Con la solita folgorante e sintetica lucidità Mario Draghi, intervenendo a proposito del Regolamento UE sui servizi digitali, ha detto: "Ciò che è illecito offline deve esserlo anche online". Sembrerebbe del tutto ovvio, puro buon senso, ma purtroppo non lo è affatto. È vero, piano piano, ma troppo piano, sta crescendo la consapevolezza che la rete non è quel luogo fatato, avulso dalla normale realtà, un po’ hippie, che ci siamo abituati a considerare, a partire dai tempi eroici di quasi trenta anni fa. Ma non basta affatto. La Rete è sempre più parte integrante della nostra vita e noi ci siamo dentro ben oltre il collo. La Rete è un pezzo di mondo dove si vive, si comunica, si compra, si vende, si fanno o si perdono soldi, si fa politica, … inutile stare lì a rimpiangere i tempi dei telex e dei fax, per chi se li ricorda ancora. Però è triste constatare come la Rete è e resta anche una giungla, una suburra, spesso anche una fogna a cielo aperto dove vige la legge del più ignorante, del più cafone e aggressivo, del più violento. Tutto questo capita essenzialmente a causa di una caratteristica, che purtroppo è diventata quella saliente nella Rete: l’anonimato. Mentre gli Stati si scervellano su come garantire un accesso sicuro per tutti i servizi che essi offrono ai cittadini (vedi identità digitale, SPID, …), le banche cercano garantire la sicurezza della transazioni e dei patrimoni personali e delle aziende, l’e-commerce cerca di personalizzare quanto più possibile il processo di acquisto, tramite il massimo dell’identificazione, singola e mirata, in tutte le relazioni dirette ed interpersonali vige la massima anarchia, il massimo dell’opacità, il massimo dell’impunità. Ho già più volte ricordato che tutte le manifestazioni social sulla Rete hanno ormai preso il posto dei vecchi muri dei cessi delle stazioni e degli autogrill. Ovvero lo sfogatoio di gente repressa, aggressiva, a volte proprio malvagia che, coperta dall’anonimato, dà libero sfogo al peggio del peggio dei rapporti sociali. Ora, capite che dire "Ciò che è illecito offline deve esserlo anche online" assume l’aspetto di un’affermazione rivoluzionaria. Se io incrociassi per strada uno che legge un giornale non affine alle mie idee e lo aggredissi vomitandogli contro epiteti ed insulti irriferibili, nessuno si stupirebbe se io venissi denunciato, querelato, condotto in giudizio e presumibilmente condannato, come minimo alle scuse pubbliche più le spese legali. Se però faccio la stessa cosa sulla Rete, nascosto dietro un qualsiasi nomignolo fantasioso, vi sfido a cercare di ottenere giustizia e riparazione! Purtroppo buona parte della comunicazione politica si svolge con questi canoni e nessuno se ne stupisce più di tanto. Anzi, illustri studiosi analizzano il fenomeno delle varie bestie e bestiole che infestano la Rete e pure psicologi e sociologi studiano i comportamenti dei singoli cosiddetti “leoni da tastiera”. Qualcosa non va. L’illecito è sempre illecito e la Rete non può essere un Far West separato dove vige la legge del pistolero e pure lo sceriffo può essere ammazzato dal bandito più veloce con la Colt. Mi sento a disagio a ripetere, ormai da anni, questo sermone. Mi consola quindi sentire il nostro massimo esponente nazionale ripeterlo con estrema chiarezza. Però nessuno si muove. Non si ha notizia di petizioni, di dibattiti, di disegni di legge, di qualsiasi attività concreta volta a mettere ordine nel caos. Chi solleva il problema viene trattato come un deficiente che non ha capito come gira il mondo: al massimo, compatito! Non facciamoci imbrogliare: non c’è alcun problema tecnico, non c’è nessun attacco alla privacy, nessun problema capitale; c’è solo assuefazione, pigrizia mentale e ribalderia di chi su questo immondo Far West costruisce immense fortune politiche e anche finanziarie: da Zuckerberg a Tik-Tok, o da Salvini-Morisi a Grillo-Conte-Casalino. Chissà se la UE, sotto la spinta di realtà più civili (il termine non è casuale, perché è di civile convivenza che si parla) delle nostre, potrà riuscire a mettere sotto osservazione il problema ed avviarlo a soluzione! Le parole di Draghi, pur se non direttamente riferite a questo aspetto, lo comprendono tutto. Draghi non parla mai a caso: ed è un uomo d’onore …!
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