Inutile: non vogliono (o non possono) farsene una ragione. Ormai è passato un anno, lungo e avventuroso, da che è diventato Presidente del Consiglio dei Ministri, l’abbiamo visto all’opera per mesi, eppure niente … Tutti (o quasi) i media restano convinti che Mario Draghi sia un Letta, un Salvini, un Tajani qualsiasi. Uno cioè che non parla diretto, soggetto predicato e complemento, bianco per bianco e nero per nero, uno che parla a nuora per la nuora e a suocera per la suocera, senza allusioni, ammiccamenti, doppi sensi. Mentre invece Draghi è soprattutto uno che parla solo, se, quando e come lo decide lui. Non può essere vero: impossibile, non può esistere in natura un governante di tal fatta. Eppure, Draghi non chiede di essere interpretato, chiede di essere ascoltato, e parla per essere ascoltato. Mentre invece tutti si sforzano di interpretare senso e controsenso, detto e non detto, testo e contesto. Una perdita di tempo. E se invece provassimo a sentire cosa dice e a prenderlo così, come lo dice? Ovviamente non è che poi bisogna pure condividere: uno può anche pensare che dica solo fregnacce senza senso, fatti suoi, del Travaglio di turno! Ma intanto provare ad ascoltare e giudicare quello che semplicemente dice. Tra l’altro, parla pure un ottimo italiano, forse un po’ sporcato dalle altre tre o quattro lingue che conosce benissimo, ma è sempre chiaro, lineare. Le metafore sono banali, mai fumose o arzigogolate. Prendete quella del “nonno al servizio delle istituzioni”: ci hanno costruito sopra un gigantesco castello di strategia politica. L’autocandidatura al Quirinale, l’ultimatum ai partiti, l’addio al Governo, settimane di chiacchiere, colonne su colonne di piombo, gigabyte di testi, di interviste, ore e ore di talk show, … E se invece avesse voluto dire (oh basta là…!) che era davvero al servizio delle istituzioni? Sul “nonno” si poteva anche discutere, ma sul “servizio” no. “Al servizio” significa “al servizio”, ovvero ditemi dove mi volete, visto che mi avete chiamato qui. E cos’altro di grazia avrebbe dovuto dire una persona nella sua situazione? Uno (appunto) chiamato dall’Umbria per raddrizzare il Governo di un Paese mandato alla deriva da statisti come Conte, Casalino, Zingaretti e Bettini? Arrivato a Roma per rimettere in funzione una farraginosa macchina sanitaria e presentare a Bruxelles un decente e credibile piano di opere e riforme a fronte di 209 miliardi? Il tutto senza provocare sconquassi sociali. Avrebbe dovuto dire “non rompetemi le scatole e lasciatemi lavorare”? Ha invece detto “sono qui a disposizione, ditemi VOI dove mi volete”. Apriti cielo! Oppure, giusto venerdì scorso, “un lavoro, se ne ho bisogno, me lo cerco da solo”: più chiaro di così … Dice “non tiratemi in mezzo a cose che sono fuori dalla mia portata. Mica sono Monti …!”. Oppure “superbonus senza controlli” oppure, sulla giustizia, “la riforma è questa, io il mio l’ho fatto, ora tocca a voi”, oppure ancora un paio di inequivocabili “lo escludo”… Cosa diavolo vuoi interpretare, più chiaro di così? Il problema è che nessuno parla così a Roma e dintorni (ma anche nelle altre sedi della politica …), dove se uno dice “bianco” è sicuro che non voleva dire proprio “bianco”, forse grigio, grigiastro o addirittura nero, ma certamente non “bianco”, che diamine! Dove tacere è impossibile, è escluso: la droga del microfono, sotto il naso, è più potente della polverina bianca. E invece questo, se non vuole parlare, semplicemente tace. E non è che una Lilli, una Conchita, una Lucia, gli possano fare gli occhietti dolci e lui accorre attirato dalla lucina rossa della telecamera. Figuriamoci! Capisco che è una rivoluzione copernicana per i nostri finissimi analisti e segugi retroscenisti, è una roba da rimanerne sbalestrati … Ma temo proprio che così è (anche se non vi pare). Lunga vita, nonno Mario!
|