Fin dagli albori della civiltà umana, e per molti millenni, l’umanità si è posta il problema di quale fosse la verità, ovvero distinguere il Vero dal Falso e chi avesse il diritto di deciderlo. Gli aruspici, i grandi sacerdoti, i faraoni, gli oracoli, Aristotele, e poi i saggi delle diverse Chiese, fino alle atrocità della Santa Inquisizione che, oltre a decidere cosa fosse vero e cosa falso, si arrogava anche il diritto di pretendere abiure o di torturare e mandare al rogo coloro che sostenevano qualcosa di contrario al Verbo. Per millenni, oltre al sostentamento e all’espansione territoriale, questa del Vero e del Falso è stata la principale preoccupazione della società umana, e il progresso della civiltà ha dovuto sempre fare i conti con questo problema che, mentre frenava la creatività e l’innovazione, supportava l’imposizione ed il mantenimento del potere assoluto. Poi, circa 400 anni fa, le mutate condizioni socioculturali e soprattutto l’ingegno di intellettuali come Giordano Bruno, e poi Baruch Spinoza e Galileo Galilei, quasi all’improvviso hanno fatto scoccare la scintilla della conoscenza. Fu la svolta. Epicuro e Lucrezio, un greco ed un latino, secoli prima avevano gettato semi, che però non avevano germogliato, sepolti sotto il peso dell’Autorità delle dottrine religiose, specialmente quelle monoteiste. Dal XVII secolo in avanti l’umanità ha trovato la soluzione alle annose questioni: cosa è vero? cosa è falso? chi lo decide? Era nata la scienza moderna che, basandosi sul metodo scientifico sperimentale, ha definito che è vero solo quello che si può provare, che si può misurare, che chiunque può replicare, che obbedisce ad un “modello” riconosciuto da tutti quelli che hanno le conoscenze appropriate. Il resto è falso. Un metodo “democratico”, aperto, ma fortemente basato sulla condivisione delle conoscenze. In appena 400 anni, nemmeno un ventesimo della durata complessiva della nostra civiltà, l’umanità ha ingranato un’altra marcia ed è schizzata verso il futuro. Senza la tremenda zavorra del dogma, gli esseri umani hanno spiegato le ali e si sono librati sulla realtà, questa volta dotati delle chiavi giuste per interpretarla. Era cominciata l’era Moderna, sancita dall’Illuminismo, dalle rivoluzioni liberali, dall’affermazione delle democrazie. Non che tutto da allora sia filato liscio, lo sappiamo, ma è innegabile che gli ultimi 400 anni di Storia siano stati un incessante susseguirsi di scoperte, invenzioni, creazioni, a ritmo sempre crescente, fino ai giorni nostri, quando ci pare di essere addirittura travolti dallo sviluppo della creatività umana. In effetti, questo rischio esiste eccome, e ci pone problemi che dovremmo affrontare in modo più cosciente, rapido ed efficace. Questo ampio preambolo segnala quindi che le difficoltà in cui ci dibattiamo oggi circa le fake news, i fact-checking, la libertà di espressione di ognuno, la capacità di influenzare il pensiero altrui, sono tutte angosce ben note, con le quali l’umanità si misura da millenni. Credevamo di avere trovato la chiave per risolverle, ma lo sviluppo tumultuoso delle conoscenze scientifiche, dei mezzi tecnici e tecnologici, delle condizioni sociali hanno fatto sì che antichi dilemmi ci si ripresentassero davanti agli occhi. E ci pare di non essere per niente attrezzati per affrontarli. L’ultima cosa da fare a mio parere è considerarli inciampi di poco conto, da superare di slancio con un po’ di politica, qualche norma o regolamento. Si tratta di problemi esistenziali dell’umanità e ad essi va dedicata tutta l’attenzione che meritano. A mio parere, è illusorio che Autorità, presunte terze, possano gestire il problema: se all’inizio esse possono essere volenterose e neutrali, ben presto esse possono diventare faziose e asservite alle volontà di qualche potente di turno. Perché mai un gruppo di fact-checkers agli ordini di Zuckerberg o di Musk, o di qualunque altro padrone di piattaforma, dovrebbe essere per definizione “corretto”? E se il fact-checking fosse gestito dalle Istituzioni, chi ci garantirebbe dalle possibili infiltrazioni o, peggio, dalla creazione di un vero Grande Fratello Istituzionale, capace di condizionare l’opinione pubblica col peso dell’Istituzione? Le istituzioni possono essere Trump, Orbán, o Erdogan, i neonazisti tedeschi o i neofascisti italiani … D’altronde, anche lasciare libero campo alla diffusione di bufale, notizie false, teorie strampalate, complottismi, calunnie e quant’altro è un’evidente ed intollerabile offesa e minaccia alla libertà dei cittadini. Di nuovo: cosa è vero? cosa è falso? chi lo decide? Il metodo scientifico? Il fatto è che il metodo scientifico ha funzionato e funziona egregiamente all’interno di una comunità (quella degli scienziati) che lo condivide e riconosce il valore della conoscenza: si tratta di comunità “razionali”, legate da processi logici condivisi. Oggi la rete, e quanto da essa discende, ha invece allargato la comunità a miliardi di persone, che non condividono né il metodo né le conoscenze da esso sottese, e non si riconoscono che nel proprio soggettivo punto di vista, qualunque esso sia e chiunque abbia contribuito a formarlo. Cervelli di tanti, esposti a tutto. Di nuovo dobbiamo constatare come la democrazia contenga in sé i germi della propria distruzione, e siamo noi e solo noi cittadini a poterla evitare. Serve quindi qualcos’altro, un complemento di pensiero creativo, che affronti il problema in modo razionale e “scientifico” … Ma la scienza aiuta poco, perché miliardi di persone nemmeno sanno cosa sia, i media sono parte del problema, perché fanno sempre riferimento a qualche potentato economico e politico. Non credo ci sia altra possibilità che allargare le conoscenze, istruire, formare, diffondere sapere e senso di responsabilità, in modo capillare, maniacale, continuo, a milioni e milioni di persone. Questo è il compito “storico” che dovrebbero assumere i partiti politici, le associazioni, la scuola, e dovrebbero assolverlo proprio sfruttando le enormi capacità tecniche della rete, ed oggi anche degli strumenti dell’Intelligenza Artificiale. Conoscenza e responsabilità: senza, la democrazia diventa democratura plebiscitaria, autoritarismo, culto della persona, fede cieca. Certo, alcune cose potrebbero essere fatte già da subito: l’abolizione di ogni forma di anonimato sulla rete, ad esempio, favorirebbe l’assunzione di responsabilità da parte degli utenti, sarebbe un grande segno di civiltà, darebbe un contributo alla trasparenza ed alla correttezza dei rapporti, ma da sola non basterebbe di certo. Intanto, andrebbe fatta da subito, comunque, almeno nei Paesi democratici: però la resistenza trasversale che questo provvedimento incontra è un indice di come continuare con l’incivile far-west attuale sia funzionale a chi vuol continuare a usare la rete mezzo di controllo e persuasione di massa. Chi si impegna in questa battaglia? Anche a sinistra si fanno orecchie da mercante, equivocando sulla libertà di espressione, che nulla ha a che vedere con l’anonimato. Anzi. Abbiamo davanti problemi molto grossi, dobbiamo esserne coscienti. Dobbiamo a tutti i costi evitare di ritrovarci, dopo secoli di entusiasmante progresso, razionalismo e libertà di pensiero, a fare i conti con gli ipse dixit dei tempi dell’inquisitore Bernardo Guy.
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