La cosiddetta “deterrenza atomica” si fonda sul fatto che i contendenti sono consci che una guerra con armi nucleari non potrebbe essere vinta da nessuno, perché porterebbe inevitabilmente alla distruzione di tutte le parti in conflitto. Gli arsenali atomici, pur ridotti con i trattati vigenti, sono più che sufficienti per cancellare ogni forma di civiltà dalla faccia della terra e le capacità di reazione all’eventuale primo attacco sono tali da escludere la possibilità di un colpo senza ritorsione. Sulla base di questi principi, piuttosto ovvi anche se terrificanti, dagli anni Cinquanta del secolo scorso si è instaurato quello che con un po’ di enfasi letteraria è stato definito “l’equilibrio del terrore”. E in effetti ha funzionato, evitando scontri su larga scala come quelli devastanti avvenuti nella prima metà del Novecento. Non che siano scomparse le guerre (ce ne sono state e ce ne sono di continuo, specie “in periferia”), ma esse sono rimaste tutte ad un livello di intensità militare e geografica tale da impedire funeste escalation. Oggi, anzi da un anno, non sembra essere più così. L’aggressione di Putin all’Ucraina, avviata militarmente giusto dodici mesi fa, ha sconvolto questi già precari equilibri. E sì, perché Putin ha deciso di condurre un’azione puramente ostile e unilaterale (checché ne vada cianciando nei suoi farneticanti discorsi), sfruttando la “deterrenza” al contrario di quanto avvenuto per oltre settant’anni. Non più “non vogliamo fare la guerra perché sarebbe l’ultima per tutti”, ma “io faccio la guerra perché tu non puoi farmi nulla, pena la catastrofe nucleare”. Non più “deterrenza” ma “esplicita minaccia”, o ricatto, se vogliamo essere più chiari. Forse anche un bluff, ma tu vallo a "vedere" …! La differenza è evidente: una delle parti dotate di armi nucleari le usa per coprire azioni convenzionali brutali e imperiali, sapendo di non poter essere contrastata più di tanto, vista la comunque enorme disponibilità di ordigni. Putin lo dice ormai apertamente: ho la bomba e non potete toccarmi. Quindi faccio come voglio, con l’Ucraina adesso, e poi chissà … È un atteggiamento non consueto. Finora tutti avevano sempre sostenuto, più o meno ipocritamente, di volere la pace e di adoperarsi per essa, seppur con lo scudo delle armi. Le bombe stavano nei silos, come le pistole nelle fondine del pistolero, costituivano minaccia e deterrenza, ma almeno a parole l’obbiettivo era sempre il mantenimento della pace. Anche le guerre di Corea, il Vietnam, l’Afghanistan, e poi l’Iraq, restavano confinate ad episodi circoscritti e mai a nessuno venne in mente di minacciare il ricorso all’arma finale. Ora non più. Putin è costretto a ricorrere ad un paradossale ed incredibile capovolgimento della realtà a tutti nota (“hanno cominciato loro, noi ci stiamo solo difendendo …”), per poter dare una parvenza di credibilità alla sua minaccia nucleare. Dice: “Non le useremo mai per primi, però …”. Come ogni dittatore, non ha alcuna remora nel sovvertire la realtà fattuale, se questo gli torna comodo. Direbbe (e dice) le più spudorate bugia, gli dovesse tornare utile per qualche motivo. Un dittatore non si ritiene vincolato a nulla che non sia la sua personale e particolare verità. Ecco che dunque l’Occidente si trova a dover gestire una situazione nuova: per la prima volta una cosiddetta grande potenza minaccia e sfida: fermami, se hai il coraggio …! La sfida è mortale, lo capiamo tutti. Va in crisi anche l’equilibrio di Nash, che presuppone che i giocatori giochino “razionalmente”, cosa avvenuta finora, per settant’anni. Invece questo dittatore se ne fotte della razionalità e sfacciatamente dichiara la sua volontà di potenza. Fermarlo non sarà facile: bisogna isolarlo, ma nessuno può scommettere sulla razionalità della reazione di un dittatore isolato e all’angolo. In realtà Putin non dovrebbe essere dov’è, ma purtroppo c’è, e non pare affatto pericolante. Serve molto sangue freddo e molta pazienza. Il tempo non gioca a suo favore e non si può escludere nemmeno un brusco cambiamento nel sistema di potere in Russia. Ma se anche ci fosse, sarebbe in meglio o in peggio? Purtroppo il popolo russo, che in teoria sarebbe l’unico ed il più intitolato a liberarsi di un capo così pericoloso, non pare avere né la voglia né la forza per nemmeno provarci: troppi anni di regimi, tutti ugualmente liberticidi, tutti imperiali, tutti oppressivi e violentemente condizionanti, dagli Zar ai Soviet, da Stalin fino a Putin, sempre gonfiati da una palese o celata, ma sempre nefasta, propaganda della Chiesa Ortodossa Russa, hanno schiacciato qualsiasi sentimento o anelito di libertà. Si bevono la verità di Putin come i tedeschi si bevevano quella di Hitler, o i nostri padri quella di Mussolini. Figure improbabili, quasi surreali, macchiette della Storia, ma dotate di uno smisurato potere, sostanzialmente incontrastato, almeno all’interno. Per questo serve qualcuno che agisca da fuori. E non possiamo essere che noi, noi Occidentali, noi democratici, che difendiamo con le unghie e con i denti un sistema politico e sociale largamente imperfetto ma incommensurabilmente più “umano” di ogni possibile “democratura”. ... Anche se, mentre qualcuno ci minaccia con l’ordigno “fine-di-mondo”, noi troviamo il tempo per discettare sull’opportunità di un concerto di Paolo Conte alla Scala, su un tweet di Fedez o sull’abbigliamento da sci di Carlo Calenda. Che impagabili bontemponi siamo …! Forse neanche la Bomba riuscirebbe a distruggerci …
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