È dura da digerire, ma con tutti i guai che ci ritroviamo, pare che il problema politico del centrosinistra sia tutto nel rapporto con il M5S. O con quello che ne resta dopo le vicissitudini che lo hanno progressivamente squassato, a partire dalla trionfale affermazione del marzo 2018 (sembra un secolo fa, ma sono solo tre anni …), quando un esercito di oltre trecento variegati parvenu della politica invasero il Parlamento italiano, carichi di “buoni“ propositi. Insomma, è da un po’ che non si parla d’altro: e i media tutti non fanno che sollecitare l’argomento, senza peraltro trovare negli interlocutori nessuno che risponda con un tondo: “Ma chissenefrega dei cinquestelle…!” Capisco che sarebbe una risposta poco cortese, ma in sostanza sarebbe l’unica risposta sensata. Vedo di argomentare, prima che qualcuno storca il muso e passi ad altra meno caustica e supponente lettura. Dovrebbe ormai esser chiaro a tutti che la straordinaria affermazione del Movimento, tre anni fa, non fu propiziata dall’adesione popolare a chissà che programma politico, innovativo, riformista, o addirittura rivoluzionario. Essa fu il risultato di un clamoroso tentato e quasi riuscito suicidio del Partito Democratico, impegnato più a litigare al suo interno che a valorizzare le tante buone cose fatte e a proporre ulteriori riforme al suo elettorato il quale, in misura consistente, gli ha in effetti voltato le spalle, dando il voto ad una forza che non poteva promettere nulla se non fare un po’ di casino (aprire la famosa “scatoletta di tonno”). Balle come la democrazia telematica, ”uno vale uno”, “onestà, onestà”, “né di destra né di sinistra, noi siamo oltre”, “aboliamo la povertà coi navigator”, “due mandati e poi avanti un altro”, il terzomondismo d’accatto con tipi come Maduro, i gilet gialli, infine manette a galera per tutti (Davigo e Travaglio nel ruolo di Santi Inquisitori), tutto questo armamentario, fasullo ed inconcludente, ha comunque attirato la curiosità di un elettorato stanco, sfiduciato, incazzato, bisognoso di conforto ed assistenza (attenzioni che in Italia sono sempre e comunque molto gradite per antica abitudine). Qualcuno pensava che bisognasse dare una scossa, provare a cambiare; c’era un nuovo prodotto sul bancone del mercato, perché non provarlo? Peccato che un Partito/non Partito di qualità scadente faccia molti più danni di un detersivo scadente … Ecco, in questi tre anni trascorsi avventurosamente abbiamo tutti potuto constatare il crollo di queste immense ed illusorie baggianate: il fallimento disastroso delle amministrazioni di Roma e di Torino (ma ne erano fallite anche altre minori …), la progressiva omologazione alle più consuete pratiche di governo e sottogoverno, governi fatti con tutti, prima con la destra leghista sovranista, poi con una sinistra ancora mezzo disastrata, infine l’attuale governo “all in” con Mario Draghi superstar europea, nato dalla visione e dall’intraprendenza e forse anche dall’incoscienza del solito “Pierino”, quello che in realtà finora si è dimostrato il vero dominus della legislatura, che piaccia o meno. Vale infatti la pena di ricordare che il suddetto monellaccio: - ha impedito al PD di allearsi col Movimento a marzo 2018, quando, lacerato e sconfitto, avrebbe potuto solo fare da scendiletto ai trionfanti Di Maio e soci,
- ha cacciato un Salvini in preda a deliri autoritari nell’agosto 2019, portando il PD ad un’alleanza da posizioni molto meno subalterne,
- ha lasciato il PD fondando una forza politica piccolissima ma determinante,
- ha decretato il KO tecnico dell’inconcludente governo Conte bis che, malgrado la sua evidente pochezza politica, rischiava di subornare un PD stregato dalla formidabile coppia di strateghi Zingaretti-Bettini (Conte come “punto di riferimento del progressismo europeo”).
Ora abbiamo Draghi con alcuni super esperti (e altre meno eccelse figure di contorno, che ci ricordano qual è la realtà politica del Paese), che almeno fornisce ottime garanzie di competenza all’Europa ed al mondo, in vista del più importante piano di ricostruzione dal dopoguerra. Il Movimento nel frattempo è letteralmente esploso, squassato da lotte intestine, da mancanza di obbiettivi, di regole organizzative, di leadership con un progetto politico comunicabile. Se pensate che io stia esagerando, provate a sentire il discorso agli adepti pronunciato da Conte, nuovo leader “democraticamente” designato, ma non ancora eletto, perché manca la piattaforma informatica per votarlo, a sua volta soggetta a liti “ideologiche” sull’affitto dei server, provate e troverete il vuoto torricelliano (insomma, un vuoto che più vuoto non si può). L’hanno timidamente fatto notare anche parecchi commentatori sui media di solito così ben disposti verso “il nuovo che avanza” … Ma non è nuovo e non avanza. È una pallosa polpetta molto tardo-democristiana, senza un minimo di originalità né attrattività. E il centrosinistra cosa fa? Si lacera nell’attesa di cosa faranno i reduci della più sgangherata avventura politica della storia. Roma è bloccata, Torino pure, Napoli neanche a parlarne, temi cruciali come la giustizia appesi alle bizze di Travaglio e dei suoi amici PM, leggi elettorali e regolamenti paralizzati dalla definizione del nuovo soggetto politico, alleanze tutte in bilico, … È incredibile come tutto un quadro politico possa auto-condizionarsi di fronte al “nulla che non avanza”. E, ripeto, nessuno che dica chiaro e tondo: “Ma chissenefrega dei cinquestelle…!” Di nuovo non si capisce che il Paese ormai sta da un’altra parte, che i destini di Bonafede e Di Maio interessano solo loro e le loro più ristrette cerchie di amici, che le difficoltà di Conte riguardano solo lui, che il Paese ha bisogno di concretezza, di decisione, di coraggio, che i cinquestelle sono tragicamente OUT, non potendo fornire alcuno dei tre requisiti. E allora il centrosinistra non può farsi carico dei problemi di altri e deve pensare a prepararsi a prove elettorali che saranno cruciali, a partire dall’autunno per finire alle politiche del 2023, passando attraverso l’elezione del Presidente. Il prossimo Parlamento, malauguratamente e maldestramente rimaneggiato dal referendum, uno dei lasciti velenosi della stagione passata, sarà tutta un’altra cosa. Gli assetti politici sono tutti da ridefinire. Bisognerebbe badare al sodo e prepararsi, lasciando Conte e i suoi amici a cercare di darsi un contegno. Poi, eventualmente, si discuterà anche con quello che ne verrà fuori. A me pare puro buon senso: e invece no. Qualcuno ancora vagheggia di rapporti strategici, di affascinanti avventure, di interlocuzioni privilegiate. E intanto il tempo passa. Servono donne e uomini di buon senso e buona volontà. Gradita esperienza pregressa. Astenersi vanesi e perdigiorno.
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