“… Coraggio Presidente, contiamo su di Lei.” Qualche settimana fa avevo auspicato che la saggezza di Sergio Mattarella mettesse riparo all’ennesimo tentativo di condizionare ope legis, in via preventiva, la ricerca ed il progresso della scienza della alimentazione. Si parlava di carne coltivata … Dopo il tentativo fallito oltre un anno fa (sempre grazie al Presidente, sollecitato da tutta la comunità scientifica) di riconoscere per legge l’imbroglio della agricoltura biodinamica, ora di nuovo la parte più retriva del quadro politico italiano, dal ministro Lollobrigida in giù, con la complice astensione di gran parte dell’opposizione, ha tentato di bloccare in modo preventivo il possibile sviluppo (ancora tutto da sperimentare e certificare) della cosiddetta carne coltivata. Per promulgare la legge che la vieterebbe, il Presidente Mattarella ha infatti preteso dal Governo un atto formale con l’impegno a modificarla secondo le osservazioni che verranno dalla Commissione Europea, cui la legge è stata nel frattempo notificata. Dato che l’argomento non è stato ancora normato da nessuno Stato né dall’Unione e che non è vietabile in via preventiva una cosa che non è nemmeno stata proposta, la legge resterà a lungo nei cassetti, a perenne testimonianza del provincialismo e della mancanza di visione della nostra classe politica. Nel frattempo vengono diffuse notizie sulla concreta possibilità di produrre latte e latticini senza le mucche, con procedimenti di accrescimento molecolare del tutto simili a quelli usati per la carne. Israele è all’avanguardia nella ricerca e la Food and Drug Administration in USA ha dato un primo via libera. Non oso immaginare la reazione del Ministro cognato capostazione, legato a doppio filo con la Coldiretti, il cui Presidente Prandini ha aggredito in piazza Montecitorio un paio di deputati radicali, colpevoli di non essersi piegati ai voleri della sua organizzazione. Coldiretti, da buona corporazione, ha tutto il diritto di pensarla come vuole ed agire per difendere quelli che ritiene essere i diritti primari dei suoi associati. Sbaglia di grosso ma, se non mena le mani, tant’è. La classe politica invece ha il dovere di ragionare in termini di interesse generale, senza piegarsi agli interessi particolari di una corporazione. E qui di questo si tratta: di interessi particolarissimi, difesi a prescindere, prima ancora che ci siano elementi per capire se e quanto essi siano davvero minacciati. Un altolà pregiudiziale, un’ennesima bandiera populista, da sventolare davanti al popolo bue (coltivato, sintetico o naturale?). Che questo Governo di destra sia incapace di entrare nel merito delle questioni, di occuparsi dell’interesse generale, e quindi faccia sponda a questa operazione, non sorprende. Il populismo non è acqua … Sorprende invece l’ignavia dell’opposizione che, pur di non contrariare la potente Associazione, si è farisaicamente astenuta in Parlamento, aspettando e confidando che fosse Mattarella a toglierle le castagne dal fuoco, come in effetti ha fatto (bravo, Presidente!). Per carità, anche questa è politica, ma io vorrei sperare che non serva ispirarsi a Francis Underwood della famosissima “House of Cards”. Preferirei che affrontassimo i problemi in maniera diretta, preparando il futuro che, ci piaccia o no, sta arrivando. Il problema dell’alimentazione dei dieci miliardi di persone che prossimamente abiteranno il pianeta non si affronta con anatemi e sbarramenti preventivi. A quelle persone la scienza prima, e la politica poi, devono dare una speranza di potersi alimentare in modo adeguato, predisponendo mezzi, strumenti e tecnologie. Grazie alla ricerca scientifica l’obbiettivo oggi non è impossibile come potrebbe sembrare: la carne, il latte e chissà che altro in futuro, ottenuti in modo rispettoso dell’ambiente e della salute umana, sono assolutamente essenziali per nutrire tutto il mondo, senza finire di sfasciarlo dal punto di vista ambientale. Qui non si tratta di sostituire l’alimentazione tradizionale, ma di integrarla in modo compatibile ambientalmente, fisiologicamente ed anche economicamente, visto che viviamo in un’economia di mercato. Fare finta di niente non è buona politica. È così difficile da capire che già oggi stiamo producendo cibo in modo poco compatibile con l’ambiente, oggi che siamo sette miliardi e che quasi due hanno ancora molto poco da mangiare? Quando saremo dieci miliardi e tutti (ripeto, tutti, perché questo è il dovere delle società organizzate) dovranno mangiare in modo decente e dignitoso, dove si persa di reperire le risorse necessarie? I terreni coltivabili, gli allevamenti per la carne, le stalle per il latte, l’acqua e l’energia, tutte attività tremendamente impattanti, per consumi ed emissioni, su un ambiente già profondamente stressato? Vogliamo cullarci nel sogno di società bucoliche di mulini bianchi e alberi degli zecchini o vogliamo preoccuparci di sviluppare conoscenze, tecnologie e prodotti, che aiutino ad affrontare e risolvere il problema? Dovremmo dire grazie a chi sta lavorando in questo senso e non dare voce alla conservazione, becera e provinciale, che preferisce chiudere gli occhi e vietare. Le tecnologie alimentari, dagli OGM alla coltivazione molecolare, sono le uniche che ci permettono di sperare in un futuro più equilibrato e rispettoso dell’ambiente nel quale viviamo. Ovvio che devono essere prese tutte le precauzioni: è compito degli Stati vigilare, guidare, orientare, non vietare, prima ancora che si produca qualche risultato concreto. Abbiamo permesso per secoli, e ancora la permettiamo, la coltivazione intensiva del tabacco da fumo, ben consci della sua pericolosità sociale, permettiamo (senza opporci in modo drastico) la coltivazione diffusa di papavero da oppio, ben conoscendo gli effetti che produrrà. E adesso vogliamo impedire tecnologie che, se ne sarà provata la sicurezza, possono andare incontro alle necessità alimentari di miliardi di persone, che altrimenti aspetterebbero invano cibi tradizionali in misura e qualità adeguate? Da che mondo è mondo la specie umana ha manovrato la natura per trarne alimento e benessere. L’ha fatto con risultati non sempre apprezzabili, ma nessuno ha mai pensato di fermarsi e non fare nulla. Se non vogliamo il futuro distopico della peggiore fantascienza dobbiamo preparare un futuro decente, utilizzando con criterio tutto quello che la scienza mette a disposizione. Le abitudini alimentari cambiano in fretta: vent’anni fa chi mangiava pesce crudo fuori del Giappone e zone limitrofe? E noi piemontesi, che ci godiamo la battuta di carne cruda, siamo cannibali? E lo stesso varrà per la farina di grilli o chissà che altro. L’importante è che la società sia in grado di capire, di guidare, di controllare, e vigilare sulla catena alimentare, senza assoggettarsi alle multinazionali del cibo e salvaguardando la qualità delle filiere corte. È possibile farlo. Basta volontà e coraggio nel fronteggiare le resistenze corporative di chi bada solo al suo immediato tornaconto, lamentandosi che tutto va male, che non è più come una volta, che non c’è lavoro, che, signora mia, non ci sono più le mezze stagioni … Il mondo cambia e la politica deve fare la sua parte, che non è quella di difendere l’esistente, ma di sforzarsi per migliorarlo. La carne, che la destra vuole chiamare “sintetica” per renderla repellente, ma che sintetica non è affatto, sarà una possibilità in più per tutti, altro che “poveri che mangiano sintetico e ricchi che mangiano naturale”, secondo la comunicazione populista della Presidente del Consiglio. Non è l'ennesima diavoleria moderna. In realtà, diabolico è permettere che intere aree del mondo vivano sotto i limiti della sussistenza, salvo lamentarsi che le persone si muovano in cerca di una vita migliore. Di sintetico c’è solo l’ignoranza di chi taglia corto e non provvede.
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