Oggi comincia l’era Trump e nessuno ragionevolmente può prevedere dove ci porterà. Si può obbiettare che un Trump l’abbiamo già visto all’opera. Vero, ma questo Trump è diverso, non è più un parvenu, ha quattro anni di presidenza alle spalle (2017-2020), ha dato ampia dimostrazione di disprezzo per la democrazia (il 6 gennaio 2021 non si può cancellare o derubricare a colorite intemperanze popolari …), non deve preoccuparsi per la rielezione, anche se potrebbe sempre brigare per cambiare le regole e correre di nuovo ... Si potrebbe anche obbiettare che un programma di governo ce l’ha, l’ha sbandierato in ogni modo cercando di épater le bourgeois, c’è anche riuscito, ha vinto ma, data la sua assoluta nonchalance verso qualsiasi tipo di coerenza, potrebbe non fare quasi nulla di quello che ha promesso o fare di molto peggio. Le “sparate” su Groenlandia, Panama, Canada, Messico sono solo smargiassate? Il suo mentore, un vecchio avvocato maccartista di nome Roy Cohn, omosessuale, morto nel 1986 di AIDS spacciato per cancro al fegato, pare gli abbia inculcato tre regole d’oro, che Trump ha dimostrato di tenere sempre ben presenti: - attaccare sempre, in ogni modo,
- negare tutto quello che ti disturba, mai riconoscere la sconfitta,
- sostenere che l’unica Verità è la tua e nessun’altra.
Negli ultimi anni è esattamente quello che ha sempre fatto, e gli è andata molto bene, perché il popolo lo ha rieletto senza incertezze, ed ora è lì, con un potere sterminato, difficilmente bilanciabile con i fragili strumenti della democrazia. Per questo è impossibile prevedere dove ci porterà. Conoscendo le sue linee guida, siamo obbligati a prenderlo molto sul serio e non ci basterà pazientare quattro anni per togliercelo dai piedi e sostituirlo con uno più “normale”. A parte che quattro anni sono piuttosto lunghi, non sappiamo chi verrà dopo e quindi bisogna subito predisporre linee di difesa e strumenti di attacco per non essere schiacciati in un angolo. Parlo al plurale, perché la cosa non riguarda solo gli americani, ma ci riguarda tutti da vicino, specie noi europei. Trump vuole chiaramente un’Europa al suo servizio, vuole mantenere ed accrescere la sua egemonia e non vede di buon occhio un’Unione Europea che potrebbe costituire, pur da alleato, un forte interlocutore politico ed economico. Chiaramente, Trump mira a trattare con i singoli Paesi dell’Unione, in modo da essere sempre la parte più forte. Alcuni Paesi europei potrebbero anche gradire la parte del vassallo privilegiato, illudendosi di poter spuntare condizioni migliori: Meloni mi pare ben avviata su questa strada. L’Europa sta correndo pericoli tremendi, schiacciata com’è tra le forza dell’America, la tracotanza putiniana e le mire egemoniche cinesi: si spera che la sua classe dirigente capisca il pericolo e si comporti di conseguenza. Ciò significherebbe subito una Forza Armata comune, una politica estera comune, un accesso comune al mercato dei capitali per finanziare le spese necessarie, un rafforzamento dei meccanismi decisionali, superando l’anacronistica e paralizzante regola dell’unanimità e procedendo a maggioranze variabili, stipulando trattati specifici con chi ci sta. È ovvio che servono anni per portare a compimento tutto ciò, ma ci vuole invece pochissimo tempo per dare dimostrazione di una mutata volontà politica sia del Parlamento, sia della Commissione che del Consiglio Europeo. Per il COVID fu fatto, bene ed in fretta: la paura era tanta e funzionò da acceleratore. Ora la minaccia è più subdola ma più pericolosa: la Francia ha un nuovo Governo che pare funzionare, la Germania lo avrà a breve (si spera), noi italiani dovremo adeguarci, che piaccia o meno alla Presidente, che non avrà la forza di mettersi di traverso e, se pure lo volesse fare, non credo avrà la capacità “tecnica”, né il coraggio, per rompere un eventuale fronte europeo. Certo, se ci fosse un’opposizione coesa e presente, sarebbe tutto più facile. Non c’è e non ci sarà fino a quando continueremo a discutere della scatola e non del suo contenuto. Tutti i più avveduti politici (non sembra, ma ce n’è più d’uno …) lo stanno ripetendo, da tempo, in vari modi, con vari toni, sempre lo stesso concetto. Serve un’alternativa che possa vincere, non un’alternativa idealista e radicale, perennemente distinta, antagonista ed arroccata su ogni Aventino possibile. Bisogna aggregarsi su un programma per un Governo di centrosinistra, su obbiettivi chiari e vicini alle esigenze della gente. Il centrodestra copre sì e no un quinto dell’elettorato complessivo: c’è uno spazio enorme, a volerlo e saperlo coprire. Deve perciò partire al più presto una serie di iniziative sui territori, dal nord-ovest al nord-est, al meridione, che mettano insieme le forze economiche e sociali, gli intellettuali, la gente comune, tutti col chiaro intento di difendere lo Stato di diritto, lo Stato Sociale, gli strumenti democratici, attraverso l’Unione Europea, e non cercando impossibili rapporti privilegiati con l’Imperatore. Il Parmigiano Reggiano, o le scarpe, si salvano insieme allo champagne ed alle BMW … Capisco che tutto ciò possa sembrare un pio desiderio, una chimera, un’illusione ma, se non ci crediamo e non ci diamo da fare al più presto, verremo travolti dagli avvenimenti. Dobbiamo spingere l’Italia, e la parte più importante dell’Unione Europea, sulla strada giusta, che passa attraverso un’Unione più forte e coesa, e non più debole. Quando la Storia ci mette davanti problemi così inconsueti, anzi inediti, servono, e fortunatamente ce ne sono in giro, persone capaci, che abbiano idee e sappiano cosa fare, che capiscano le priorità e adeguino ad esse le loro azioni; non servono apprendisti stregoni, che ripropongono stantie ricette vecchie di decenni, che non hanno mai funzionato, neanche recentemente. Ci si può dispiacere dei ripetuti fallimenti, ma insistere vuol dire voler perdere, condannarsi all’irrilevanza, anche se mettendosi in pace la coscienza. Serve invece saper comprendere che non è il tempo delle distinzioni capziose, delle gelosie, dei veti incrociati, è il tempo dell’azione politica, dura, diretta, efficace. Se non lo capiamo, siamo fottuti, mi si perdoni il francesismo. … che qui la base continua a girare, chi non sa stare a tempo, prego andare. Perché ci vuole orecchio … per fare certe cose, ci vuole orecchio. (E. Jannacci, 1980)
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