A sentire gli accorati proclami “pacifisti”, lanciati sia nelle piazze fisiche che in quelle mediatiche da accigliati e pensosi dirigenti, intellettuali, opinion maker, pseudo leader di organizzazioni fatiscenti ed anacronistiche, spericolati equilibristi, uno si chiede in quale mondo vivano, che realtà vedano, quanto è spesso il velo dell’ideologia che annebbia loro sia gli occhi che la mente.Gente che riempie bocca ed etere di luoghi comuni, di ovvietà, di banalità tali da doversi chiedere se essi siano mai usciti dalla fase adolescenziale, quella nella quale tutti sono autorizzati (ma solo per poco tempo, però) a sparare cazzate in quantità industriale, purché siano molto immaginifiche. Di solito poi uno cresce e diventa più equilibrato, più maturo, ovvero più capace di calare le proprie idee nella realtà e misurarsi con essa. Non è per tutti così: perché vaneggiare di “neutralità attiva” non vuol dire nulla di concreto, è solo fuffa, e pure insistere per un intervento dell’ONU quando tutti sanno che la Russia ha ereditato il potere di veto dell’URSS e quindi blocca qualsiasi deliberazione operativa, o ancora teorizzare un pacifismo integrale, mentre l’autocrate bombarda i civili e le città, oppure auspicare la resa degli occupati (lo si chiede oggi dalle pagine de Il Riformista) per motivi umanitari, ricordare compulsivamente le supposte malefatte dell’Occidente come la progressiva estensione ad Est della NATO (estensione che NON è avvenuta con la forza, ma per libera adesione), rivangare l’Iraq, il Vietnam, l’Afghanistan (dove peraltro andarono prima i sovietici), persino Hiroshima, nulla di questo sfugge alla retorica né coglie la tragicità del presente. Sono tutte fruste ed artificiose argomentazioni che si smontano in un attimo, se pensiamo che l’Ucraina non costituiva minaccia per nessuno e che l’invasione è avvenuta a freddo, senza neanche una parvenza di motivazione (quella di “denazistizzare” il Paese proprio non si può sentire, per quanto è lontana dalla realtà…). Insomma, ogni tentativo per relativizzare un sopruso assoluto dimostra solo la vecchia e mai sopita pregiudiziale antioccidentale, antiamericana, antimercatistica, in sostanza antidemocratica. E pure la paura che il conflitto disturbi le nostre vite tranquille … Diciamoci la verità: la Russia è un Paese con un capitalismo oligarchico da fine Ottocento, ha un regime evidentemente dittatoriale dove non è ammesso alcun tipo di dissenso, ha un’economia modesta ed arretrata (ha un PIL ben inferiore a quello dell’Italia), produce solo armi, vive sfruttando le sue enormi risorse naturali, ha evidenti mire imperialistiche, avendo a suo tempo generato un orribile regime comunista che ormai difendono solo più pochi patetici mentecatti. Ma, ditemi voi, che diavolo può avere da insegnare al resto del mondo? L’Unione Sovietica almeno era nata per sperimentare un diverso modello di organizzazione sociale: per un po’ lo ha anche fatto, con la violenza che accompagna qualsiasi rivoluzione, poi arrivò Stalin, che risolse tutto in un totalitarismo sanguinario, né la destalinizzazione cambiò i caratteri autoritari e repressivi del sistema (Ungheria, Cecoslovacchia, …), che anzi divennero sempre più paranoici (ci ricordiamo “Le vite degli altri”, la STASI in Germania Est?). In quegli anni c’era in atto uno scontro tra mondi davvero diversi: l’Occidente libero e democratico, con tutte le sue contraddizioni, ma libero e democratico, e l’Est oppressivo e dispotico, almeno fino all’avvento di Gorbaciov che cominciò a sgretolare tutto il mostruoso castello ideologico che sorreggeva una società ormai fallita, sull’orlo della miseria, forte solo del suo arsenale atomico. Il crollo del Muro nel 1989 segnò l’acme del tracollo di un mondo che aveva già da molto tempo “esaurito la spinta propulsiva della Rivoluzione” (come ebbe a riconoscere Berlinguer, con un bel po’ di ritardo sugli eventi, alla fine del 1981), ammesso che ce l’avesse mai avuta. Quella “spinta” aveva illuso grandi masse di popolazione, ma aveva anche offerto un sogno, un ideale di emancipazione, che in Europa si declinò nei Partiti socialisti e socialdemocratici (e più tardi nel PCI in Italia) e si inverò nello sviluppo dello Stato sociale, nel moderno Stato di diritto occidentale. Ma lì, in quel mondo post-sovietico, l’evoluzione è stata verso un regime economico vetero-capitalista, illiberale senza nemmeno più il velo dell’ideale, sempre dispotico e basato sul maniacale controllo della popolazione, dominato da oligarchi beneficati da un potere assoluto, solo superficialmente aperto al mondo occidentale. La Russia da tempo non rappresenta più niente che non sia la propria volontà egemonica e la paranoica ossessione per la propria sicurezza (che peraltro nessuno si sogna di minacciare, checché se ne dica). Da qui deriva l’insofferenza per qualsiasi vicinanza con regimi più aperti e democratici: va bene la Bielorussia del dittatore Lukashenko, totalmente controllata dal Cremlino, ma non l’Ucraina, che addirittura ambisce all’Unione Europea e forse pure alla NATO. Pretesa inaccettabile, tanto da rendere indispensabile, agli occhi del dispotico potere russo, un’azione prevaricatrice di vasta portata (“operazione militare speciale”, mica guerra di invasione …!). E allora a tutti quelli che predicano pace, neutralità, fratellanza, resa umanitaria incondizionata, vorrei ricordare che così stanno oggettivamente difendendo l’azione di un regime totalitario, violento, illiberale, egemonico ed aggressore. Puro e semplice, senza alcuna maschera, ormai. E se ritengono che il mondo libero e democratico, pur con tutti i suoi problemi e contraddizioni, debba cedere alla prevaricazione, ebbene dovrebbero sapere che così si rendono del tutto complici della violenza, riconoscono il diritto del più forte di prendersi con la forza tutto quello che vuole, homo homini lupus, alla faccia di secoli di lotte per la libertà e la democrazia. E anche alla faccia di quegli ideali di uguaglianza, libertà e solidarietà per cui in milioni sono morti e che qualcuno si ostina ancora a difendere.
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