È caduta una funivia, sono morte 14 persone, c’è un solo sopravvissuto, un bimbo che ancora lotta per non morire, è una tragedia che ha distrutto famiglie, stroncato vite di persone innocenti, che andavano a godersi la montagna nella prima domenica di libertà dopo la lunga parentesi dei lockdown.Ce n’è da rimanerne annichiliti. Questi accadimenti colpiscono tutti, nel profondo, perché tutti ci rendiamo immediatamente conto della spietata casualità del destino e di come la vita di ognuno dipenda spesso da eventi che sono assolutamente al di fuori del suo controllo. Crolla un ponte, cade un aereo, affonda una nave, cose che mai e poi mai dovrebbero accadere, ma accadono. Perché un ponte non deve crollare, un aereo cadere, un nave affondare. L’eco della notizia è subito vasta, profonda. E non potrebbe essere altrimenti. Ma purtroppo non finisce qui, col dolore ed il cordoglio: sui mezzi di informazione e sui social ecco farsi strada, inesorabile, l’anatema che non può mancare: “Qualcuno deve pagare!”. Posso dirlo con franchezza? Lo trovo semplicemente disumano, disgustoso, inaccettabile. Ma non che qualcuno, coinvolto nella tragedia, lo pensi e lo dica pure: in quei momenti chi è coinvolto direttamente non può essere lucido, razionale, cartesiano. Dà sfogo al suo dolore e va rispettato. Ma è disumano, disgustoso, indecente, che i media, come sciacalli, lo riportino e lo amplifichino. Perché è sbagliato, non ha senso logico, denota solo una primitiva voglia di vendetta, di rivalsa, di giustizia sommaria, una roba da cavernicoli che dovremmo esserci lasciati indietro da secoli; e invece no. La ricerca spasmodica del colpevole, PRIMA di sapere “cosa” e “perché” è davvero accaduto, è solo sintomo di inciviltà, umana, sociale, giuridica. E non perché si voglia parteggiare per gli eventuali colpevoli, ci mancherebbe. Ma solo perché è immorale preoccuparsi che qualcuno paghi ancora prima che si sappia per cosa dovrebbe pagare. Trovare subito un mostro (fisico o meno) da sbattere in prima pagina è semplicemente, appunto, immorale. Una società civile indaga, analizza, ricostruisce, stabilisce le cause e quindi attribuisce le responsabilità penali individuali, da accertare tramite i processi, e quelle civili, per i dovuti risarcimenti. “Qualcuno deve pagare!” è da selvaggi, come fu selvaggio lo sfruttamento mediatico del dolore per il crollo del ponte di Genova. “Un ponte non deve crollare” disse a caldo Renzo Piano, prima di mettersi a progettare e poi realizzare a tempo di record il ponte nuovo. Ma dire che “non possiamo attendere i tempi della giustizia penale”, come disse l’esimio Avvocato del Popolo, Capo del Governo della Repubblica, fu indice di nessuna cultura giuridica e sociale. Una barbarie, insomma. Altro è adoperarsi e vigilare perché la verità, le cause, le responsabilità, siano individuate ed i colpevoli siano puniti secondo la legge. Non smetterò mai di portare ad esempio un grandioso “fallimento di successo” come fu il naufragio della Costa Concordia: 33 morti, una spaventosa minaccia ambientale per il mare e per l’isola del Giglio, una nave di 300 metri spiaggiata e ferita a morte, ma anche un esempio di come in meno di tre anni la nave sia stata spostata e demolita, il disastro ambientale evitato, i risarcimenti definiti, il principale responsabile individuato, processato e condannato in via definitiva. Fine delle polemiche. “Qualcuno deve pagare!” è frase da tricoteuses ai piedi della ghigliottina, è la frase di chi non si preoccupa dell’accertamento della verità, purché ci sia qualcuno da impalare. Una cosa di altri tempi, ripeto, ma che va molto di moda anche in questi tempi, quando la cultura della gogna e del linciaggio ha ritrovato nei social e in molti media nuovo vigore e nuova linfa. Non facciamoci coinvolgere. Restiamo umani.
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