C’era una volta Torino … e fortunatamente c’è ancora!Tengo a precisarlo, visto che un lungo Dossier del TG2, sabato 9 aprile, ha impiegato quasi 50 minuti per descrivere l’agonia, o forse anche la morte, di Torino (chi non l’ha visto e non si fida può trovarlo qui). Vorrei segnalare all’esimio Direttore Sangiuliano che invece “Torino è viva e lotta insieme a noi!” Certo non è più quella degli anni Sessanta, né quella dei Settanta, e nemmeno quella dopo. Ovvio, no? È una città, e lo dico per diretta esperienza personale di uno che ci è arrivato dall’Abruzzo nel settembre 1970, a 18 anni, che davvero è cambiata, davvero ne ha viste di tutti i colori, nel bene ed anche nel male, ma che (boia faus!) è ancora qui, pronta a ripartire dopo il lungo e buio inverno a cinquestelle della sindaca Appendino. Che senso ha rimpiangere il tempo della Torino industriale dove la FIAT monopolizzava tutto? Che senso ha pensare che era meglio quando a Mirafiori c’erano 75.000 persone, stipate in una fabbrica rigidamente fordista, con tensioni sociali che si tagliavano col coltello? Che senso ha non ricordare la città che teneva da parte i meridionali, dove c’erano automobili dappertutto (compresi Palazzo Reale, piazza San Carlo e piazza Vittorio), dove c’era uno smog di nerofumo che alla sera lo trovavi sul colletto della camicia e sull’orlo dei pantaloni, dove dopo le otto di sera sparivano tutti come se ci fosse il coprifuoco e le uniche attività culturali erano i cinema (solo intorno al 1975 qualcuno diventò “d’essai”), dove infine attecchì senza difficoltà il terrorismo più feroce e spesso si sparava per strada? Non era migliore quella Torino. Per niente. Non ne ho alcuna nostalgia, anche se ero giovane, forte, e di sinistra (l'unica caratteristica mantenuta …). Piuttosto ho nostalgia per lo spirito di ripresa, per la capacità di reazione che cominciò a manifestarsi dal 1975 in avanti, con l’avvento della sinistra al Comune (sindaco Diego Novelli, prima che diventasse un nostalgico trinariciuto anche lui…). La città riprese a vivere, a muoversi, a scrollarsi di dosso l’apatia; un processo lungo, faticoso, pieno di contraddizioni, ma un processo che trasformò Torino, si concretizzò nel Piano Regolatore Generale di Gregotti e Cagnardi, che nel 1995 ridisegnò la struttura urbanistica della città per gli anni a venire, e che culminò con l’avventura (perché fu esaltante come un’avventura …) delle Olimpiadi del 2006. Cinque sindacature (due di Castellani, due di Chiamparino, una di Fassino), quasi 25 anni, un periodo lungo, inevitabili gli errori, le incrostazioni, ma anche la più grande trasformazione di un territorio che mai si ricordi: da FIAT-centrica a città dell’innovazione e della ricerca, città universitaria, città dell’aerospazio, ancora automotive che non è affatto scomparso ma è cambiato. E poi le Olimpiadi, la rinascita turistica, culturale, con i Festival ed il Museo del Cinema nella Mole, la Fiera del Libro, Terra Madre, il Salone dell’Auto rinato e perduto, l’Egizio rimesso a nuovo, il Regio tornato all’onor del mondo, il Lingotto insieme commerciale e culturale, Settembre Musica diventato MiTo, almeno cinque cartelloni di musica classica e operistica, e anche la movida … Nulla o quasi di tutto questo si vedeva nel Dossier di Sangiuliano, che indulgeva con un ecumenico (e benemerito) Don Ciotti e con vecchi relitti come Revelli e Airaudo, questi ultimi preda di stucchevoli nostalgie da Trevico-Torino (Ettore Scola, 1973). Rimpiangevano il “vuoto” lasciato dalla FIAT, come se quella FIAT non fosse stata per decenni il bersaglio del loro inconcludente ed infantile insurrezionalismo. Io non c’ero alla “marcia dei quarantamila”, il 14 ottobre 1980, ma ricordo con molto dolore quanto mi fosse chiara la disfatta di un sindacato che non era riuscito a uscire da schemi conflittuali ed operaisti ormai vetusti e che veniva scavalcato dalla istintiva consapevolezza di una classe media che, forse senza neppure saperlo, era più avanti di anni. Quasi quarant’anni dopo, novembre 2018, altri quarantamila torinesi (figli e nipoti, semmai), con un fortissimo SI alla TAV, hanno gridato un fortissimo NO a chi, con una cultura pauperista e retrograda, voleva emarginare la città dai canali di comunicazione europei. Una pietra tombale sull’esperienza fallimentare del M5S a Torino (ma qui noi le proviamo tutte …!). Quella Torino non si piange addosso, si muove, si rilancia, progetta e realizza. E ancora una volta ce la farà. Ha archiviato il periodo buio dei NO a tutto (comprese nuove Olimpiadi, stavolta con Milano e Cortina), ha puntato su un giovane Sindaco, determinato e competente, a cui il TG2 ha concesso appena un minuto di intervista, ed è ripartita, malgrado la pandemia, malgrado la crisi e adesso pure malgrado la guerra. Perché Torino la guerra, tra le tante cose, l’ha conosciuta davvero. Basta avere letto Pavese … Ma Torino è viva, Torino è piena di attività e ancor più lo sarà, ma soprattutto Torino non si lascia trascinare nel declino e nella rassegnazione degli sconfitti, non ha paura di misurarsi con il futuro, anzi sa che deve cavalcarlo, se non vuole tradire se stessa. Torino non è solo una città di bravi artigiani dell‘auto, Torino fa ricerca, ha un Politecnico proiettato nel futuro dell’automotive, costruisce satelliti e quasi metà della Stazione Spaziale Internazionale. E il modello di Eataly ha conquistato il mondo. Torino non è isolata, Torino cerca sinergie e partnership con Milano, fuori da ogni vetusto e stucchevole campanilismo. Viste dal Nord Europa, Torino e Milano sono un’unica grande conurbazione, collegata da 40 minuti di alta velocità. Proprio quella che dovrà collegarci anche con Lione e con tutta l’Europa Occidentale e che qualcuno riteneva inutile e dannosa. Ma non sarà il TG2 a nuocere più di tanto, qui siamo abituati a dare il via alla Storia, da Cavour a Gobetti, da Gramsci all’Ulivo. Si parlerà ancora di Torino … restate sintonizzati.
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