Il 25 Aprile non è la festa di tutti. Il 25 Aprile è la Festa della Liberazione e chi si libera, si libera da qualcuno che lo opprime. Nel nostro caso, fu la liberazione dai nazifascisti, ovvero dai tedeschi che occupavano ancora il nord dell’Italia, e dai fascisti della Repubblica Sociale Italiana, detta di Salò, fondata e presieduta (almeno sulla carta) da Benito Mussolini, fuggito da Campo Imperatore, sul Gran Sasso, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Il 25 Aprile 1945 l’Italia fu definitivamente liberata per opera delle truppe anglo-americane, con il fondamentale contributo dei partigiani della Resistenza. La Liberazione segnò la fine della lunga guerra fascista e della conseguente guerra civile, avviando il processo di trasformazione del Paese, che portò al referendum del 2 giugno 1946, all’Assemblea Costituente ed infine alla promulgazione della Costituzione della Repubblica, il 1^ gennaio 1948. È evidente che questo processo fu promosso da chi aveva vinto; chi aveva perso, coloro dai quali ci eravamo liberati, ovviamente non partecipò. La Repubblica Italiana nacque su queste basi e, essendo democratica, non chiuse le porte a nessuno. Anzi, per mano del capo dei comunisti, Palmiro Togliatti, Ministro della Giustizia, venne varata un’amnistia che cancellò i reati commessi da migliaia di persone, reintegrando ex-fascisti in posizioni anche di grande responsabilità nella gestione del Paese. Si cercò una difficile e forse impossibile pacificazione, indispensabile però per permettere la rinascita di un Paese distrutto sia fisicamente che moralmente prima dal Ventennio fascista, poi dalla guerra mondiale ed infine dalla guerra civile. Chi allora stava dalla parte dei perdenti (e non erano proprio quattro gatti …) non la prese molto bene: questi erano convinti di avere subito un’onta della Storia, loro che avevano creduto di compiere una Rivoluzione o che, più prosaicamente, avevano trovato nel regime fascista occasioni di arricchimento e di promozione sociale. Chiedere loro di essere contenti e festeggiare la Liberazione era opera perlomeno velleitaria. Fu permesso loro, forse con troppa magnanimità, di organizzarsi in partito politico, di usare la parola “Sociale” nella sigla MSI, un evidente richiamo alla Repubblica di Salò, e di entrare in Parlamento, dove restarono “fuori dall’arco costituzionale”, ma sempre a disposizione per eventuali operazioni di soccorso alla destra democristiana, che ospitava quelli che invece si erano riciclati con maggiore prontezza (il governo Tambroni nel 1960 fu un fulgido esempio del soccorso …). Per i missini la Festa del 25 Aprile è sempre stata un dito nella piaga non sanata della loro sconfitta, anche perché di distaccarsi da quella nefasta tradizione proprio non avevano voglia. E quando Gianfranco Fini finalmente ci provò, a Fiuggi nel 1995, si trovò presto il modo per metterlo fuori gioco, con l’attiva collaborazione di Silvio Berlusconi, che non gradiva concorrenti a destra. In tutti questi anni, dal 1945 in avanti, quel pezzo di popolazione rimasta per qualche motivo legata al vecchio regime non ha mai nemmeno preso in considerazione di mettere una pietra sopra alla nefasta esperienza del Ventennio ed accettare le posizioni di una destra europea, conservatrice ma saldamente democratica. Giorgia Meloni ha curato quell’elettorato, l’ha blandito, l’ha difeso e l’ha abilmente sommato ad un altro pezzo di elettorato di destra, quello che vede nel centrosinistra la radice di tutti i mali e voterebbe anche Belzebù. Non voglio entrare nel merito della questione, ma solo sottolineare che pretendere che quel Partito, quel popolo, con quelle origini e quelle radici, si dichiari antifascista, interiorizzi una Costituzione che NON ha scritto ma subìto, e festeggi pure la Liberazione, che in realtà è la festa per la loro sconfitta, a me pare del tutto improbabile. Certo, sarebbe auspicabile …, sarebbe opportuno …, dopo tanto tempo …, dopo tanta Storia …, ma quella parte di Paese che crede che si possa governare solo con l’autorità, con la legge del più forte, con l’uomo (o la donna) forte, con il mito antistorico della protezione dei sacri confini, con i valori retrivi e bigotti del “Dio, Patria e Famiglia”, non rinuncia alla sue mai negate radici e, adesso che ha vinto e governa (fortunosamente e per la dabbenaggine di certa sinistra), non è affatto disposto a cedere e aderire ai valori democratici occidentali. Col tempo, forse, qualcuno capirà, qualcuno smetterà la posa nostalgica e si avvicinerà ai modi della democrazia, pur su posizioni conservatrici, ma adesso il vento che spira non è favorevole, anzi è un vento di rivalsa, un vento che arriva forte anche da oltreoceano. Nessuno sa quanto durerà … Quindi, carissimi tutti, il 25 Aprile continueremo a festeggiarcelo tra dichiarati e convinti antifascisti e, anzi, dovremmo trovare il modo di festeggiarlo insieme per davvero, senza ulteriormente dividerci, litigare, menare le mani tra di noi, dando così l’ennesima dimostrazione di immaturità. Perché certa sinistra, settaria e poco democratica, non ha ancora capito nulla, o meglio non vuole capire, e poi qualcuno si diverte così …, come all’asilo. E adesso arriva il Primo Maggio, Festa di tutti i Lavoratori … Saremo capaci di festeggiarlo evitando le solite prodezze di chi non capisce che da questa parte del campo c’è la tolleranza, c’è l'accoglienza, c’è la dialettica, c’è, o ci dovrebbe essere, la sincera voglia di cambiare il mondo? Buon Primo Maggio a tutti.
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