Grande è la confusione sotto il cielo!Parola sia di Mao Zedong che di Massimo D’Alema … roba da lìder maximi, mica nespole. Il “tutti contro uno” precipita verso un furibondo “tutti contro tutti”, dove si menano le mani solo per il gusto di menarle, per far sentire la propria presenza, il proprio peso. Inutile cercare un briciolo di razionalità. Ognuno per sé e Dio … pare in tutt’altre faccende affaccendato. Come spiegare la sfuriata isterica di Carlo Calenda, al quale parte l’embolo in diretta TV e comincia a berciare in romanesco che a lui “de Renzi e de la Leopolda nun je ne po’ frega’ de meno!”? E lo ripete, compiacendosi del suono della sua voce, lo scandisce bene, l’occhio a palla, tradendo l’evidente imbarazzo che deve provare nel constatare che invece con la Leopolda deve confrontarsi eccome … altrimenti, “ma ‘ndo’ va?”. E' proprio il “nondum matura est” della volpe con l’uva. Sono piccoli episodi, che denotano il nervosismo, le terribili difficoltà del momento, e l’assoluta mancanza in quasi tutti di una visione di medio periodo. Ad esempio, tutti (molti) convinti che tanto alla fine Mattarella cederà e si farà rieleggere. Ma perché? Perché dovrebbe adattarsi alle pretese di una classe politica imbelle? Non è bastata già una volta? Ci ricordiamo il discorso durissimo con il quale Napolitano accettò la rielezione nel 2013? Dette degli incapaci a tutti i Parlamentari, e loro applaudivano contenti … “… la sordità di forze politiche che pure mi hanno ora chiamato ad assumere un ulteriore carico di responsabilità.” Che vergogna che avrebbero dovuto provare! Macché, tutto passato, tutto dimenticato, tutto normale. Napolitano cedette per la disperazione quasi due anni dopo, e meno male che ci fu chi andò a scovare Sergio Mattarella. E oggi ancora si vorrebbe riproporre la stessa violenza sul Capo dello Stato. Sarebbe inconcepibile, se non fosse l’idea, detta o non detta, di quasi tutti i Parlamentari, ancora una volta incapaci di fare il loro mestiere. D’altronde, ogni iniziativa politica viene sistematicamente smontata e demolita. Nel centrodestra, Salvini e Meloni, evidenti e irriducibili rivali, si guardano in cagnesco e fanno finta di appoggiarsi al fantasma del vecchio Berlusconi, ben conoscendo la sua debolezza, sia fisica che politica. A sinistra il “campo largo” di Enrico Letta si rivela strettissimo, visto che i cinquestelle sono palesemente allo sbando, senza idee, senza linea, con un leader debole ma presuntuoso, e pure all’interno del PD stesso sono evidenti le insofferenze reciproche delle due anime che da sempre si combattono: i massimalisti conservatori della Ditta e i riformisti. Nel campo dei riformisti fuori dal PD, abbiamo visto “l’aria che tira” (è lì che Calenda si è esibito …). Gelosie, diffidenze, cattiverie: in sostanza dicono tutti le stesse cose, ma non vogliono riconoscerlo, pretendendo di essere tutti unici e diversi. Vista così, sembra proprio una gabbia di matti. E Draghi in questo casino deve governare, in uno dei momenti più difficili della storia repubblicana! Chiaro che non sia agevole: in più c’è pure chi vorrebbe toglierselo dai piedi in fretta, spedendolo al Quirinale, anche se è evidente che la soluzione porterebbe ad elezioni e sarebbe esiziale per il futuro del Paese. E infatti poi sperano in Mattarella … Insomma, “grande è la confusione sotto il cielo!” Viva D’Alema, viva Mao Zedong! Servirebbe freddezza, lucidità, razionalità e non animosità, né irruenza. Ma se siamo arrivati a questo punto, non è solo colpa della pandemia. I problemi nascono a marzo del 2018, con elezioni da cui esce un Parlamento, un terzo del quale ha il dichiarato proposito di sfasciare tutto, sia per scelta politica (la famosa scatoletta di tonno da aprire), sia per oggettiva incapacità di gestire la politica a quel livello. Approssimazione, dilettantismo, “uno vale uno”, spregio delle istituzioni, ignoranza, ma chiamati irrevocabilmente a governare. Renzi gli impedisce di annettersi un PD annichilito e prono; si mettono col rombante Salvini, fanno strame dello Stato, chiudono i porti, aboliscono la povertà per decreto, riducono le dimensioni del Parlamento senza alcun criterio. Poi a Salvini gli va in circolo il mojito, convince Zingaretti ad andare a votare e di nuovo arriva Renzi a metterci una pezza. Via Salvini e i suoi “pieni poteri”, si accrocchia il governo Conte due, arriva la pandemia e partono le dirette Facebook di Conte-Casalino, pieni poteri ad Arcuri, DPCM a raffica, mentre finalmente l’Europa decide di intervenire massicciamente, non senza forti preoccupazioni per la classe politica al Governo (in buona parte quelli della scatoletta di tonno). Ancora una volta serve Renzi in modalità Mr. Wolf per mandare via Conte, impedire un ancor più disastroso Conte tre e creare le condizioni per chiamare Draghi con una squadra di persone competenti, decise, credibili, autorevoli, a gestire le vaccinazioni e il PNRR da oltre 200 miliardi. L’Europa tira un respiro di sollievo, ma il Parlamento resta quello che era, anzi ancora più balcanizzato, frammentato, ingovernabile, con forze politiche costrette a seguire Draghi, ma smaniose di ribellarsi, di riprendersi l’autonomia, di dare libero sfogo alle peggiori pulsioni consociative, assistenzialiste, conservatrici. È oggettivamente una situazione difficile da gestire: è la gabbia di matti di cui sopra … I trecento e passa deputati cinquestelle sono allo sbando, schegge impazzite, impauriti dalla possibile fine della legislatura, che li costringerebbe (quasi tutti) a rientrare nelle loro precedenti occupazioni (chi ce le aveva …) e porre fine ad un mestiere molto ben remunerato e gratificante. Sono tanti, sono sempre lì e i loro voti contano come prima: bisogna in qualche modo gestirli, guidarli, … Qualcuno deve farlo e non può essere Giuseppe Conte, leader di facciata, senza carisma, senza una linea, sbertucciato persino dal Fondatore Grillo; deve farlo il PD, che però prende fin troppo sul serio il compito, soprattutto quell’ala massimalista, non molto distante dal populismo dei cinquestelle. Letta si barcamena, smorza, parla di “campi larghi”, ma dentro al campo non entra nessuno … dovrebbe lasciare la cura dei cinquestelle a Bettini e Bersani e lui dedicarsi a fare gioco di squadra con i riformisti pragmatici. Bisognerebbe procedere con delicatezza, con sagacia, con sapienza politica ... e invece si preoccupa ossessivamente di Renzi. Insomma, guardiamo le cose con un po’ di distacco: cosa serve al Paese? Al Paese NON servono shock! Serve procedere con ordine e metodo nel contrasto alla pandemia e nell’avvio ed esecuzione dei progetti PNRR, per i prossimi cinque o sei anni. Quindi servirebbe superare lo scoglio dell’elezione del PdR attraverso una votazione rapida di un candidato gradito ad un ampio spettro di forze. Guai a stressare il sistema con un’elezione per pochi voti! È possibile? Secondo me sì. Basta volerlo. I candidati adatti (uomini o donne) si trovano. Subito dopo servirebbe ragionare sulla legge elettorale, dove un ritorno al proporzionale con sbarramento elevato potrebbe dare spazio alla voglia di contarsi di quasi tutti (lo dico con la morte nel cuore, avendo sempre preferito il maggioritario, che oggi però aggraverebbe i problemi). Bisognerebbe quindi mettere ordine nel quadro politico: sovranisti e nazionalisti, massimalisti e populisti, riformisti pragmatici. Le grandi famiglie presenti, che contano e pesano, sono queste e solo queste. Evidentemente solo i riformisti hanno le chiavi per gestire in modo ordinato ed armonico gli obbiettivi europei. Lo dico perché è chiaro che la destra sovranista preferisce Budapest a Bruxelles, mentre i massimalisti populisti sono strutturalmente allergici al pragmatismo ed in perenne antagonismo con gli organismi sovranazionali, convinti come sono di dover sempre fare una qualche “rivoluzione”. Insomma, quell’area riformista che oggi viene tanto strapazzata (e che si strapazza pure abbondantemente da sola) dovrebbe coordinarsi per permettere a Draghi di terminare il suo lavoro nel 2026. Questo è l’interesse del Paese, e solo questo: non di tutto il Paese forse, ma certamente di quella parte che, con i piedi per terra e la testa sul collo, non vuole avventurarsi in territori sconosciuti, e soprattutto non vuole perdere i contatti con gli altri Paesi europei che contano, ovvero Germania e Francia. Paesi che, guarda caso, stanno procedendo nella stessa direzione riformista: già oggi in Germania col governo Scholz, e domani in Francia con l’auspicabile riconferma di Macron. Vogliamo fare gli originali? Solo noi? Proprio adesso?
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