Da Wikipedia: “Formula proverbiale della tradizione partenopea che indica un atteggiamento umano, opportunista e ipocrita, esibito da alcune persone che sono solite indugiare in lamentazioni proprio in quei momenti in cui le cose, per loro, vanno a gonfie vele”. La nostra PdC, romanissima de Roma, ha adottato la formula partenopea come linea strategica principale del suo Governo. Avesse uno stemma, sarebbe nel cartiglio. Ormai è chiarissimo a tutti, anche ai più ingenui e sprovveduti. Fare la vittima, lamentarsi per ipotetici torti e soprusi ricevuti, da chiunque, descrivere situazioni del tutto immaginarie, mentre dall’altra parte si sottolineano la strenua, eroica resistenza nonché i folgoranti successi dell’Amministrazione, funziona molto bene. Almeno per ora. Almeno finora. La logica del “sono tutti contro di noi, ma noi siamo più forti” crea solidarietà, empatia, fa tanto gruppo assediato ma vincente, noi contro loro, noi eroici lottiamo contro tutti, stampa, televisioni, politica, poteri forti, unni vandali e visigoti: una logica rudimentale ed infantile, ma evidentemente efficace per un pubblico ormai disilluso e sfiduciato. Dimenticando l’enorme pressione esercitata dal Governo su tutti questi soggetti, dalla gestione della RAI alle operazioni bancarie (MPS-Mediobanca). Peccato che cercare di opporsi contro-lamentandosi espone alla critica simmetrica ed acuisce così la spaccatura esistente e l’incomunicabilità tra le parti politiche. Alla fine, è peggio. E allora? Lasciamo la scena alla bionda Premier ed alla sua retorica patetica e puerile, alle sue faccine e smorfiette da TikTok, alle sue affermazioni apodittiche ma mai documentate, le lasciamo il campo, ritirandoci su un qualche Aventino, in attesa di tempi migliori e più favorevoli congiunzioni astrali? Coltiviamo anche noi la logica dei “duri e puri”, sdegnati e sempre indignati, custodi dell’ortodossia di una sinistra novecentesca che non esiste più da tempo e che non si trova più nemmeno alle Feste de l’Unità? Qualcuno è attratto da questa (comoda, comodissima) posizione: parliamo a chi è convinto, fidelizziamoci, riconosciamoci, rifiutiamo qualsiasi forma di contatto e compromesso. Noi siamo nel giusto, Il futuro è con noi, il futuro ci darà ragione. Peccato che nel frattempo potremmo ritrovarci in un mondo molto poco gradevole, da soli noi europei riformisti contro le autocrazie (Cina, Russia e Stati Uniti, che ormai Trump ha traghettato nel campo opposto), autocrazie che ormai ci sovrastano commercialmente e militarmente, privati del nostro amato welfare, ma custodi di una mitica purezza democratica. Non so in quanti hanno percepito il rischio (ormai è ben più di un rischio …) che stiamo correndo. In USA Trump pare senza freni: si atteggia apertamente a dittatore, dileggia, maltratta e insulta chi vuole, anche un vecchio e malato ex-Presidente, dispone del potere come fosse di sua proprietà, se ne frega delle balle che dice in continuazione, incurante del ridicolo che suscita in quelli che guardano attoniti a tanta sfrontatezza. Lui è intoccabile e sviluppa il suo potere assoluto. Ormai questi autocrati, e la nostra aspirante tale non è da meno, hanno tagliato tutti i ponti con il senso della coerenza, della realtà. È vero solo quello che dicono loro: ogni altra versione è destituita di fondamento e non ha neanche il diritto di essere espressa. Non parlano con la stampa, cacciano i giornalisti scomodi, glissano sulle domande imbarazzanti, la buttano in corner con il vittimismo ed il mito dell’accerchiamento. E intanto continuano a fare il loro comodo. Chiagn’ e fotti. Vale per Trump (da quelle parti si dirà: "cry and fuck”?) e, in trentaduesimo, anche per la nostra sfacciata PdC della Garbatella. In questa situazione, che non (ancora) si configura come un attacco violento ed esplicito ai principi fondamentali della nostra società occidentale, ma che non è meno pericolosa, passa per “normale” l’attacco, e la conseguente grazia presidenziale, a Capitol Hill, passa per “normale” trasferire meccanicamente in Italia l’emozione per la tragedia di un tribuno dell’estrema destra assassinato brutalmente da un “cane sciolto” armato, come troppi da quelle parti, e subito arruolato d’ufficio nelle fila dell’opposizione democratica. Una violenza politica che purtroppo è di casa in USA, e lo è stata per anni anche dalle nostre parti. Salvini e Vannacci ne fanno magliette, Meloni lo usa per rievocare gli anni di piombo, con l’irresponsabilità di chi dovrebbe sapere che certi demoni non devono essere svegliati né solleticati. Ma loro ne hanno un bisogno assoluto, un bisogno identitario, vista la carenza di risultati concreti da poter rivendicare. Devono curare le loro curve da stadio, devono lanciare proclami, creare tensione, attenti solo al risultato comunicativo immediato, incuranti di qualsiasi coerenza con il loro turbolento passato. Meloni anni fa osannava Putin, odiava l’euro e l’Europa, parteggiava apertamente per l’estremismo palestinese, si intrometteva in modo spregiudicato nelle vite private dei suoi avversari. Irrideva pure le Agenzie di rating, mentre ora si vanta di una piccola valutazione positiva di Fitch, figlia (contabile, ma non sostanziale) solo della assoluta immobilità del Governo, che lascia tutte le cose come stanno, rinunciando, per paura e per incapacità, a cercare di pilotare l’andamento economico del Paese, a governare, insomma. Ma a lei basta e avanza così, anche perché dall’altra parte tutto si fa, piuttosto che lavorare a costruire un’alternativa vincente, vera, non simbolica, un’alternativa di Governo che possa vincere e convincere i tanti elettori, o non più elettori, che non sono disposti a bersi “la qualunque” arrivi da Palazzo Chigi e dintorni. Dall’altra parte invece si disquisisce sul nulla: come se non fosse del tutto evidente che questi si possono battere se e solo se si sta tutti insieme, solo se si trova un minimo ma sostanziale piano programmatico comune che permetta almeno di competere. E devono capirlo tutti, radicali e riformisti, moderati ed estremisti, altrimenti questa galera non finirà mai. Che sia difficile non c’è dubbio, ma che sia inevitabile nemmeno. Chi non lo capisce si assume una responsabilità storica che nessuno potrà cancellare, esattamente come gli oppositori di Mussolini cent’anni fa porteranno per sempre l’infamante condanna storica di non avere fatto nulla per fermarlo, attardandosi in discussioni che non hanno lasciato alcuna traccia nella Storia, se non quella di avere permesso l’instaurazione del fascismo in Italia nel 1922 e del nazismo in Germania dieci anni dopo. Gli Americani dovranno misurarsi con una sfida per loro inconsueta, dovranno trovare il modo di fermare l’evidente deriva autoritaria del loro Presidente. Non sono sicuro che ce la faranno, ma la parte sana dell’America esiste, è numerosa e si farà sentire. Qui per ora si sentono solo le lamentazioni della PdC che si sente accerchiata da una opposizione immaginaria, che a mala pena riesce a trovare un candidato comune nelle Regioni, anche in quelle dove vincerà per certo. Lo spettacolo è deprimente: elementari nozioni di politica sembrano ignorate e calpestate da gelosie, ripicche, egoismi di persone che non hanno il coraggio di affrontare a viso aperto le sfide che si presentano e si rifugiano in ridotte ininfluenti con pochi amici e nessuna speranza. Le comfort zone di ambienti dove non c’è bisogno di discutere nulla, e non si conta nulla. Purtroppo, però, così facendo si drenano voti di cittadini in buona fede, voti che sarebbero invece essenziali per costruire un’alternativa di Governo. Rischiamo di regalare un intero decennio di Governo, e pure un Presidente della Repubblica, alla destra, solo perché qualcuno non vuole più confrontarsi con qualcun altro. Sembra folle, lo so, ma è tragicamente vero. E in più ci tocca sentire Meloni, Salvini e Vannacci che si lamentano perché non li lasciano fare … Ma quando rinsaviremo, una buona volta?
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