Non è un romanzo di Graham Greene, e nemmeno di Agatha Christie.Il treno blindato e schermato che parte da un binario ultra-protetto di una stazioncina al confine polacco e si addentra nella notte ucraina è suggestivo, evocativo, ma è pure assolutamente reale, concreto. Va verso oriente, anche se non è l’Orient Express. Impossibile comunque resistere alla tentazione di buttarla in letteratura. Tre uomini intorno ad un tavolone di noce, in una carrozza ferroviaria arredata in un vago stile liberty, vestiti informali e cartelline azzurre davanti, una selva di fotografi dietro gli obbiettivi, che non si vedono ma ci sono, come si presume un imponente apparato di sicurezza a protezione dei massimi capi dell’Europa. È un’Europa finalmente visibile, tangibile, racchiusa in un anacronistico espresso che procede, per oltre dieci ore, verso Oriente, verso Leopoli e poi Kyiv. Cosa c’è dietro a questa accuratissima preparazione di una missione che arriva dopo quasi quattro mesi di guerra e che non può risolversi solo in fotografie e suggestioni letterarie? Quanti preliminari, quanto lavoro diplomatico, quante migliaia di persone sono servite a rendere possibile questo spezzone di film così affascinante ed evocativo? Per un paio d’ore, prima di ritirarsi nei (supponiamo) non comodissimi compartimenti loro assegnati, i tre Capi, in jeans, camicia e maglioncino, avranno messo a punto, guardandosi in faccia e bevendo acqua rinfrescata (in un film sarebbe stato scotch …), una giornata che non potrà essere ricordata solo come un viaggio un po’ avventuroso, con relativa photo opportunity: altrimenti si darebbe ragione a quel “bontempone” di Medvedev, che non ha perso l’occasione per ironizzare su rane, salsicce e spaghetti (mamma mia, che livello …!). Questo evento deve per forza segnare una tappa fondamentale, possibilmente una vera svolta nella vicenda della guerra. Intanto c’è la decisione di accogliere Ucraina e Moldova del club EU. Non era scontato. Ma non basta. Adesso bisognerà attendersi passi concreti per avviare negoziati che non siano solo fumo negli occhi, ma che prefigurino un futuro assetto più stabile della regione e non solo. È un compito molto arduo, direi anzi assolutamente impossibile, se il dittatore del Cremlino non si convince a partecipare. Putin ha assistito a questo imponente spiegamento mediatico europeo senza dire nulla, a parte la formidabile battura del fedele Medvedev. Era stato informato? Certamente sì. Ha espresso qualche commento o fornito qualche seppur vaga prospettiva? Non lo sappiamo e non ce lo diranno di certo. Possiamo solo aspettare i prossimi sviluppi, che non potranno mancare. Dubito comunque che i tre si sarebbero esposti tanto, dopo quattro mesi di oscuro lavorio sotterraneo, nei quali da più parti si sollecitava un intervento, senza avere nulla in tasca. Il viaggio notturno non può essere solo il trailer di un film … E quindi l’Europa, rappresentata al massimo livello dai tre Paesi guida (ebbene sì, c’è anche l’Italia di Draghi, e solo Travaglio o Montanari, poveretti!, possono pensare che ci sarebbe stato meglio Conte con la pochette …), ha preso un’iniziativa forte, visibile, non formale. E tutte le persone di buona volontà non possono che esserne felici. Le crisi che si stanno accumulando sono numerose, e tutte difficili da gestire, dai tanti, troppi, teatri di scontro potenziale ai nuovi equilibri geo-politici, dall’economia globale all’approvvigionamento energetico, dalla transizione ecologica alle probabili crescenti tensioni sociali un po’ dappertutto. Una concentrazione spaventosa di problemi che richiederà il massimo di competenza, sangue freddo e capacità di visione da parte dei nostri governanti. Pensiamoci bene a chi vogliamo dare le redini del Paese in questo frangente: purtroppo l’offerta è in larga parte desolante, il livello di competenza e visione è bassissimo, il personale politico è quello che è. C’è ancora chi dubita della funzione dell’Europa, c’è chi pensa che tutto si risolva facendo debiti e regalando sussidi, c’è chi in fondo crede che la democrazia liberale sia solo un impiccio fastidioso e pletorico. Il populismo, il nazionalismo sovranista non sono una risposta al problema, sono IL problema. Perché precipitano verso un mondo senza libertà, senza speranza di sviluppo, senza un futuro che valga la pena di costruire e di vivere. Dovremmo capire una buona volta che uno non vale uno, che solo con metodo e tanta professionalità abbiamo speranza di venirne fuori. Il nostro sistema politico è senz’altro migliore; non è perfetto, ma è infinitamente migliore di ogni altro. Il treno che nella notte ucraina correva verso l’epicentro del terremoto in atto non trasportava solo tre persone importanti, trasportava anche e soprattutto una concezione del mondo che io non baratterei con null’altro, né con le vaghe e confuse promesse populiste, ma nemmeno con le utopie tardo novecentesche che ancora tanto appassionano certe anime belle di una sedicente sinistra parolaia e inconcludente, gretta e provinciale. I destini del mondo si decidono anche di notte, su un treno espresso che corre verso oriente, certamente non nei talk show e sulle pagine di un’editoria piccina piccina, invidiosa, astiosa, miope, anzi accecata dal rancore e dall’invidia, che pensa solo al rendiconto settimanale delle entrate pubblicitarie. È ora di tirare fuori tutto il meglio di cui possiamo disporre, in tutta Europa. L’America è forte, ma sta attraversando un momento molto difficile: un altro Trump sarebbe una mazzata insopportabile per la civiltà occidentale. C’è carenza di classe dirigente credibile e non è né giusto né opportuno affidare tutte le speranze ad un politico navigato ma ormai ottantenne. Serve subito una prospettiva di ricambio. Qui da noi, in Europa, il problema è minore (Macron e Scholz sono abbastanza saldi), ma in Italia non stiamo messi bene. Le prossime elezioni, tra quasi un anno, saranno l’ennesima ordalia. I riformisti non possono permettersi di passare la mano a pericolosi dilettanti con poche idee in testa, confuse e pure sbagliate. Pensiamoci bene, altrimenti quel treno nella notte resterà solo un ricordo, un ennesimo rimpianto, ancora un’occasione perduta. Sarebbe come aver preso sì il treno giusto, ma scendendo di corsa alla prima fermata…
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