Purtroppo, non ci voleva molto ad immaginare che per sloggiare Trump dalla Casa Bianca ci sarebbe voluta la Guardia Nazionale. È successo, non è bastata e forse non è ancora finita. Democratici e Repubblicani dovrebbero, in modo bipartisan, affrettarsi a ricorrere al 25^ emendamento e dichiarare Trump incapace di governare, lasciando a Mike Pence (che almeno ha avuto un estremo sussulto di dignità) gli ultimi giorni di amministrazione, in attesa dell’inauguration del 20 gennaio. Anche se la cosa si è vista finora solo nei film di Hollywood, pare che sia concretamente possibile, e a questo punto auspicabile. Trump è stato negli ultimi anni la punta di diamante di un “movimento” globale sovranista, suprematista, populista, neo-peronista, di estrema destra antidemocratica, pericolosissimo (e lo abbiamo visto) per quelle istituzioni democratiche a cui l’Occidente ha affidato le sue sorti dopo secoli di lotte sanguinose, sconfinate a volte ben oltre i limiti dell’immaginabile. Adesso Trump è caduto (cadrà presto) e le democrazie occidentali dovrebbero ragionare su quanto è successo e correre ai ripari. Subito. Non ho dubbi sulle capacità di reazione degli USA: le istituzioni si sono dimostrate salde, anche a dispetto della debolezza mostrata ieri, permettendo l’accesso a Capitol Hill di un gruppo, dopotutto sparuto, di facinorosi e pittoreschi dimostranti. Ci sono scappati i morti, purtroppo, e l’immagine del villico con i piedi sulla scrivania di Nancy Pelosi rimarrà a lungo impressa nelle nostre teste. D’altronde un po’ più di un anno fa Parigi e la Francia sono state messe a ferro e fuoco da facinorosi non dissimili a quelli di Washington e anche lì Macron ha avuto i suoi problemi ad evitare ulteriori e ancora più pericolose degenerazioni. Ma il faro stava a Washington. Ora non più. L’Europa non è immune da questo morbo, non è affatto impermeabile ad esso. E, al contrario del coronavirus, il vaccino è ancora più difficile da definire e da somministrare. Va comunque fatto. E senza indugi. Troppe connivenze sono state instaurate, troppe complicità: gilet gialli in Francia, neonazisti in Germania, sovranisti al potere nell’Europa dell’Est, una destra sgangherata e berciante anche qui da noi, che ancora ieri non ha osato parlare chiaro e prendere le distanze in modo inequivocabile dal folle di Washington. Generiche condanne della violenza, non di più. Neanche il nostro elegante ed inappuntabile Presidente del Consiglio ha usato parole chiare, nette, precisamente indirizzate. Persino uno prudente come Andrea Orlando, vice di Zingaretti, se ne è pubblicamente lamentato. D’altronde in più di un’occasione il Nostro aveva accostato il suo governo a quello di Trump (“governi del cambiamento”): per piaggeria, per gratitudine, per consonanza di intenti? Certo che in Italia giravano strani figuri negli ultimi anni, tutt’altro che rassicuranti. E ne abbiamo perso le tracce. Parliamoci chiaro: se la democrazia è più forte, deve dimostrarlo. Non sono ammissibili timidezze, reticenze, giochi di parole. Quindi lo dico chiaro: bisogna chiudere una stagione. Visibilmente, plasticamente, senza equivoci. Il tema è drammaticamente sul tavolo, non credo si possa fare finta di nulla. Dobbiamo voltare pagina. Mi aspetto che le forze sinceramente democratiche di questo Paese, e ce ne sono in parecchi partiti, capiscano l’esigenza di mostrare un volto nuovo della nostra politica all’Europa, in primis, ed al mondo. Dobbiamo far vedere chiaramente da che parte stiamo. Gli Stati Uniti dovranno ricostruire pazientemente, ma anche rapidamente, una credibilità democratica e sono certo che lo faranno. Anche noi abbiamo per altri versi la stressa esigenza: dobbiamo dimostrare di avere capito che la stagione del populismo è finita. God bless America (and Italy too, se gli avanza un po’ di tempo!).
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