Forse è ora di cambiare.“Fair play”, in tutto il mondo indica correttezza, misura, educazione, rispetto delle regole e, perché no, anche delle convenzioni. “Fair play” significa partecipare ad una competizione, dando il massimo ed alche oltre di sé per vincerla, lottare fino all’ultimo secondo con il coltello (metaforico) tra i denti, ma sempre nel rispetto delle regole ed accettando alla fine il risultato, qualunque esso sia. Certo, non sempre va così: a volte particolari contingenze possono provocare reazioni diverse o sopra le righe: un’ingiustizia palese, un comportamento scorretto, errori arbitrali (nulla di tutto questo è avvenuto domenica sera), ma alla fine il risultato è sempre quello di “quando arbitro fischia” (V. Boskov). Non dico che sia indispensabile il rituale della “birra insieme agli avversari dopo la partita”, ma comunque la buona educazione deve condurre ad accettare il risultato, farsene una ragione e prepararsi per la sfida successiva (che tanto arriverà, prima o poi, è garantito dai calendari ed anche dal business ad essi connesso). Il termine “fair play” riassume tutto questo: è inglese perché l’inglese è lingua universale, ma anche perché è molto inglese (tradizionalmente) il concetto di sportività. Dopo la partita di domenica sera però le cose a me paiono radicalmente cambiate. Abbiamo visto e letto di comportamenti francamente inaccettabili (togliersi le medaglie, nessun contatto fisico tra giocatori e allenatori delle due squadre, insulti razzisti ai giocatori di colore che hanno sbagliato i rigori), ma soprattutto NON abbiamo visto qualcosa che invece avremmo dovuto vedere. Non ho trovato alcuna traccia di un saluto, a fine partita, né della Casa Reale (pur presente allo stadio con ben due eredi al trono) né del Capo del Governo di Sua Maestà, anch’esso presente e pure bardato con maglietta bianca di ordinanza, al massimo rappresentante delle nostre istituzioni, il Capo dello Stato Sergio Mattarella. Ricordo bene la presenza di Re Juan Carlos e consorte al fianco di Pertini durante la finale del 1982 a Madrid. Vero è che non si giocava contro la Spagna ma contro la Germania, che non c’era il Covid e che erano altri tempi, ma a me pare che la massima istituzione di uno Stato non possa e non debba essere trascurata dalle pari massime istituzioni del paese ospitante. Se non c’è alcuna testimonianza neppure di un colpo di gomito (non di più, per carità!) e due parole di congratulazioni, anche di circostanza, a fine partita, tra Mattarella ed il Windsor, o il suo Premier scarmigliato, vuol dire che o non si sono neanche incontrati o, peggio, che non hanno voluto testimonianze. Una classica e vergognosa “fuga all’inglese” dallo stadio, alla chetichella, schiumando una molto poco sportiva rabbia britannica. E questo è uno sgarbo mai visto. Non ci possono essere giustificazioni se non la scortesia, diciamo pure la cafonaggine, di chi si è visto rompere le uova accuratamente disposte nel paniere, dimenticando che il “fair play”, appunto, chiederebbe di giocarle sul campo, le partite, accettandone il risultato. E allora basta “fair play”. Si dica piuttosto “jeu loyal”, “gioco corretto”, “juego limpio”, inventiamoci qualcos’altro, l’esperanto, ma in qualche modo bisognerà sottolineare il comportamento da buzzurri offerto al mondo intero ed all’Italia dal complesso della società inglese (non scozzese, né gallese, né irlandese). È stato detto che domenica sera la Brexit si è davvero perfezionata. Può darsi, anche se le notizie che da un po’ arrivavano da quelle parti non erano per niente rassicuranti. L’Europa, della quale gli inglesi non vogliono far parte, ha ora una ragione di più per cercare e trovare quella coesione che la possa mettere stabilmente al centro dello scacchiere internazionale: il posto giusto per un’area geopolitica di quasi 500 milioni di abitanti, che producono oltre il 20 % del PIL mondiale. Ha anche un leader, che ben la rappresenta, ed è Mario Draghi. Mancini e i suoi hanno fatto a meraviglia la loro parte: adesso tocca a tutti noi, italiani ed europei. La Storia non darà ragione a chi vuole isolarsi su un isola e che tra un po’ magari perderà anche pezzi di quella (la Scozia). Nel frattempo anche il calcio, ex-football, gli ha detto male e, come ho letto su un gustoso meme di questi giorni: Elisabetta è Seconda, Sergio (Mattarella) è primo. |