Dopo quasi ottant’anni da Hiroshima, questa crisi ucraina sta mettendo in luce il vero baco dell’era moderna, il punto debole di tutto il sistema, che è pure la chiave di volta di un precario equilibrio di forze.Debbo essere più chiaro … Da che esistono le armi atomiche con il loro mostruoso potere distruttivo, si è creato quello che con poca fantasia è sempre stato chiamato “equilibrio del terrore”, ovvero quell’equilibrio basato sulla “deterrenza”: sappiamo che quelle armi danno la possibilità di distruggere tutto, riteniamo ciò ovviamente non auspicabile da parte di nessuno, ergo, cerchiamo di non provocarci più di tanto l’un l’altro, perché sappiamo che fino in fondo non potremo mai andare, pena l’apocalisse globale. Ragionamento semplice, lineare e pure efficace, visto che per quasi ottant’anni ha permesso un equilibrio non proprio di pace, ma comunque stabile a sufficienza da tenere lontane le ipotesi di una guerra totale. Gli scontri non sono mancati, tanti, ma sempre con il freno tirato della “deterrenza”. Purtroppo questo schema ha sempre avuto in sé, congenito, un punto molto debole, che ora vediamo forse chiaramente per la prima volta. Proprio per l’enormità della minaccia, si dava per scontato che nessuno potesse spingerla oltre un certo limite. Non lo fece Kruscev negli anni Sessanta, non lo fece l’Occidente, non lo fecero i gerontocrati negli anni Settanta e Ottanta, e neppure dopo il fragoroso crollo dell’impero sovietico. Ma adesso al Cremlino c’è un nuovo tipo di autocrate (in realtà è lì da oltre vent’anni, ma per un po’ ha tenuto anche lui il freno tirato, secondo le consolidate tradizioni). Questo autocrate, che probabilmente vede avvicinarsi la fine del suo lungo ciclo (ricordate “Quanto dura un dittatore?”), sta mollando il freno e ci sta spingendo fuori dagli schemi conosciuti. Proprio giocando sulla “deterrenza”, sceglie di forzare la mano, oltrepassa il limite, impone (cerca di imporre) la sua volontà di dominio, certo che nessuno vorrà e potrà andare fino in fondo per contrastarlo. Molla il freno e sfida il mondo a vedere dove può arrivare. Una specie di “all-in”, giocato con la massima spregiudicatezza e cinismo sulla pelle dell’umanità. Il gioco è molto pericoloso perché non siamo affatto sicuri di poter contare sul suo equilibrio anche mentale e sull’efficacia della “deterrenza” nei suoi confronti. Il dittatore si spinge sempre più in là, sicuro che gli verrà concesso e, in aggiunta, dà un messaggio chiaro a tutti i regimi simili al suo, in cui il potere non è assoggettato ad alcun tipo di controllo democratico. Teorizza una pseudo-democrazia illiberale, autoritaria ed autocratica, come nuovo modello di ordine mondiale, per schiacciare le (secondo lui) vetuste e superate democrazie liberali occidentali. I sovietici non si spinsero mai a tanto: lui lo sta facendo, cercando così di fornire anche una dimostrazione di fattibilità del suo schema perverso. Cosa faranno Cina, India, Pakistan, Iran, ma anche Turchia, Brasile, Ungheria, Serbia, …, tutti paesi che con ogni evidenza indulgono alle tentazioni della democrazia illiberale? Non dimentichiamo che tra questi Paesi rischiavano di finirci anche gli Stati Uniti di Donald Trump e dell’assalto al Campidoglio, avventura bloccata dagli ancora forti anticorpi democratici presenti in quella società (ma la minaccia non è affatto scomparsa …). Sarà più forte in questi Paesi la voglia di equilibrio, connessa con l’economia del mercato globale, che permette loro di mantenere rapporti decenti con il ricco Occidente, favorendo crescita e prosperità, oppure saranno tentati da questa perversa voglia di egemonia per cercare di estendere il loro sistema di organizzazione sociale? Il passato scontro ideologico tra democrazia liberale e comunismo statalista potrebbe quindi essere sostituito da questo nuovo scontro ideologico, con la differenza che mai e poi mai né noi né l’URSS avremmo immaginato di superare i limiti di Yalta, mentre questi autocrati di oggi Yalta non sanno neppure dov’è. È una sfida difficile per l’Occidente, costretto a competere su un piano che non è affatto congeniale alle democrazie liberali, basate sulla libertà e sul consenso esplicito dei cittadini. Urge prendere coscienza di un tale salto di qualità, di questa minaccia mortale, e predisporre le adeguate contromisure. Ne va della nostra sopravvivenza, in tutti i sensi. Togliamoci dalla testa folli idee come quella di “esportare la democrazia”: sono state già bocciate clamorosamente dalla Storia con danni inenarrabili. Qui dobbiamo difendere il nostro “way of life” e pretendere che a nessun autocrate venga in mente di esportare con la forza il suo. È un’impresa per persone di forte dirittura morale, di chiara visione strategica geopolitica, non per improvvisati stregoni populisti. L’Occidente deve lottare per la sua esistenza, e speriamo che lo possa fare con mezzi meno cruenti di quelli che sono costretti ad usare gli ucraini. Serve pazienza, perseveranza, resistenza. A questo proposito, vorrei concludere con una nota di speranza, derivata dalla storia di oltre un secolo fa. L’esploratore britannico Ernest Shackleton organizzò nel 1914, alla vigilia della Grande Guerra (allora non era ancora sorta la necessità di numerarle …) una spedizione per l’attraversamento dell’Antartide. Pubblicò il seguente annuncio sui giornali dell’epoca: "Si cercano uomini per una spedizione pericolosa: bassi salari per lunghe ore di arduo lavoro in condizioni brutali; mesi di buio continuo e freddo estremo; grande rischio per la vita e per gli arti da malattie, incidenti e altri pericoli; piccole possibilità di fama in caso di successo." Shackleton quegli uomini li trovò. Partirono in 28, fu un’impresa costellata di difficoltà ai limiti della resistenza umana, compresa la navigazione in mari infernali su scialuppe di pochi metri e l’attraversamento a piedi di catene montuose. L’impresa durò due anni, due anni di traversie. Ma tornarono in 28, tutti sani e salvi, giustamente orgogliosi di quanto avevano fatto. Come previsto, non ebbero la fama che meritavano: nel 1916 l’Europa era impegnata in ben altre imprese. E il secolo si annunciava molto duro. Questa volta la saggezza dei governanti e dei leader deve far sì che la Storia segua un corso diverso.
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