Il panorama politico mondiale, dopo il 20 gennaio 2025 (una data che rischia di diventare tristemente memorabile …), è cambiato, radicalmente, molto più radicalmente di quanto sembri, brutalmente, anche se si spera non definitivamente. La speranza è tutta riposta nella resilienza delle istituzioni democratiche americane, che devono dimostrare di poter resistere a questo forte stato di stress, per cercare di ritornare ad assumere, il più in fretta possibile, il posto che esse hanno (quasi) sempre occupato nel corso di tutta la loro storia. I segnali c’erano tutti, ben chiari, già nella campagna elettorale: ma, uno può pensare che in campagna elettorale se ne dicono di cose per vincere …, poi la realtà, il Governo, la situazione mondiale, … Macché, adesso la campagna è finita e quindi si fa sul serio: adesso parlano gli atti, non più le chiacchiere da palco, utili ad esaltare i fans più sfegatati. E gli atti parlano da soli, come le prese di posizione, assunte e ribadite, non solo da sporadici agitatori, ma da tutta la squadra, a partire dal Capo e dal Vice-Capo, in un crescendo di radicalità cui francamente non eravamo né abituati né preparati. Qui in Europa corriamo il rischio di rimanere attaccati alle illusioni dei toni da campagna elettorale, mentre questi fanno tremendamente sul serio. Cosa sta avvenendo sotto i nostri occhi? (Mamma mia, come spero di sbagliarmi …!) Trump sta mutando il posizionamento internazionale degli USA, promuovendo una sostanziale alleanza con la Russia di Putin. Sembra un’enormità, ma i segni che si vedono lo indicano chiaramente. “Gallia est omnis divisa in partes tres”, scriveva Giulio Cesare nel De Bello Gallico, ventuno secoli fa. Anche Trump ritiene che il mondo di oggi possa essere tripartito, tra America, Russia e Cina, con l’India in posizione più defilata, ma da tenere in ogni caso ben distante dalla Cina (ché insieme fanno il 40% della popolazione mondiale …). In quest’ottica, l’Europa semplicemente NON ESISTE, non esiste come soggetto protagonista, come soggetto politico, esiste solo come mercato di sbocco e soprattutto come terreno su cui esercitare influenza (insomma, merce di scambio). Trump ha evidenti, oggettive affinità “culturali” con Putin (e forse non solo quelle …), i due condividono l’idea del potere senza controllo, per cui Trump ritiene che l’Europa, con la sua “vecchia” democrazia, piena di “check and balance”, lenta, elefantiaca, sia un fastidioso impiccio nella sua idea di geopolitica, basata sulla forza e sull’autorità, legittimata da un’elezione ogni tot anni. E un impiccio deve essere ridimensionato, neutralizzato, soprattutto non deve interferire nei disegni del nuovo ordine mondiale. Ecco che quindi si può cercare un accordo con Putin sulla pelle dell’Europa, lasciata alla mercé di chi se la prende. L’importante è che non abbia pretese di protagonismo. Putin e Trump potranno spartirsela a piacimento, a seconda delle reciproche esigenze. L’Ucraina è ovviamente il primo boccone sacrificale, poi verranno Moldavia, Georgia, forse Ungheria, Cechia, e poi i Paesi Baltici, …, purché Putin si allontani dalla Cina e lasci a Trump campo libero per cercare accordi, semmai sulla pelle di Taiwan. Trump ha una concezione esclusivamente mercantile del mondo, per cui tutto va risolto a colpi di competitività commerciale, supportata da una consistente forza militare. È un’idea vecchia di quattro o cinque secoli almeno, preilluministica, neocoloniale. Cosa può opporre l’Europa, ridotta com’è in questo momento, paralizzata dall’unanimismo, con una pletorica Commissione di 27 (ventisette!) membri Commissari, un Parlamento senza poteri, senza una politica estera univoca né una parvenza di forza armata comune? “Nave sanza nocchiere in gran tempesta …” scriveva Dante dell’Italia divisa del Trecento, ma non molto diversa dall’attuale Europa. Vedremo mai un sussulto di vitalità, di orgoglio europeo, di presenza, di volontà di contare? È sintomatico che ci sia voluta l’iniziativa di un leader, Macron, l’unico relativamente solido e sicuramente affidabile, per cercare di affrontare l’emergenza. Perché non si è mossa prima von der Leyen, o Antonio Costa, presidenti di Commissione e Consiglio? In realtà sono figure talmente deboli, legate a così asfissianti procedure, che per convocare un incontro ci avrebbero messo un mese … Così non si fronteggia una minaccia costituita dall’attacco a tenaglia di Trump e Putin, intenzionati a passare sul cadavere dell’Unione Europea per raggiungere i loro obbiettivi. Ed entrambi alzano il tiro. Putin fa aggredire persino il mite Mattarella, che non è difeso da una pronta risposta diplomatica (toccherebbe a Meloni ed a Tajani, figuriamoci …). Il Vice J.D. Vance viene a Monaco di Baviera (posto legato ad infausti precedenti…) a mettere i piedi nel piatto della campagna elettorale tedesca, sponsorizzando i neonazisti, e a promuovere una bizzarra idea di libertà di informazione, che con tutta evidenza è invece solo “libertà di disinformazione”, ovvero la libertà di poter raccontare balle di ogni genere, senza che nessuno possa interferire. L’obbiettivo è creare sempre un grande polverone, nel quale o passa la loro pseudo-verità, sempre più amplificata ed accattivante, o si confonde tutto in modo da far sparire anche solo il senso della verità. E noi che pensavamo di avere risolto per sempre il problema con il metodo scientifico, che richiede la controprova e la trasparenza dei processi di analisi della realtà. Illusi! Metodo scientifico e cultura woke, mescolati ad arte in un generico attacco alla cosiddetta libertà di espressione, portato da gente che teorizza e pratica l’eliminazione di ogni dissenso, che sia Naval'nyj in Russia o i funzionari del deep state licenziati negli USA. La loro idea è che qualsiasi frottola debba diventare “virale”, e quindi prevalere su ogni altra posizione. Noi, le abbiamo le difese adatte a fronteggiare questo tipo di attacco? A me pare di no: non siamo neppure riusciti ad abolire l’anonimato in rete, e ora ci troviamo invasi da troll e hacker di San Pietroburgo o del Kentucky, che spadroneggiano sul web. Sappiamo da che parte stare? Sappiamo scegliere la parte giusta? Io mi auguro con tutte le forze di avere dipinto uno scenario esagerato, allarmista, surreale, distopico. Lo spero proprio, ma temo che i tempi che ci apprestiamo a vivere ci riserveranno shock e stress senza precedenti. E dovremo scegliere da quale parte stare. Prepariamoci: questa non è una esercitazione.
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