Comincia un altro anno, esattamente da dove è finito quello precedente. Pare ovvio, ma dovremmo convincerci che “domani è un altro giorno”, sempre, a prescindere dall’anno. Nel mondo ci sono molti capodanni diversi: oltre al nostro, c’è quello cinese, quello ebraico, quello indù, quello musulmano, quello tibetano, e chissà quanti altri ancora. L’egemonia della cultura occidentale, nonché ineluttabili esigenze commerciali, ha fatto sì che sinora il nostro Capodanno (cristiano) sia quello più “praticato”. In realtà l’evento astronomico notevole (e quindi oggettivo) è il solstizio, il 21 o il 22 di dicembre, che rappresenta il momento in cui il sole raggiunge il punto più basso (o più alto, nell’altro emisfero) della sua traiettoria annuale apparente (in realtà, com’è noto, siamo noi con la Terra a girargli intorno, con l’asse di rotazione inclinato rispetto all’orbita …): dal momento del solstizio, le giornate ricominciano ad allungarsi qui da noi ed accorciarsi nell’emisfero australe. E via così. Tutto è relativo, e la fine dell’anno è del tutto convenzionale. Ciononostante noi la festeggiamo, nella illusoria speranza che il punto fermo del 31 dicembre segni un passaggio in qualche modo notevole. Non mi dilungo oltre, altrimenti faccio concorrenza all’ultimo sempre più vaneggiante Beppe Grillo … Gianni Rodari, uno serio, diceva che l’anno nuovo “sarà come gli uomini lo faranno”. E come lo faranno? Come lo hanno sempre fatto: bene, male, così così, da stupidi o geniali, da vili o coraggiosi, da avidi o generosi, con l’odio o con l’amore. Oppure con una miscela di tutto ciò. Da questa parte del mondo ci sentiamo addosso tanta responsabilità: magari con un po’ di presunzione, crediamo di essere più bravi, di avere tanta storia alle spalle, di avere imparato dagli errori fatti, di avere raggiunto uno stadio dell’evoluzione che ci garantisce una vita decente; non sempre e non a tutti, ma comunque progressivamente migliore nel corso del tempo. Abbiamo capito, e scritto nella Costituzione, che la guerra non è “mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, ma qualcun altro non l’ha capito, e allora ci troviamo coinvolti in vicende che non vorremmo né vedere, né tanto meno vivere. Ma ci sono, e tocca farci fronte. Tante cose avremmo capito, e pure scritto, ma siamo ben lungi dal sapere come metterle in pratica. Ci si prova, si fallisce, si riprova, si migliora, a volte si peggiora, si ricomincia da capo ... È il mestiere di vivere. Chi ama la politica (chi la ignora non sa cosa si perde …) crede che tutto possa essere migliorato, con tempi e mezzi praticabili. Crede che sia possibile mettere mano al mondo e farlo diventare un luogo un po’ più vivibile. In effetti, non c’è paragone con ogni tipo di passato … la buona politica esiste, checché ne dica un superficiale e un po’ squallido senso comune. Ma è un dato di fatto che esistono interessi contrastanti, abitudini e stili di vita molto diversi e pretendere che tutti la pensino allo stesso modo è illusorio, e pure non corretto. Certo che sopportare Putin è cosa pressoché impossibile. Ciononostante, da qualche parte si dovrà pur andare a parare. Prima o poi, qualcuno farà capire a lui o a chi per lui, con le buone o con le cattive, che è l’aggressione a dover cessare, non la resistenza degli aggrediti. Deve pensarci appunto la politica, usando tutti i mezzi necessari, compresi i missili. Ma la politica è anche altro: Mattarella l’altra sera ci ha signorilmente ricordato (soprattutto a qualcuno del Governo, forse un po’ distratto …) che la Repubblica è di chi paga le tasse e che la scienza, la sanità, l’istruzione non sono a disposizione dei capricci del primo che passa, ma sono fondamenti delle società moderne che, senza, sono indifese da tutto e da tutti. Ci ha invitato a non aver paura del futuro, anzi, ci ha sfidato a costruirlo a misura d’uomo e di donna. Questo Governo di destra, finora largamente inadeguato, ci costringerebbe ad essere costruttivi, a non perderci dietro inutili polemiche ideologiche. Questi hanno in mano il potere, fanno e faranno: a noi dell’opposizione spetta il compito di far vedere chiaramente che esiste ed è praticabile un’alternativa fatta di provvedimenti diversi, fattibili e migliori. Spetta anche il compito di non assumere posizioni preconcette e conflittuali a prescindere. Non servono a nulla: anzi rafforzano la precaria coesione della maggioranza. Per disarticolarla, bisognerebbe metterla di fronte alle contraddizioni, alle incoerenze, alla sua inadeguatezza tecnica e culturale, e costruire così un’alternativa credibile. Contrapporre populismo a populismo è quanto di più deleterio si possa immaginare. Speriamo che tutta, o almeno buona parte dell’opposizione lo capisca e si comporti di conseguenza. Serve un punto di riferimento consistente, non una protesta vociante e scoordinata. C’è da riformare la Costituzione, ormai lo capiscono tutti, c’è da riformare la giustizia, mai stata così squinternata e inaffidabile, c’è da riformare la sanità pubblica, la scuola, l’università, il mercato del lavoro, da gestire la transizione energetica e quella digitale, il cambiamento climatico, ci sono riforme che sono urgentissime da tempo, ma che adesso sono anche condizionanti per i soldi del PNRR, di cui abbiamo bisogno più dell’aria. Non si può lasciar fare alla destra, alzando barricate ideologiche, identitarie ma ininfluenti. Bisogna mettersi in gioco e sfidarla a fare sul serio, a confrontarsi, ad uscire dalla propaganda e scendere sul terreno programmatico. Questi, da soli, o non faranno nulla, o faranno danni grossi. Bisogna avere la forza di metterli continuamente di fronte alle loro responsabilità, senza ammiccamenti né complicità, ma con fermezza e convinzione. Del tutto inutile fare affidamento su Conte e i cinquestelle, sempre più persi dietro al loro populismo vaneggiante; è il PD che deve muoversi, una volta che avrà chiarito su che strada vuole camminare. L’esito del più sgangherato congresso di tutti i tempi ci riguarda tutti. Come riguarda tutti la costruzione del partito riformista, detto Terzo Polo. Abbiamo bisogno di ricostituire, con pazienza ma senza indugi, un’alternativa di governo a questa improvvisata e inaffidabile classe di governo. Sarebbe opportuno che i media “di area” lo capissero in fretta, così come molti cosiddetti intellettuali, sempre più persi dietro al loro narcisismo. Chiedo troppo? Non mi pare, ma in quel momento convenzionale, che chiamiamo inizio d’anno, è lecito sperare, senza però dimenticare di fare tutti i compiti a casa. Già dopo la Befana arriveranno le prime interrogazioni e bisognerà arrivarci preparati … Auguri a tutti, belli e brutti.
|