Il muro c’era, era lì, bene in vista, alto e solido; ciononostante non abbiamo sterzato e ci siamo finiti contro. Le conseguenze le valuteremo presto. Non saranno rosee … Nel frattempo, mentre i cocci ancora volano e chissà come e dove andranno a posarsi, una volta in più dobbiamo confidare in Mattarella per cercare di contenere le conseguenze potenzialmente più drammatiche di questa terribile sbandata elettorale. Non c’è dubbio che il Presidente farà il suo dovere nell’interesse generale (almeno lui …!). Inutile quindi stare a fare troppe previsioni e almanaccare ciò che ci toccherà vivere nelle prossime settimane. Meglio faremmo, tutti noi che crediamo fermamente che esista un’alternativa al becero populismo trionfante, a dedicarci al più presto alla ricostruzione di soggetto politico che abbia idee e forza per sfidare l’onda montante che ci sta travolgendo. Un’onda più grande e pericolosa di quanto può apparire, per il semplice fatto che non solo Meloni coi suoi periclitanti compari sovranisti e populisti (Berlusconi compreso, che fa l’europeista ma è l’indiscusso inventore ed promotore del populismo italiano …) ha ottenuto un’ampia maggioranza, ma anche all’opposizione il populismo “spopola”. Il 15 % dell’avvocato del popolo, famoso “punto di riferimento del progressismo ...”, unito ad un altro 6-7 % di minuscoli partitini sparsi, porta il totale vicino ai due terzi dell’elettorato. Tutti chiaramente sovranisti e populisti, semmai inconsapevoli, ma è persin peggio. E non basta, perché in quello che rimane del PD (19 %) la quota populista è sconosciuta ma certamente non irrilevante, anzi. Nel prossimo imminente Congresso la potremo contare … Insomma, è evidente che ben oltre due terzi degli elettori italiani, per non contare il 35% del totale che, rimanendo a casa, elettore ha scelto di non esserlo, sostiene, più o meno convintamente, forze politiche sovraniste e populiste. C’è da mettersi le mani nei capelli: vuol dire che questo Paese è davvero ormai regredito in uno stato di passività semi-comatosa dal quale sembra molto difficile svegliarlo. Mi si potrebbe legittimamente obbiettare che la sto facendo grossa e che in realtà sono tutti voti di persone rispettabili e coscienti, che ai miei occhi avrebbero il solo torto di pensarla diversamente. E chi credo di essere per giudicare? Vero, ma posso almeno domandarmi quanti di quei milioni di italiani che si sono lasciati trascinare dal populismo, o che restano a casa, hanno effettivamente da guadagnare da questo stato di cose? Quanti si aspettano che davvero le mirabolanti promesse elettorali sentite in queste ultime settimane vengano realizzate per davvero? Quanti credono che l’Italia sarà migliore sostituendo Draghi con Meloni? Quanti sono disposti a credere che le loro vite, e quelle dei loro cari, saranno effettivamente più agevoli dopo questa elezione? Sono domande non lecite? Posso almeno sospettare che molti abbiano votato senza porsele minimamente? E che si siano bevuti acriticamente la “flat tax”, la pensione a 60 anni, 1.000 euro per tutti, le dentiere di Berlusconi, la “pace fiscale” di Salvini, la voce grossa in Europa (ma per dire che?), il blocco dei migranti, persino il raddoppio del reddito di cittadinanza, che però Meloni vorrebbe abolire del tutto? Non sarà che il voto sia stato perlomeno un po’ “leggerino”? E quando il governo di destra si scontrerà con la dura realtà dei conti pubblici, dei mercati, dei vincoli e dei trattati, e chiederà pazienza agli elettori e responsabilità agli eletti, cosa succederà? Riceverà proteste dagli elettori e in Parlamento comincerà il balletto degli eletti. E quale mirabolante altro prodotto elettorale verrà partorito per soddisfare le voglie insane di un elettorato sempre pronto a lamentarsi e a scaricare in fretta e furia il demiurgo di turno? Per quel momento, che temo arriverà molto presto, dovremo avere messo a punto una proposta credibile, anche se nessuno ci crederà. Perché è più facile credere a Wanna Marchi che a Mario Draghi. Insomma, questo Paese non è tutto da buttare: non lo penso, non l’ho mai pensato, anche se a volte la tentazione c’è, inutile negarlo. Ma se la parte raziocinante, concreta, pragmatica, produttiva, giovane (si diano da fare, salgano a bordo, ca**o!), non si attrezza per rappresentare con forza le sue esigenze, la maggioranza di sfiduciati, creduloni, disperati, illusi o semplicemente e pelosamente interessati allo status quo manterrà il sopravvento. Ora sono al potere: tocca a loro, ma non possiamo mangiare popcorn in attesa di vedere dove ci porteranno. Ci attendono mesi burrascosi, avremo addosso gli occhi di tutto il mondo. Giorgia Meloni non pare proprio Margareth Thatcher ma, quand’anche lo fosse, c’è solo da sperare in un prossimo Tony Blair che la soppianti (senza passare da John Mayor, possibilmente). Gli eventi corrono, il modo è in fermento, l’Italia non può stare alla finestra a guardare, magari assieme ad Orban e Le Pen. L’interesse nazionale è un altro, il nostro posto è un altro. Qui si profila la formazione di due poli populisti, a destra e a sinistra. Sarebbe un disastro non avere una forza riformista seria e credibile che raccolga i probabili cocci e li organizzi in qualcosa di accettabile. Se non lo facciamo noi, chi lo fa? Quali alleanze costruiamo (non lo si fa da soli), quali risorse impegniamo (a chi ci rivolgiamo)? Dove sono le giovani leve che dovranno sobbarcarsi buona parte del lavoro? Di tempo non ce n’è tanto e la ri-costruzione di un progetto politico non è cosa da poco. “… spezza le vene delle mani mescola il sangue col sudore se te ne rimane”. (I. Fossati) PS: ho rubato all’amico e compagno Sergio Staino a cui, pur nella diversità di vedute, mi sento sempre vicino, l’amara vignetta che riporto in cima. So che soffre molto per questa disastrosa situazione e spero che accetti di buon grado il furto operato da un “maledetto renziano”. |