In questi caldi (in tutti i sensi) giorni dopo-referendum, la Segretaria del PD Elly Schlein viene sottoposta ad ogni tipo di critica, ironia, perfino compassione … Non che non ce ne sia motivo …! In effetti, si è cacciata, lei col suo Partito, un po’ entusiasta, un po’ recalcitrante (nel PD è normale la coesistenza degli opposti, in barba ad Aristotele …), in un pasticcio di non piccola entità. Ha scelto di accodarsi ai fallimentari referendum di Landini (uno specialista del settore fallimenti …), pur sapendo che mai avrebbero raggiunto il quorum (e, se non lo sapeva e si è illusa, vuol dire che di politica davvero capisce proprio poco …), con la speranza di tenersi a contatto e marcare stretta l’ala più radicale e massimalista della sinistra, oltre che i populisti dell’azzimato Giuseppe Conte. D’altronde, è la missione che si è data sin dalla sua rocambolesca elezione a Segretaria di un Partito che non si è mai risolto del tutto ed è sempre restato in mezzo al guado, e pure con l’acqua alla gola. Pare stia bene così … Lei, Elly, proviene da quella parte della sinistra che è sempre stata movimentista, assembleare e casinista, che più che pensare ad andare al Governo ha sempre pensato a dimostrare la sua esistenza a quelli che già la pensano così e non hanno voglia di sforzarsi troppo. Spesso quella parte ha anche sfasciato irresponsabilmente esperienze di Governo tutt’altro che negative. Ma questa è un’altra storia, o forse no. D’altronde, quegli elettori esistono in natura, non sono pochi, sono molto difficili da tenere ai margini (altrimenti non si vince) e qualcuno dovrà pur parlarci: allora meglio Schlein che Fratoianni o Bonelli, ormai irrimediabilmente su posizioni identitarie, stra-minoritarie e senza ambizioni di guidare il Paese o l‘azzimato Conte, che ancora sogna di notte Palazzo Chigi e nessuno ha il coraggio di dirgli che la lotteria, se va proprio bene, si vince una volta sola. Ne bis in idem! Indipendentemente dai sistemi elettorali adottati, maggioritario, con le coalizioni da mettere insieme PRIMA, o proporzionale, con alleanze da fare DOPO le elezioni, sempre una maggioranza bisogna mettere insieme. Abbiamo già visto, tre anni fa alle politiche o l’anno scorso alle europee, cosa significhi andare sparpagliati. Una catastrofe. La destra ha vinto a mani basse pur rappresentando sì e no il 30% del Paese. Quindi, un consiglio che terrei a dare, pur non richiesto, è di lasciar perdere il movimentismo casinista di Schlein e concentrarsi sul resto dell’area di centrosinistra, essa sì fondamentale per vincere e poi governare per davvero, facendo cose e non chiacchiere. Invece di scandalizzarsi per le illusioni della Segretaria, che vorrebbe farci credere, a noi ed ai suoi seguaci, di avere già tutte le carte in mano per battere la destra, partendo dagli illusori 14 milioni di voti del referendum, cerchiamo di compattare il resto dell’area riformista, vero nucleo sul quale contare per il Governo del Paese. Facile a dirsi, ma almeno apparentemente impossibile a farsi, vista la polverizzazione dell’area in mille sigle di partitini, correnti e sottocorrenti, associazioni, think-tank, ed ogni tipo di aggregazione immaginabile. Ma comunque, che si aspetta a partire? La meta è chiara. Schlein, se sarà brava, catalizzerà l’area di sinistra radicale. Qualcun altro dovrà mettere insieme i pezzi della cosiddetta area riformista. Qualcuno per caso si illude che il PD torni quello omnicomprensivo di Veltroni e poi di Renzi, che recuperi il cosiddetto “spirito del Lingotto”, con annessa “vocazione maggioritaria”? Se anche lo facesse, e non lo farà, si spaccherebbe in pochi istanti e saremmo punto e a capo. Tanto vale allora lasciare che Schlein, con i suoi fedeli discepoli, continui l’opera di assimilazione delle ali estreme (con i migliori auguri di successo!), mentre noi riformisti, TUTTI!, organizziamo un Partito o qualcos'altro, purché sulla base di un programma di riforme, come si addice a chi si dichiara riformista. Difficile? Certo che lo è. D’altronde, qualcuno è così sprovveduto da non aver ancora capito che siamo in un momento tremendamente difficile e delicato? Possiamo arrenderci alle difficoltà e lasciare governare la destra per altri dieci anni, farle eleggere il prossimo Presidente, occupare ogni strapuntino di potere e anche le pro-loco di Paese. Oppure facciamo ciò che è necessario ed ormai improcrastinabile. Bisogna rompere gli indugi e cominciare a lavorare: il 2027 non è lontano e i problemi da discutere e portare a soluzione sono tanti e complessi. E poi (non finisce lì …!), messa insieme una piattaforma condivisa, bisognerà andare a confrontarsi con l’altra parte, quella mistica e sognante, che chiederà di mettere a programma la Rivoluzione, la pace universale, il cambiamento del modello di sviluppo (qualsiasi cosa esso significhi), il Paradiso in terra, l’amore galattico e la fratellanza cosmica. Va be’! Ne parleremo, qualcosa bisognerà concedere e forse qualche irriducibile non ci starà perché "mai e poi mai ...!", discuteremo PRIMA o DOPO le elezioni, a seconda della legge elettorale, e cercheremo di trovare la quadratura. Sono sicuro che quella riformista sia la vera maggioranza nel Paese: il problema è spiegarglielo, convincerla di esserlo, darle rappresentanza e consapevolezza. D’altronde, non ci sono altre strade, se si vuole davvero provare a vincere. Diceva il saggio Yoda: “Provare? Fare o non fare. Non c’è provare”.
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