So di andare parecchio controcorrente, ma lo dico chiaro ugualmente: Giuseppe Conte, Il Movimento 5 stelle ed il Partito Democratico si stanno accollando la responsabilità di precipitare nel disastro questo Paese, bloccando le sue residue capacità di reazione e rovinando i già precari rapporti con l’Europa, che visibilmente mal tollera le manfrine della nostra politica. So bene che loro dichiarano di volerlo salvare, il Paese, che cercano “responsabili” per questo, che alimentano in ogni modo la convinzione che ben altre sono le irresponsabilità e ben altri sono i colpevoli della situazione che si è venuta a creare; ma io credo che si stia andando deliberatamente a sbattere contro un muro per puro puntiglio, per puro spirito di vendetta. Altro che responsabili! Si rifiutano cocciutamente, stolidamente, di prendere in considerazione l’unica via razionale e percorribile, quella di riaprire trattative serie con la maggioranza esistente e stipulare un vero e completo patto di legislatura, che includa tutte le riforme necessarie alla ricostruzione del Paese. È evidente, è lampante che la strada maestra è questa, e non è neanche tanto difficile da percorrere. Basta volerlo. Basta solo un po’ di realismo. Ma Conte è prigioniero della sua presunta onnipotenza ed intoccabilità, entrambe alimentate, gonfiate ad arte dai suoi sostenitori palesi ed occulti (il PD e la Curia, più alcuni gruppi editoriali, RAI e Cairo in testa, tanto per non fare nomi). Il M5S è ormai ridotto ad ectoplasma, un movimento scomposto e disgregato, un marasma senza idee, senza progetti, senza leader, senza struttura, un reggimento in rotta, fatto di personaggi spaventati di perdere posti e privilegi e disposti a tutto pur di restare dalle parti del potere. Svaniti tutti i sogni di gloria, la diversità, le illusioni, le presunzioni: non sono rimaste che macerie, inconsistenti come inconsistenti e velleitari sono sempre stati i loro programmi, basati sul “vaffa” urlato dal comico di corte. Il PD è incerto, diviso, senza iniziativa, con una leadership debole e poco autorevole, come al solito scosso da divisioni interne che corrono da sempre come un fiume carsico. Un Partito nato con la “vocazione maggioritaria” e adesso, con l’improvvida adesione al proporzionale, diventato ufficialmente a “vocazione minoritaria”, si condanna ad un perenne patteggiamento al ribasso con qualsiasi forza (o debolezza) che sia detentrice di qualche punto percentuale di consenso. Italia Viva è nata da questo fallimento storico e adesso ci si lamenta delle conseguenti mosse di Matteo Renzi? Il PD di Veltroni prendeva il 35% contro Berlusconi, quello di Renzi il 40% contro Grillo, adesso il PD deve difendere un misero 20% dai possibili attacchi del partito di Conte. Guardiamo in faccia la realtà con un minimo di razionalità: Renzi e Italia Viva hanno posto al Governo per mesi, inutilmente, problemi seri, consistenti, che adesso tutte le persone di buon senso riconoscono essere imprescindibili. Chi si è rifiutato di aprire fin da agosto un dibattito pubblico sul Recovery Plan, chi ne ha presentato una vergognosa, inconsistente, bozza in una notte di inizio dicembre, da approvare la mattina dopo, chi ha tentato di affidare ad una struttura esterna al Governo la gestione dei miliardi europei, chi si è arroccato per mesi sulla delega ai Servizi, chi ha tenuto nel cassetto per altri mesi la lista dei commissari per le opere urgenti, chi, di grazia? Chi, dopo un colloquio con Mattarella, scendendo teatralmente a piedi dal Quirinale, ha scelto la pubblica via, in mezzo ad un crocchio di cineoperatori accalcati e senza mascherina, per buttare lì, fuori tempo massimo, una irricevibile proposta di patto di legislatura? Chi, se non il nostro ineffabile, elegantissimo, affascinante (Gruber dixit) Presidente Conte? Ma ce lo immaginiamo Aldo Moro che apre alla collaborazione politica con Enrico Berlinguer davanti alla gelateria Giolitti in via Uffici del Vicario? Ci rendiamo conto della bassezza, della vacuità, cui è arrivato il discorso politico in questi giorni (senza offesa per gli ottimi gelati di Giolitti)? C’era urgente bisogno di scuotere un sistema inerte, sonnacchioso, dilatorio difronte all’emergenza della ricostruzione. C’era bisogno di battere forte un pugno sul tavolo per richiamare la politica al suo dovere istituzionale. Qualcuno lo ha fatto, con energia, fuori dall’etichetta. E adesso è tutto un indignarsi: “ricattatori”, “irresponsabili”, “neanche un caffè insieme” (forse un gelato?), “distruttori”, “rovina della legislatura e del Paese”, … E nessuna capacità, men che meno volontà, di riconoscere che c’è solo una strada da percorrere: fare quello che bisognava fare mesi fa. Sedersi intorno ad un tavolo e farlo davvero il patto di legislatura: chiaro, dettagliato, scadenzato, con responsabilità attribuite chiaramente, con risorse certe ed esecutori di livello adeguato. Non c’è altra strada, se vogliamo evitare il disastro delle elezioni o la galera di un governicchio rabberciato e traballante che metta a rischio la ricostruzione dell’intera Europa (che è giustamente preoccupata). È talmente evidente, lampante, che mi chiedo perché stiamo ancora a parlarne. Non a caso gli inviti a riprendere seriamente il discorso di programma si fanno sempre più insistenti. Meglio tardi che mai. Ma è inutile nascondersi che le resistenze sono ingenti e gli ostacoli sono ancora consistenti. Dobbiamo proprio aspettare l’urto contro il muro per svegliarci? Dobbiamo proprio correre il rischio di sfasciare tutto? Se davvero piacciono tanto le gelaterie, possiamo organizzare “il patto di Giolitti” (inteso come gelateria)? Qualcuno servirà coppette e semifreddi e qualcun altro organizzerà la diretta Facebook; sarà una festa nazionale, altro che Grande Fratello …!
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