi diversi dalla democrazia ma, come si suole dire, “faber est suae quisque fortunae”. Molti altri, invece, hanno dovuto subire le traversie della Storia, spesso rendendosi più o meno complici del dittatore di turno. A partire dall’inizio dell’Ottocento, possiamo scorrere l’elenco delle principali dittature che si sono succedute (tante, troppe, e queste sono solo le più rilevanti). Bonaparte, giusto per cominciare dal primo dittatore dell’era moderna, durò solo 13 anni (1802-1815); suo nipote Napoleone III fu in carica per 22 anni (1848-1870). Venendo a tempi più recenti, Mussolini durò 21 anni (1922-1943) più i due anni scarsi della Repubblica Sociale di Salò, vassalla del Terzo Reich. Stalin, che si fece dittatore sulla scia della Rivoluzione bolscevica del 1917, resistette al potere solitario per 31 anni (1922-1953), per lasciare il posto alla pachidermica nomenklatura castale dell’Unione Sovietica, estintasi formalmente nel 1991, dopo il fallimento dei sussulti liberali di Michail Gorbaciov. Adolf Hitler resistette solo 12 anni (1933-1945), anche se furono, diciamo così, molto “intensi”, segnati dai peggiori crimini che la Storia ricordi. Mao Zedong fu a capo della Cina per 33 anni (1943-1976) e fu seguito dal regime autocratico totalitario che dura ancora oggi. Francisco Franco durò ben 39 anni (1936-1975), Antonio Salazar 36 (1932-1968) con l’appendice dei 6 anni di Caetano: periodi molto lunghi, favoriti dalla posizione oggettivamente molto defilata degli Stati Iberici nel corso della guerra ed anche del dopoguerra. Enver Hoxha resistette 41 anni (1944-1985) ma la piccola e perennemente non allineata Albania restò dittatura fino al 1990, Iosif Tito guidò la Jugoslavia per 27 anni (1953-1980), Ceausescu la Romania per 22 anni (1967-1989), i colonnelli greci tennero sotto dittatura il Paese per soli 7 anni (1967-1974). Pinochet esercitò il suo potere assoluto sul Cile per 17 anni (1973-1990), Videla in Argentina per 5 anni (1976-1981). … Basta così, veniamo a noi. Il dittatore russo dei giorni nostri è al potere dal 1999: sono già 23 anni, nel corso dei quali ha fatto finta di atteggiarsi a leader democratico, (e gli abbiamo pure dato corda …), poi ci ha ripensato ed è diventato sempre più dispotico ed aggressivo, fino alla barbarie di cui siamo attualmente testimoni esterrefatti. Sembra solido al potere, almeno così vuole apparire, ma è difficile, negli anni Venti del Duemila, sigillare l’informazione in un Paese di 146 milioni di persone, di cui 18 concentrati tra Mosca e San Pietroburgo, gli altri sparsi su un territorio immenso. Dicevo prima che i Paesi soggetti a dittatura sono stati sempre più o meno complici del dittatore, perché senza una certa complicità, passività, o indifferenza della popolazione nessun regime può resistere per anni, per quanto violento, brutale e repressivo esso sia. E proprio su questa supina accettazione (fatti salvi i resistenti, spesso pochi, repressi e isolati dal resto del popolo) il dittatore può basare il suo potere assoluto; ma in ogni caso si tratta di una situazione instabile e per sua natura transitoria. Prima o poi qualcosa o qualcuno rompe la stasi e la dittatura si avvita su se stessa e cade, salvo che essa non sia supportata da regimi fortemente articolati e radicati nel tessuto sociale, come nel caso della Cina, dove il regime è riuscito finora a bilanciare la durezza dei rapporti sociali e la mancanza di libertà con un oggettivo formidabile incremento delle condizioni di vita e del benessere popolare. I dati storici disponibili dimostrano inconfutabilmente che intorno ai vent’anni di durata ogni regime dittatoriale scricchiola, sbanda, a volte cade fragorosamente o si trasforma radicalmente. Logico che per il popolo sottomesso 20 o 25 anni non sono la stessa cosa, ma il collasso arriva, immancabilmente. A me pare che il regime russo stia arrivando in quella fase lì: Vladimir Putin, in 23 anni di potere assoluto, non è riuscito a portare il Paese ad un livello di benessere tale da “comprare” la benevolenza della popolazione. Ha sfruttato una certa acquiescenza, sostenuta da un orgoglio nazionale assiduamente coltivato, ed una certa passività, sviluppata durante il lungo inverno sovietico. La Russia è comunque ancora un Paese “primitivo”, con un PIL ridicolo per le sue dimensioni (minore di quello dell’Italia), che non produce nulla di importante a parte risorse naturali come gas, petrolio, grano, un’industria tutta dedicata al ramo militare, che sta pure dando pessima prova di sé in questa sciagurata avventura ucraina. La Russia importa tutto, dai vestiti ai telefoni ai computer, alla ristorazione fast food. Anche il loro vaccino anti-Covid si è rivelato un fiasco solenne. E con le sanzioni il ragazzo che a Mosca vuole mangiare un cheeseburger oggi trova McDonald’s chiuso, né trova le batterie di ricambio per l’IPhone, e nemmeno le magliette di Zara. Il potere vacillava già da prima e ora vacilla sempre più: l’autocrate deve essersi reso conto che la sua posizione stava diventando fortemente a rischio e che nemmeno la sua cerchia di oligarchi poteva restituirgli lo smalto perduto. In questi casi il riflesso condizionato dell’uomo supposto forte è sempre quello di sbattere un pugno sul tavolo, di compiere gesti eclatanti per dimostrare di essere sempre forte, di essere presente ed avere la situazione sotto controllo. A Putin deve essere parso che l’Ucraina fosse una buona opportunità, peraltro già saggiata con l’occupazione della Crimea e del Donbass, un ghiotto boccone per dimostrare la sua forza al mondo intero. I fatti dimostrano che ha sbagliato di brutto, indipendentemente da come e quando finirà questa guerra sciagurata. Il suo potere dura ormai da 23 anni, il trono continua a vacillare e vacillerà sempre più, fino a quando non sarà più possibile rimandare il redde rationem. La scadenza è vicina, la fine segnata. Quello che non è stabilito è come ci arriveremo … e non è poco. Certo è che “la Storia dà torto e dà ragione” e mai come in questo caso il verdetto pare già scritto.
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