È più forte di lei, non riesce a trattenersi … e quindi insiste. La nostra ineffabile Presidente giorni fa ha redarguito il Commissario Gentiloni perché non aveva avuto, a suo giudizio, “un occhio di riguardo” per l’Italia. L’altro ieri, di fronte alla magnifica notizia (per noi riformisti, per loro sovranisti un po’ meno …) del nuovo incarico a Mario Draghi per elaborare un rapporto sulla competitività dell’Unione Europea (il nostro Draghi ancora sulla scena …), di nuovo la Presidente ha detto di sperare in un “occhio di riguardo”, anche da Draghi. Due indizi fanno (quasi) una prova, diceva Agatha Christie. Questo Governo evidentemente non riesce a sfuggire alla logica nazionale dell’aiutino, della raccomandazione. Per i campioni della maggioranza, l’UE è una specie di cerbero da blandire ed ingraziarsi, sperando in un trattamento di favore. In ogni caso la UE è un corpo estraneo, un “altro da sé”, la maestra che ti giudica, ti bacchetta e dalla quale speri di ricevere, bontà sua, un po’ di benevolenza. Tutto ciò è sconsolante per chi si sente europeo, prima che italiano. I nostri governanti non considerano l’UE come un organismo di cui sono parte integrante, ma come un club di rompipalle al quale devi aderire per essere invitato alle occasioni ufficiali; comunque un’entità che tendenzialmente ti ostacola e ti danneggia e per questo non puoi che sperare in un “occhio di riguardo”, che sia da Gentiloni, da Draghi, e anche dall’anonimo funzionario di Bruxelles, che casualmente è italiano, come se l’italiano a Bruxelles fosse un infiltrato che è tenuto a riferire alla casa madre. Insomma, per i sovranisti l’UE è una sovrastruttura che limita la sovranità (appunto!), che impedisce di agire liberamente, che ti pone lacci e lacciuoli e che, se fai il bravo, a volte ti dà anche un dolcetto per ricompensa (nel nostro caso un dolcetto da oltre 200 miliardi di euro). Inutile illudersi: questa è la filosofia dei sovranisti, che si tratti di Meloni, di Orban, del polacco, del ceco, con gli accoliti vari di Visegrad. Si capisce perché Draghi, che è uomo di mondo (e non perché abbia fatto il militare a Cuneo), nel suo articolo programmatico sull’Economist giorni fa ha scritto nero su bianco che servono “nuove regole e più sovranità condivisa”, che bisognerà “evitare gli errori passati, espandendo la periferia senza rafforzare il centro”, perché “le strategie che hanno garantito in passato prosperità e sicurezza sono diventate insufficienti, incerte o inaccettabili”. Se questo è il pensiero di Draghi, allora la nostra povera classe dirigente, incapace di pensare in grande e di interloquire su quei temi, cosa può fare se non chiedergli un aiutino, “un occhio di riguardo”? Ad essere franchi, non si può negare che nella UE ci siano e vengano protetti anche gli interessi nazionali. Sarebbe sciocco non riconoscerlo. Ma chiedere apertamente l’”occhio di riguardo” è sintomo di sottomissione, di piccineria, di provincialismo, e soprattutto segno che il rapporto con l’istituzione è vissuto come conflittuale e non da protagonista a pari titolo con gli altri grandi Paesi Fondatori. “Siate buoni con noi”, si chiede un po’ ingobbiti, sottintendendo che nel frattempo ci faremo il più possibile gli affari nostri … furbi gli italiani … Ecco, questo è il lato peggiore e più pericoloso di questa maggioranza, che l’UE non l’ha mai digerita e invece con essa adesso deve fare i conti, piaccia o no. Non è solo l’inadeguatezza ad affrontare in modo efficace le sfide che il Paese deve fronteggiare, ma piuttosto questo provincialismo, questa convinzione che da soli facciamo meglio, questa avversione profonda ad ogni cessione di sovranità, che poi sono i pericoli denunciati da Draghi. Per quanta realpolitik possano tentare di praticare Meloni e soci non ci si potrà mai aspettare da loro un approccio positivo verso l’integrazione. Questo significa che inevitabilmente scivoleremo verso la periferia dell’Unione, tra i Paesi piagnoni e questuanti, fuori dalle sedi dove si prenderanno le decisioni che contano. E quando finalmente si arriverà (perché prima o poi ci si arriverà) a prendere le decisioni a maggioranza e non all’unanimità in Consiglio, noi ci troveremo sempre in minoranza, noi Paese Fondatore, all’opposizione del governo dell’Unione, insieme a Orban. Non è uno scenario esaltante. D’altronde, sperare in una resipiscenza del Governo sovranista sul tema mi pare cosa del tutto insensata. Più che un “occhio di riguardo”, da Mario Draghi auspicherei quindi un’azione di pressione decisa sui nostri governanti, del tipo “whatever il takes”, per costringerli ad un atteggiamento più costruttivo ed europeista. E non tanto per motivi ideologici, per amore della bandiera a 12 stelle e dell’Inno alla Gioia, quanto piuttosto perché è quella la vera, autentica, sola e pura convenienza che il nostro Paese, da sempre legato a filo quadruplo con l’Unione, può sperare di ottenere nei prossimi decenni. Il resto è fuffa per gonzi.
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