Tra la guerra in Ucraina e il cambiamento climatico incombente, è naturale che la questione energetica si imponga in tutta la sua prorompente importanza.Ed è altrettanto naturale che si torni a parlare di “nucleare” come di un’opzione fondamentale per affrontare la doppia crisi in atto, a complemento delle fonti rinnovabili e come sostituzione delle fonti fossili. Purtroppo molto spesso se ne parla per partito preso, con taglio “ideologico” o persino propagandistico, come se il “nucleare (sì o no)” fosse riducibile ad uno slogan o fosse una bandiera da sventolare contro qualcosa o qualcuno. È invece un argomento di estrema valenza tecnica, tecnologica ed economica, e richiede lucidità e freddezza di giudizio. Senza alcuna presunzione ritengo perciò utile fare qualche precisazione a mio avviso importantissima per inquadrare il problema sotto la luce più realistica possibile. In altri articoli mi sono dilungato sui problemi enormi connessi con il nucleare civile tradizionale, quello da fissione, che esiste da oltre sessant’anni. Problemi di sicurezza per possibili incidenti (purtroppo tragicamente sperimentati, e il sarcofago di Chernobyl ancora oggi, dopo 36 anni, costituisce una minaccia …), problemi relativi allo stoccaggio delle scorie (non ancora risolto in via definitiva per quelle ad alta attività) e problemi economici (investimenti altissimi, dal ritorno incerto e molto legati al costo del denaro). Non starò a ripetermi: qui vorrei fare solo alcune precisazioni sulle opzioni concrete che oggi abbiamo davanti. Per sgombrare il campo da possibili accuse di antinuclearismo ideologico, premetto che, se si dice “sì al nucleare” intendendo “sì alla ricerca sul nucleare”, sui suoi possibili sviluppi, ebbene io sono assolutamente d’accordo. Senza dubbio alcuno. E vorrei pure vedere che, in una situazione di emergenza come quella che stiamo vivendo, ci precludessimo gli sviluppi derivanti da ricerche che potrebbero condizionare la vita futura delle nostre società. Quindi, con chiarezza e convinzione, sì ai finanziamenti alla ricerca. Ma su cosa verte la ricerca nel settore, oggi? In primis, sul nucleare a fusione, il processo che tiene acceso “il sole e l’altre stelle”: un processo pulito, sicurissimo, inesauribile, praticamente senza scorie, che usa materie prime presenti in abbondanza. Il Bengodi, insomma. Peccato che sia molto difficile da realizzare: ci si prova da decenni con alterne fortune, ma con relativamente pochi investimenti. Ora sembra che sia giunto il momento di fare finalmente sul serio e, tra le varie opzioni in sperimentazione in giro per il mondo, anche in Italia, qualcuna sembra cominciare a dare frutti interessanti e soprattutto industrialmente promettenti. Bisogna insistere dunque, con la prospettiva (al meglio) che il processo diventi davvero industriale entro una dozzina d’anni. Certamente non domani, e neppure dopodomani. Poi ci sono i possibili sviluppi sul nucleare a fissione, quello classico, basato sulla scissione di atomi pesanti in una reazione a catena. Qui si sta lavorando su progetti di reattori di nuova generazione (la quarta, con raffreddamento a metalli liquidi) e ipotesi di reattori di piccola taglia, derivati da quelli in uso nelle marine militari (portaerei, sommergibili), presumibilmente più semplici da localizzare sul territorio, meno problematici da costruire, più economici e più facili da manutenere. Nessuno però prevede possibili sviluppi industriali in questo settore prima di una quindicina di anni, se tutto andrà bene e se gli obbiettivi si dimostreranno raggiungibili. Anche qui, servono ingenti finanziamenti alla ricerca ed è opportuno non farli mancare. Ciò detto, assicurati i fondi alla ricerca, oggi, a metà 2022, cosa esiste ed è realmente disponibile per un eventuale investimento industriale? Dicevamo che, da quando esiste il nucleare civile (oltre sessant’anni), sono state sviluppate diverse generazioni di reattori a fissione, prima, seconda e terza, più una terza generazione plus, che è la tecnologia più avanzata disponibile oggi, realizzata in almeno due siti diversi (Olkiluoto in Finlandia, Flamanville in Normandia). Questa è l’unica opzione industriale disponibile ora sul mercato. Vuol dire che, se decidessimo di fare l’investimento e trovassimo una localizzazione possibile e condivisa (problema la cui difficoltà non è difficile immaginare …), sarebbe solo su questo prodotto che potremmo contare, oggi e nei prossimi anni, il resto essendo ancora allo stadio di ricerca, più o meno avanzata. Bisogna a questo punto sapere che il nucleare esistente (terza generazione plus) è un prodotto di estrema sofisticazione tecnologica e costi di impianto elevatissimi, con tempi di realizzazione stimabili nell’ordine della decina di anni almeno. Dei due impianti sopra nominati, entrambi della francese AREVA, quello di Olkiluoto, un cantiere partito nel 2005, doveva essere avviato nel 2012: è stato accesso per la prima volta nello scorso dicembre 2021, con circa dieci anni di ritardo sul previsto, e andrà a regime, si spera, tra qualche mese. I costi di impianto sono lievitati di oltre tre volte nel corso dell’esecuzione del progetto, passando da circa quattro miliardi di euro a oltre dieci. Il secondo impianto, a Flamanville in Normandia, la cui costruzione fu avviata a fine 2007, non è ancora entrato in funzione e si spera che possa produrre elettricità dall’inizio del prossimo anno, anche qui con circa dieci anni di ritardo sul previsto. I costi sono passati dai previsti cinque miliardi a quasi venti. Questa enorme mole di problemi, sia tecnici che economici, è sostanzialmente tutta riconducibile alla estrema difficoltà riscontrata nello sviluppo e nella messa a punto degli impianti sotto il profilo della sicurezza. Gli standard richiesti, e progressivamente aggiornati, hanno costretto a riprogettazioni, modifiche, nuove certificazioni, che hanno fatto sì che il processo di realizzazione degli impianti si sia allungato in maniera abnorme fin quasi a vent’anni. Anche ammesso che i prossimi impianti possano beneficiare dell’esperienza accumulata, è illusorio pensare che per la loro costruzione possano servire meno di dieci anni, oltre al tempo, difficilmente quantificabile, per individuare i siti di costruzione, contro la prevedibile avversione delle popolazioni locali. È vero che Macron ha annunciato la costruzione di ben sei nuove centrali (in trent’anni …), ma la Francia deve cercare di ammortizzare i mostruosi extra costi degli impianti esistenti e le localizzazioni sul territorio le risolve d’imperio, centralmente, in virtù di una impostazione statale di stampo … napoleonico. Da quanto sopra si evince che qualsiasi discussione sul nucleare non riguarda l’oggi, né il domani, né il dopodomani. Riguarda una programmazione pluridecennale che nulla ha a che vedere con le ambasce in cui siamo costretti a dibatterci per il futuro prossimo. In conclusione, la ricerca DEVE andare avanti, senza indugi né avarizie, in tutte le direzioni che la scienza suggerisce. Nell’immediato, le strade sono essenzialmente: - l’incremento, rapido e senza inutili intoppi burocratici, delle rinnovabili classiche (solare, eolico, geotermico, idroelettrico), puntando a sviluppare filiere industriali autonome
- il risparmio energetico e l’efficientamento dei consumi
- il riequilibrio geografico e tecnico delle fonti di approvvigionamento dei combustibili fossili, indispensabili per molti anni ancora, per ridurre i rischi derivanti dai monopoli di fornitura.
Quanto al nucleare attuale, potrebbe essere saggio aggregarsi ai progetti francesi, ammesso che essi vadano avanti come promesso da Macron, cofinanziando gli impianti in cambio di forniture garantite. Questo salverebbe anche le competenze scientifiche e tecnologiche di cui l’Italia dispone in abbondanza e che mai e poi mai dovremmo smantellare. La scienza deve sempre guardare avanti e non deve essere vincolata da scelte contingenti, né da inutili battaglie ideologiche. Non si devono quindi fomentare sommarie campagne mediatiche, mentre si deve prestare attenzione a non illudere l’opinione pubblica che la scelta sul nucleare possa aiutarci a passare un prossimo (o anche quello dopo …) inverno migliore.
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