L’anno che è arrivato ha subito portato con sé un paio di “notizie” che non si sa se prendere con incosciente leggerezza o se debbano incutere terrore e sconforto …Sentite qua, anche se forse avrete già fatto le vostre opportune considerazioni in merito … L’esimio professore, rettore di università nella rossa e disastrata Siena, Tomaso (mi raccomando, una sola “emme”, mica è un To”mm”aso qualsiasi …) Montanari se la prende con le palme del giardino del Quirinale, che facevano da sfondo al discorso di fine anno del Presidente, deducendo da esse nientemeno che la nostra, sempre secondo l’esimio, condizione di Repubblica delle banane. Dal Quirinale gli hanno fatto notare che le palme fanno datteri e non banane, dimostrando così un notevole senso dell’ironia e contemporaneamente rimandando in botanica lo spocchioso professore tuttologo, tanto amico della signora Gruber, che spesso pende dalle sue tenebrose labbra. Desumere da questo marginalissimo episodio lo stato miserando del dibattito politico in certa sedicente sinistra è fin troppo facile, ma non consola affatto, visto che l’uscita maldestra del “professore-senza-una-emme” non ha sollevato un universale concerto di pernacchie edoardiane, seguito da una immediata radiazione da tutti i media nazionali e locali per manifesta stupidità (qualcuno ha in effetti replicato citando Totò con un azzeccatissimo: “Ma mi faccia il piacere …!”). L’improbabile uscita ha anzi innescato un dibattito, al quale, me meschino, sto contribuendo anch’io, sulla rappresentatività del nostro Presidente. La smetto subito però, e passo alla seconda “notizia”, ben più corposa e gravida di nefaste conseguenze. Massimo D’Alema ha pomposamente annunciato che finalmente il PD è guarito dal morbo del renzismo e quindi lui e lo smacchiatore di giaguari, accompagnati da un esausto ed esangue Roberto Speranza, possono degnarsi di rientrare nel Partito che baldanzosamente e sdegnosamente lasciarono nel pieno della febbre renziana nel 2017, dopo avere a lungo brindato per la sconfitta nel referendum di una riforma che pur avevano approvato per sei volte in Parlamento. Se volevamo una conferma del fragoroso fallimento del PD come soggetto unificatore rappresentativo del variegato mondo di sinistra, ebbene questa conferma non poteva essere più lampante e insieme più drammatica. È tempo che la sinistra riformista in Italia sia completamente rifondata, e su basi diverse. La presenza del nefasto D’Alema in ciò che resta del PD impedisce qualsiasi ipotesi di costituzione di un soggetto “largo” per davvero. Un uomo che in vita sua ha solo alimentato divisioni, spaccature, fomentato astio e rancore non è compatibile con i compiti di una forza riformista. Tant’è che l’annuncio del “lìdèr màximo” ha gettato nello sconforto e nella più profonda disperazione i non pochi riformisti rimasti nel PD a presidiare una linea che ormai è del tutto svanita sotto le fumisterie di Letta e gli anatemi di D’Alema. Speriamo che lo capiscano in fretta e pongano riparo alla inarrestabile deriva massimalista e populista. Fossi Veltroni, padre fondatore, mi riprenderei il nome e caccerei sdegnato i mercanti dal tempio; ma Walter non ha “le physique du rôle”, e quindi il Partito è da considerarsi irrimediabilmente una “boccia persa” per il riformismo. Peccato: altri anni persi, invano. Il progetto riformista è ancora fermo ai box, e non basta cambiare le gomme. Per un’iniziativa politica seria serve che i riformisti si ritrovino sotto un tetto comune e la smettano di guardarsi in cagnesco e con diffidenza. Il destino dell’Italia è largamente nelle loro mani per cui, se continuano a litigare senza costrutto, condanneranno il Paese a lunghi anni di governo di una destra stracciona, incapace, ignorante, impreparata a tutto ma pronta a tutto. La sinistra massimalista e populista continui pure a corteggiare i rimasugli scomposti del M5S e abbia il coraggio di misurarsi a viso aperto con la realtà. Chi considera “malattia” un’idea politica diversa dalla propria ha evidentemente problemi seri nei confronti della democrazia. È un vecchio vizio presente nella sinistra da oltre cent’anni. È stata ed è la sua rovina. Ne usciremo? A inizio d’anno è obbligatorio essere ottimisti ed avere fiducia nel futuro. Il prossimo mese dirà molto sulle possibilità di condurre il Paese fuori dalla crisi che ancora lo inchioda a terra: quella è la vera “malattia”, dalla quale siamo tutti affetti. È vero: ci sono sintomi positivi, ma anche vecchie croste e cicatrici mai guarite, spesso purulente, capaci di paralizzare l’intero organismo. A inizio d’anno vorremo tutti un nuovo slancio: ci tocca invece fare i conti con zavorre appiccicose, che riemergono dal passato, come “zombies”. Ma all’Italia serve un buon leader o un buon esorcista?
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