La democrazia è una rappresentazione complicata: un vero kolossal con molti attori. Ci sono i legislatori, in due pletoriche Camere uguali, i governanti, i magistrati con il loro CSM, i garanti e i controllori, come il Presidente della Repubblica, la Corte Costituzionale e le Authority, e poi i media di ogni genere, i partiti, di maggioranza e di opposizione, i sindacati, il terzo settore, le Regioni, i Comuni, e infine pure i cittadini, che di tutto questo ambaradan sarebbero legittimamente i padroni assoluti. Il problema è che i cittadini sono tanti e tutti diversi: non se ne trovano due con la stessa sensibilità verso la cosa pubblica. Per questo servono regole ed organizzazione. E anche un po’ di fiducia nel prossimo, altrimenti il sistema va in difficoltà e non funziona, generando insoddisfazione, se non rabbia incontrollata, nei cittadini. Tutti questi attori sono legittimi portatori di interessi, ma tutti dovrebbero avere l’interesse comune di coordinarsi per mandare avanti la baracca, ammesso che accettino l’idea dell’esistenza di una baracca comune (e molti fanno orecchie da mercante). Se ognuno guarda solo il proprio orticello, non si va lontano. E infatti abbiamo più di un problema, senza che Houston possa darci una mano a risolverli … Guardarsi in cagnesco non serve a granché, meglio sarebbe esercitare ognuno il proprio ruolo con intelligenza ed onestà intellettuale, ma questo sembra il classico wishful thinking, un pio desiderio. La realtà è che ognuno tira la coperta dalla sua parte e a qualcun altro si gelano i piedi. Siamo quindi condannati al disordine, alla conflittualità perenne, al colpo basso, agli insulti, spesso alla rissa da cortile, disponendo perfino di un perfetto ring quali sono diventati i social, senza regole e senza un minimo di civiltà? Non possiamo illuderci di avere soluzioni di pronta applicazione, dobbiamo essere coscienti che il problema è complicato assai e che la nostra vita deve svolgersi attraverso le continue difficoltà che un sistema niente affatto perfetto e con tanti legittimi attori protagonisti inevitabilmente crea. Certo, sarebbe bello che non fosse così, ma anche solo un minimo di onestà intellettuale ci persuade a guardare la realtà per com’è e non per come vorremmo che fosse. Non tutti, però, visto che, nel gioco della complessità, a qualcuno viene bene raccontare balle, far credere che invece si possa semplificare ciò che è complicato e finalmente vivere tutti felici e contenti, come nelle fiabe. Ricette semplici: ci vuole un capo forte e deciso che sa quel che serve, si punisce duramente chi sbaglia (butta via la chiave!) senza tanti sofismi, si controlla l’eccessiva libertà di dire la propria (che fastidio!), si decide in fretta e in pochi, si fa riferimento a valori chiari e convincenti come l’identità, la patria, la nazione, la tradizione, la religione, i sacri confini, …, insomma la democratura. E c’è chi ci crede, o chi ci casca, purché gli si lasci fare il proprio comodo, senza interferire con i famosi “lacci e lacciuoli”. Come stupirsi allora che gli attori litighino tra di loro, cerchino di rubarsi la scena, usino mezzi e mezzucci di ogni tipo per farsi dispetti e sgambetti, per delegittimarsi a vicenda? Difficile starne fuori, perché basta un giocatore scorretto per inquinare l’ambiente, creare diffidenza, innescare ripicche e vendette, insomma per rendere tutto ancora più complicato. In realtà, sarebbe solo fisiologico per gli attori giudicarsi e controllarsi a vicenda, sarebbe naturale che in un sistema complesso nessuno potesse dichiararsi al di sopra delle parti, perché tutti sono parte in causa, e non ci sarebbe quindi lesa maestà se un politico contestasse un giornalista, come se un giornalista contestasse un politico, o un magistrato esercitasse la sua funzione essendo lui stesso soggetto al giudizio della opinione pubblica e degli altri attori. Il problema è che tutto dovrebbe avvenire in una dialettica regolata e non in una specie di wrestling, dove ogni colpo è permesso, ma dove nulla è vero fino in fondo, dove quella sensazione di circo, di gioco delle parti, rende poco credibili tutte le istituzioni. Questa situazione favorisce la sfiducia nelle capacità del sistema di governarsi, induce menefreghismo ed egoismo, impedisce miglioramenti sostanziali, ovvero le “riforme” di cui tanto si parla ma che difficilmente si riesce a portare a compimento, perché in tanti hanno poteri di interdizione e li usano senza farsi pregare. Servirebbe onestà intellettuale, pazienza, e molta competenza, perché per aggiustare meccanismi complessi non basta un manutentore avventizio, specie se poco dotato di senso dello Stato. Serve gente che sa quello che fa: avete presente Mario Draghi? Chi ha avuto la pazienza di leggermi fino a qui forse si starà chiedendo dove voglio andare a parare … Non lo so nemmeno io, in realtà … so solo che le nostre democrazie occidentali sono deboli, sono insidiate, hanno perso la spinta propulsiva (come disse Berlinguer del comunismo nel 1981) e non riescono ad infondere fiducia e spirito costruttivo nei cittadini. Si diffondono atteggiamenti semplificatori, uno schematismo infantile, un rifiuto di sforzarsi per elaborare soluzioni adatte alla complessità dei problemi. Si vuole tutto e subito, senza complicazioni, e chi se ne frega delle compatibilità economiche, delle compatibilità internazionali, dei principi e dei valori: gli ucraini si aggiustino, israeliani e palestinesi se la giochino tra di loro, il debito pubblico, ma chissenefrega … “Io speriamo che me la cavo” era il titolo di una raccolta, curata dal maestro D’Orta, di temi delle elementari, uscito nel lontano 1990. Ora quei bambini dell’entroterra napoletano saranno uomini fatti, non so in quanti se la siano cavata per davvero, ma noi siamo comunque arrivati fin qui e pare che non abbiamo molte idee su come venire fuori da questo pantano. Senza entusiasmo, senza gioia, senza fiducia nel futuro, non ce la caveremo di certo, e non riusciremo a salvare un mondo che per qualche tempo ci era parso perfetto, o almeno in via di perfezionamento. Altro che “fine della storia” … Mettiamo Trump in USA per altri quattro anni, teniamo Meloni al Governo fino al 2027, mettiamo Le Pen in Francia, con Erdogan, Putin e Xi Jinping perennemente al potere, più altri di quel calibro, e poi la nostra bella storia occidentale, densa di democrazia e di diritti, resterà sepolta nei libri di testo, ammesso che ci resti ancora qualcuno interessato a leggerli. Il catastrofismo non è mai stato nelle mie corde, ma i segni che abbiamo intorno non sono confortanti. Se qualcuno, ovvero noi tutti, vecchi, meno vecchi e soprattutto giovani, dall’Europa alle Americhe, non butta energia nel sistema per rinvigorirlo, rivitalizzarlo e rilanciarlo verso un nuovo futuro, questo evolverà in modo incontrollato verso una sempre maggiore entropia. E questa non è una buona notizia.
|