C’è una bufala, tra le tante, che continua a girare con immutato successo:“In Italia da quasi dieci anni non c’è un Governo che sia espressione della volontà popolare”, denunciato usualmente con fare molto indignato. Detta così, uno si spaventa; perché, si chiede, in che razza di pasticcio istituzionale ci siamo cacciati, senza accorgercene? Come è potuto succedere? In effetti Monti, e poi Letta, quindi Renzi, Gentiloni, Conte gialloverde, Conte giallorosso, adesso Draghi, nessuno di questi Presidenti del Consiglio dei Ministri è stato eletto per fare quel mestiere. Anzi, quasi tutti non erano nemmeno stati eletti … E se tutti questi Governi non erano espressione della volontà popolare, di chi diavolo erano espressione? Poteri forti, logge massoniche, lobbies e potentati internazionali, il solito Warren Buffett, George Soros, la Spectre, i rettiliani? Serpeggia la paura … Ma la domanda in realtà ha una risposta molto semplice, e pure perfettamente costituzionale: tutti i Governi che si sono succeduti in questi anni sono sempre stati (e sono tuttora) espressione della volontà del … Parlamento italiano. L’indignazione è quindi del tutto fuori luogo. E già, perché la nostra, fino a riforma contraria, è una Repubblica parlamentare, dove la volontà popolare si esprime attraverso i deputati eletti nelle liste dei partiti politici, che dovrebbero, loro sì, rappresentare il volere dei cittadini. Per qualche anno ci siamo illusi che questa Repubblica parlamentare potesse essersi trasformata in qualcos’altro. Con Berlusconi e Prodi, da 1994 al 2008, noi cittadini abbiamo in effetti indicato non solo un partito ma anche un candidato Premier; ma si è trattato di eccezioni, direi perfino forzature costituzionali, tant’è che già D’Alema nel 1998 e Amato nel 2000 lo divennero non essendo stati eletti per quello (Amato non era nemmeno parlamentare). Che poi questa illusione (eleggere il Governo e sapere la sera delle elezioni a chi spetta governare per cinque anni) sia stata a lungo coltivata, sollecitata, promossa, proposta, anche con referendum, è senz’altro vero ma, per un motivo o per l’altro (e qui non starò a riaprire la dolorosa pagina delle occasioni perdute), nulla è mai cambiato e la Costituzione ancora prevede che i cittadini eleggano il Parlamento, che nel Parlamento eletto nasca una maggioranza, che esprime un Governo, che deve ricevere la fiducia da entrambe le Camere. Questa è la trafila. Piaccia o no. Rinfoderata l’indignazione e digerita la delusione, non resta che farsene una ragione, visto che non sono prevedibili modifiche ed evoluzioni, almeno nel breve-medio termine. Quindi, per le prossime elezioni del 2023 (chi spera in un anticipo rimarrà deluso…), bisognerà adattarsi. Personalmente ho sempre desiderato e caldeggiato un sistema bipolare, dove uno vince e governa, l’altro perde e fa l’opposizione, per cinque anni, ma forse in questo momento è meglio così, per il semplice fatto che non esistono due blocchi contrapposti e che non li si può costruire a tavolino: ci si può provare con le leggi elettorali, ma l’esperienza insegna che non funziona e che si fanno solo pasticci. La destra è forte ma non è per niente compatta e non si compatterà, perché le differenze al suo interno sono profonde (dai liberali conservatori europeisti ai sovranisti populisti con tendenze autoritarie e fascistoidi). La sinistra è meno forte (anzi, è piuttosto debole) ed è anch’essa anni luce distante dall’essere compatta, visto che le differenze al suo interno sono ataviche e praticamente insuperabili (dai riformisti liberali progressisti ai massimalisti nostalgici marxisti, populisti e terzomondisti). Qualsiasi ulteriore tentativo di sintesi nei due campi è destinato al sicuro fallimento. Nel breve, bisogna quindi lavorare per un quadro diverso: una maggioranza ampia che escluda le frange estreme, inutilizzabili per un riformismo moderno, sia a destra che a sinistra. Una maggioranza europeista, riformista, progressista, attenta alle problematiche ambientali ma senza fanatismi, socialmente trasversale, garantista. Insomma una maggioranza “civile”. Esiste una roba simile in natura? È lecito chiederselo, per non rischiare di cullare illusioni assurde. La mia risposta è che non solo esiste, ma sta pure governando il Paese da febbraio scorso, sotto la guida di Mario Draghi. E non ingannino le mattane di Salvini, Borghi Aquilini, o di Conte, Casalino o Travaglio. La maggioranza che governa davvero ha sostanzialmente le caratteristiche a cui ho accennato sopra. Ovviamente pochi sono disposti a riconoscerlo, ma è solo propaganda: chi comanda è un gruppo di politici molto competenti, che rappresentano esattamente la suddetta maggioranza “civile”. Si tratta quindi di trovare il modo di rendere stabile ed ufficiale questa apparente anomalia. D’altronde la Germania è governata da quindici anni da una maggioranza siffatta, e probabilmente lo sarà per altri cinque, anche se la guida questa volta passerà nelle mani dei moderni socialisti di Olaf Scholz, che finalmente hanno capito che quella è la strada da battere per vincere, e non una impossibile, fallimentare unità con la sinistra populista. Invece qui Bettini, Zingaretti, Letta, sognano di fare un governo con i cinquestelle: l’abbraccio mortale! Si aggiunga che Mario Draghi, della cui guida abbiamo bisogno come dell’aria almeno fino al 2026, non sarebbe mai disposto a fare il leader di uno dei due schieramenti eventualmente contrapposti. Oltre che dal suo formidabile curriculum, egli infatti trae la sua forza proprio dal non essere monopolizzabile né da destra né da sinistra, pur rappresentando con ogni evidenza un riformismo di centrosinistra. E allora cosa si fa? Si fa pulizia delle scorie, dei rimasugli populisti e sovranisti, ci si concentra su obbiettivi realmente perseguibili e non su ipotesi di fumose ed impraticabili alleanze tra forze che non condividono nulla. Vale a destra (cosa hanno a che fare Carfagna, o Brunetta, lo stesso Giorgetti, con Meloni, Borghi Aquilini, Salvini e Forza Nuova?) e vale a sinistra (cosa c’entrano Conte e Travaglio, o Bettini e Zingaretti – Letta non conta – con Bonaccini, Gori, Nardella, o Bentivogli, Calenda e Renzi?). Probabilmente stavolta si rende indispensabile una legge elettorale proporzionale, che produca una rappresentanza di partiti liberi dal condizionamento delle loro frange estreme e quindi pronti ad allearsi, dopo il voto, in Parlamento, come prescrive la Costituzione, in una maggioranza che affidi di nuovo a Mario Draghi, leader super partes, il Governo, almeno fino alla fine dei progetti europei, nel 2026. Una maggioranza “draghiana”, composita ma decisa a portare avanti le riforme di cui il Paese ha bisogno come l’aria, pena la sua definitiva decadenza. L’Europa applaudirebbe, i mercati ci sosterrebbero finanziariamente, gli alleati occidentali tirerebbero un respiro di sollievo, senza contare che la maggioranza degli italiani vivrebbe molto, ma molto meglio. Allora, è un sogno di una notte di fine estate? So, good night unto you all. Give me your hands, if we be friends, And Robin shall restore amends. (Quindi, buonanotte a tutti voi. Regalatemi un applauso, se siamo amici, E Robin a tutti i danni rifonderà).
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