Il Sindaco di Bari, Antonio Decaro, Presidente dei Sindaci italiani, rilascia una sconsolata intervista nella quale lamenta come il PD sia diventato solo più una collezione di correnti che si spartiscono e controllano tutto, indipendentemente dai meriti e dalle qualità politiche. Racconta con sgomento che per strada gli dicono: “Ti voto, nonostante tu sia del PD!”. Stesso disagio segnalano Bonaccini, Nardella, Giani, Gori, tutta gente che ha vinto elezioni, che governa, che ha davvero un rapporto vivo con la cittadinanza. Qualcosa significherà, o no? Il fondatore del PD, Walter Veltroni, ormai da tempo senza cariche politiche, ma comunque sempre attento alle sorti di quella che fu la sua creatura, pare sconfortato dalla mancanza di iniziativa, dalla rinuncia del Partito ad essere guida del centrosinistra italiano, ad interpretare quella sintesi di culture politiche che era alla base del documento del Lingotto del giugno 2007, che tanto fece sognare chi (me compreso) da decenni aspettava la nascita di una forza politica moderna, riformista e progressista. Anche il buon Walter non le manda a dire. Inoltre è diffuso tra molti militanti lo scoramento di fronte alla mancanza di una linea definita, di un indirizzo programmatico chiaro, un obbiettivo, che faccia intravedere lo sbocco allo stallo odierno. Il cosiddetto correntismo è diventato parossistico, la leadership di Zingaretti è evanescente; non si sa chi comanda, chi detta la linea (si sarebbe detto una volta), chi fa le strategie e soprattutto indichi dove si vuole arrivare. Si dovrebbe votare tra tre mesi per i Sindaci delle più importanti città e non c’è l’ombra di un candidato definito: ovunque, tranne che a Milano, dove Sala non aspetta certo permessi da nessuno, si brancola nel buio più profondo e si benedice l’emergenza sanitaria, che forse costringerà a spostare a settembre le elezioni. Il peso, o meglio l’inerzia, di questa situazione precaria investe tutta l’area del centrosinistra, non è solo un fatto interno al PD, sul quale fare spallucce se non si milita (più) nel Partito. Anche dal difuori ci si chiede con costernazione fino a quando questo stato catatonico possa prolungarsi, fino a quando si possa continuare a fare finta di nulla. Ci si chiede cosa aspettino i militanti, gli iscritti, a farsi sentire e pretendere un chiarimento, una svolta, un salto di orgoglio, uno scatto in avanti; ma, sui social almeno, si sentono solo quelli che, tanto per cambiare, maledicono il babau Renzi, causa prima e unica di tutte le disgrazie … Il Partito si sta immolando sul “rapporto strategico” con i cinquestelle e non pare cosciente che si sta facendo condizionare da un ectoplasma, da una forza politica agonizzante, senza idee, senza leader, senza programmi, senza prospettive, evidentemente allo sbando. Ci si aggrappa ad uno che sta affogando, senza rendersi conto che si rischia di affogare con lui. Io non ho memoria, pur nella mia lunga, lunghissima, frequentazione della sinistra, di un tale vuoto, di un tale smarrimento di tutta la classe dirigente. Pare che abbiano perso nella nebbia la strada da seguire. Ma si deve purtroppo ribadire che nei prossimi due anni, prima delle inevitabili elezioni del 2023, tutto il quadro politico andrà ristrutturato: è imprescindibile. Si ristrutturerà la destra, e vedremo come, ma deve farlo anche e soprattutto il centrosinistra, preparando una proposta vincente per non arrendersi senza combattere ad una destra nella quale probabilmente preverranno le forze peggiori. Il PD ha un ruolo in tutto questo e deve decidere come giocarlo. I sinceri riformisti ci sono, un po’ in tutte le forze politiche, hanno idee e sono pronti, e si spera che abbiano il coraggio e la generosità necessari. Non staranno fermi a guardare ed aspettare. Il compito è arduo e forse sono troppe le variabili in gioco. Semmai bisognerà smontare qualche vincolo. Ad esempio, io credo che il prossimo anno bisognerà chiedere al Presidente Mattarella la disponibilità a prolungare di un anno il suo mandato, per potere arrivare ad insediare il nuovo (anche per composizione e struttura) Parlamento e lasciare a questo il compito di eleggere un Presidente per i successivi sette anni. Serve comunque mettere mano ad alcune indispensabili modifiche costituzionali, serve varare una legge elettorale decente e stabile, servono adempimenti che richiedono lucidità, coraggio, apertura mentale, visione. Come pensiamo, da questa parte del campo, di fare fronte a tutto questo? Esprimendo apprezzamento e solidarietà a Barbara D’Urso per la probabile chiusura della sua fondamentale trasmissione della domenica?
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