La maggior parte dei Paesi sviluppati, nell’ultimo decennio o poco più, ha dovuto subire due grandi crisi, due batoste difficili da dimenticare: la crisi finanziaria del 2008 e quella pandemica del 2020, ancora in corso, seppur in via di risoluzione. Le conseguenze le abbiamo vissute sulla nostra pelle e ancora bruciano. Però, almeno, “mal comune, mezzo gaudio”: tutto il mondo ha dovuto far fronte a difficoltà inaudite e lo ha fatto, anche con qualche successo. Nel frattempo però, altre crisi “locali” hanno colpito specifiche realtà. La prima, che proprio “locale” non era, malgrado coinvolgesse direttamente un solo Paese, è stata l’avvento di Donald Trump in USA: quattro anni vissuti pericolosamente, fino all’incredibile assalto al Campidoglio, conclusi con l’insediamento del democratico Joe Biden ed il rispristino di una certa “normalità” nella politica statunitense e, di conseguenza, in tutto il mondo occidentale. Il cambio è stato netto, senza equivoci né troppi compromessi. Anche qui da noi, nel nostro piccolo, abbiamo avuto dell’altro in aggiunta alle comuni crisi mondiali: abbiamo dovuto subire (anche se abbiamo fatto tutto da soli) una sciagura di cui ancora stiamo scontando le conseguenze. Parlo dell’avvento, della crescita, dell’ascesa al potere di una forza politica distruttiva, subdola, pericolosa, profondamente antidemocratica: il Movimento Cinque Stelle che, dal 2007 in avanti, ha minato le basi della convivenza civile di questo Paese. Non sto a dilungarmi sulla infinita lista di sfondoni, di bugie, di attacchi oltre il limite della decenza, di prese di posizione assurde purché “popolari”, i NO a tutto, le follie della democrazia diretta, uno vale uno, lo streaming (mai visto): chi mi legge sicuramente non ha dimenticato e non dimenticherà facilmente, malgrado l’apparente odierno parzialissimo rientro nei ranghi (le retromarce di Di Maio …). Non possiamo però cavarcela buttando tutto sulle spalle dei cinquestelle, che pure sono stati gli artefici diretti di questo assalto forsennato alla logica, alla razionalità della pratica politica democratica. Grillo e i suoi adepti non avrebbero avuto il successo che hanno avuto se il resto della politica, e soprattutto la sua componente riformista, si fosse dimostrata più sagace, più attenta, più avveduta e meno preoccupata delle lotte personali, dei traballanti equilibri interni, delle infinite divisioni in micro fazioni, perennemente l’uno contro l’altra armate. Una spocchiosa sottovalutazione del fenomeno grillino che piano piano prendeva piede (Fassino che baldanzosamente invitava la giovane Appendino a candidarsi, se voleva il posto di Sindaco di Torino …), un drammatico fraintendimento sulle modalità operative, sulle radici del movimento (in quanti hanno sostenuto che fosse una “nuova sinistra”, malgrado l’evidente, mai celato, populismo qualunquista di Grillo …), hanno portato solo confusione e sovvertimento delle logiche di una corretta opposizione democratica. Quanti, nella sinistra “tradizionale” hanno guardato con favore le mattane di Grillo, scambiandole per efficaci azioni rivoluzionarie, anti sistema, anti casta, anti tutto, senza capire che quell’approccio stava distruggendo le basi della convivenza civile! L’esaltazione della magistratura punitiva, il giustizialismo, l’irrisione e la demonizzazione di ogni avversario, gli insulti, il continuo assalto alle ipotetiche élite (si è poi capito che ambivano solo a farne parte …!). Quanti, che avevano dovuto digerire con fastidio la nascita del PD, hanno sperato che Grillo impedisse il consolidarsi di una politica autenticamente riformista, …! Il bello è che ci sono perfettamente riusciti … Nel 2013 Bersani, un vero genio della politica, non capì nulla di quanto stava succedendo e fece una campagna elettorale del tutto subalterna a Mario Monti, che diligentemente copriva il centro del “centrosinistra”, lasciando colpevolmente scoperto l’altro lato, nel quale la propaganda spregiudicata e tendenziosa di Grillo fece incetta di milioni di voti. E tanti pensarono che così si bilanciasse il “pericoloso” riformismo del PD, che invece subiva il primo vero tracollo elettorale dalla fondazione. E poi, dopo le traversie che portarono alla rielezione di Napolitano, le sue durissime parole contro il Parlamento imbelle, ed il breve inconcludente governicchio di Letta con Berlusconi, quando l’azione di Renzi cominciò a dispiegare davvero le riforme, di nuovo il provincialismo beghino e conservatore partì all’attacco del “rottamatore”, che andava affermandosi con troppa protervia. Grillo si trovò all’istante affiancato e supportato da tutta la “sinistra” massimalista, o più semplicemente gelosa, invidiosa e timorosa, ed insieme riuscirono a mandare a monte il più robusto tentativo riformista dall’epoca, altrettanto efficacemente sabotata tramite Bertinotti, del primo governo Prodi. Una coralità di intenti, supportata da giornali, televisioni, social, intellettuali meschini e poco gratificati, confluita nel boicottaggio della stagione riformista. Del tutto inadeguate le poche contromisure adottate … Risultato: sconfitta del referendum nel 2016, altra debacle del centrosinistra e trionfo cinquestelle nel 2018, un 33% abbondante di italiani boccaloni (mi dispiace, ma non so come altro definirli …) che abboccano alla retorica dell’”uno vale uno”, che presto dimostrerà che “uno non vale niente”. E ne approfitta Salvini, destra dura e pura, che suborna i poveretti, incapaci a tutto, e gonfia il petto fino all’estate del Papeete (2019). La storia successiva è nota: Salvini scoppia, Renzi propizia il Conte2 col PD di Zingaretti, ancora sussulti giustizialisti sulla prescrizione, poi la pandemia, l’emergenza, le dirette Facebook, Casalino, Arcuri, Azzolina, … fino a quello che un immaginifico Travaglio chiama il “Conticidio”, perpetrato (dice lui!) dall’Innominabile per conto dei poteri forti, di Soros, di Buffett, della Spectre, dei Savi di Sion, delle multinazionali, per permettere l’arrivo del pericoloso ex-banchiere centrale europeo, il diabolico Mario Draghi con i suoi terribili scherani. E la musica finalmente cambia sul serio. Nel frattempo la bolla cinquestelle è scoppiata fragorosamente, e forse definitivamente, proiettando detriti tutt’intorno. Il PD, che assisteva da vicino il malato da tempo agonizzante, magari sperando nell’eredità, ne è stato investito in pieno. Mentre il nuovo (ma già invecchiato …) Segretario cerca di capire come fare a venirne fuori, servirebbe che i riformisti trovassero a loro volta la strada di un’azione comune, coraggiosa, generosa ed efficace. Draghi ha bisogno di un supporto politico che vada ben oltre quest’anno e il prossimo. C’è tanto da fare e qualcuno deve farlo. Ogni contributo è prezioso. Astenersi perditempo. Le piaghe prima o poi finiscono. O no?
|