Comincio a sentirmi a disagio. E comincio pure ad incazzarmi …In un momento in cui il casino è sommo, in cui ognuno va per i fatti suoi, ognuno mira a fare le scarpe al vicino di destra o di sinistra, che è sempre il peggior nemico e il più pericoloso contendente dello stesso spazio elettorale, in un momento in cui chiunque ha un nome per il Quirinale e quindi, per non sbagliare, si confida nella riconferma di Mattarella (malgrado lui…!) o il “promoveatur” (“ut amoveatur”) di Mario Draghi, e infine quando pare impossibile far arrivare la legislatura al suo termine naturale, insomma in questo marasma molto poco creativo e soprattutto molto pericoloso per le sorti di questo disgraziato Paese, io, orgogliosamente riformista, devo sentirmi chiedere se sto con la sinistra oppure sto con la destra? “Ma mi faccia il piacere …!” – avrebbe detto Totò. Qui si stanno artificialmente raffigurando due simulacri, finti e falsi come una banconota da due dollari, di blocchi, autoproclamatisi destra e sinistra. “Ma dde che?”, direbbe il raffinato Calenda, prima di essere travolto dall’”orrrrrroooore”! Io sono un riformista, ho solide radici nella sinistra liberalsocialista, credo di avere ben chiaro in mente che per salvare il Paese serve un robusto piano di riforme strutturali (inutile elencarle, stanno quasi tutte nel PNRR) che non guardino in faccia a nessuna corporazione, a nessuna casta, a nessun interesse precostituito, siano essi magistrati, giornalisti, insegnanti, notai, tassisti, boiardi, gestori di stabilimenti balneari o tenutari dell’intoccabile TG Regionale di mezzanotte e un quarto, e mi devo sentire in imbarazzo a scegliere tra una destraccia impresentabile con tentazioni neofasciste e una sedicente sinistra di facciata? Sarò franco, franchissimo: chissenefrega della destra populista e sovranista, non è e non sarà mai casa mia, ma perché, per essere di sinistra, dovrei seguire Bettini, Provenzano, Bersani, Conte e Di Maio, e la loro corte di pifferai nei media “di regime”? “Ma mi rifaccia il piacere …!” – avrebbe ridetto Totò. Io rivendico il riformismo, quella roba che negli ultimi cento anni, in mezzo a difficoltà indicibili, ha fatto crescere e consolidare le democrazie occidentali, malgrado sia sempre stato osteggiato dai cosiddetti puristi di una cosiddetta sinistra massimalista, inconcludente, autoreferenziale e irrimediabilmente attirata dal populismo … Non ci sto a lasciargli l’eredità di Gobetti, di Salvemini, dei fratelli Rosselli, di Norberto Bobbio, di Olaf Palme, come di Amendola, Macaluso, giù giù fino a Napolitano. Non ci sto! E non riusciamo a metterci d’accordo. Le due “sinistre” non sono compatibili: ci abbiamo provato, abbiamo fallito, miseramente fallito; ci siamo fatti del male e abbiamo fatto del male al Paese, a partire dalla imperfetta realizzazione (con sabotaggio) del Partito Democratico e dalla sciagurata spaccatura sul referendum del 2016. Ho già detto mille volte che quell’episodio ha avuto lo stesso effetto devastante che avrebbe avuto una possibile divisione per il referendum del ’48 tra monarchia e repubblica. Allora il buonsenso (e la paura) funzionarono e permisero lo scatto in avanti. Sessant’anni dopo no. E siamo ripiombati nel marasma. E non è stato che uno tra i più eclatanti episodi di questa guerra a bassa intensità che non si è spenta mai, fin dal 1921. Dobbiamo venirne fuori, una buona volta. Quella sedicente sinistra massimalista, affascinata dal populismo, è stata sconfitta dalla Storia, ha perso, eppure resiste, abbarbicata a qualche brandello di privilegio e di potere strappato negli anni. Oggi non serve, non ha più contributi da dare, è solo capace di frenare l’emancipazione, la voglia di innovare, la voglia di tentare di costruire un futuro decente. Il nome è sbagliato: è conservazione, non evoluzione; è nostalgia, non voglia di futuro, non è la sinistra che cambia il mondo. Dobbiamo riappropriarci di un marchio che ci è stato scippato. Morte le ideologie funeste del Novecento, dobbiamo riprendere la strada della frontiera, dobbiamo conciliare libertà individuale e giustizia sociale, dobbiamo riuscire in quella sintesi sempre tentata e mai davvero realizzata. Dobbiamo, con gradualità ma con estrema decisione, liberarci di vincoli e remore e raccogliere i frutti, dopo un secolo di errori. Dobbiamo senza paura mettere insieme il meglio e non il peggio delle esperienze passate. Non sarà facile, ma come pensiamo di affrontare sfide epocali come le transizioni energetiche, ambientali, tecnologiche, con i vecchi strumenti politici ed ideologici del Novecento? Lo statalismo e l’assistenzialismo sono le armi di chi non crede nella forza della democrazia. Se vogliamo sperare di farcela contro le “democrature”, le democrazie illiberali, che ci minacciano dall’esterno ma anche dall’interno, dobbiamo dimostrare che solo coniugando libertà e giustizia si può resistere alla massificazione, al controllo statale, alla soggezione verso gruppi economici che nessuno riesce più a contenere. Io non vedo altre vie, e credo fermamente che la nuova sinistra, moderna e proiettata nel futuro, deve imparare a vincere questa sfida. Questa è l’unica vera efficace barriera al sovranismo, al provincialismo, al populismo, insomma alla destra. E al diavolo il mito del “centro”, ancor di più se “moderato”! Questo non è “centro” e non è “moderato”: è il luogo dove si vuole cambiare il mondo, e ben vengano risorse da ogni parte, purché dotate di intelligenza, spirito libero, coraggio e rispetto per l’umanità. E non è roba da élite: anzi credo che questo possa essere l’obbiettivo della maggioranza dei cittadini, che dalla pandemia hanno imparato (e sono tantissimi) che dalla crisi si esce aiutandosi, migliorandosi, usando la scienza e non diffidandone. Si esce con creatività individuale e coesione sociale. Quei simulacri di destra e sinistra che incombono coi loro martellanti apparati mediatici confondono le idee, imbrogliano, mistificano, occupano l’informazione e tendono al controllo della società, perché nulla cambi. La mia sinistra no: è libertà, è solidarietà, è giustizia, è crescita, emancipazione e sviluppo. Di questo sono (ragionevolmente) certo. Tutto il resto, sì che mi fa orrrrroooore!
|