Avrei voluto …, ma invece ho passato due giorni a cercare di spiegare (soprattutto a molti ex-compagni del PD) che piangersi addosso non serve a nulla, e nemmeno prendersela con chi non si è associato alla loro coalizione. La destra ha vinto, non ha stravinto, ma adesso deve governare e un’opposizione seria deve cercare di limitare i danni e proporre alternative fattibili, comprensibili ed efficienti. E deve pure collaborare, casomai la destra proponesse qualcosa di decente e condivisibile, o si parlasse di riforme istituzionali o leggi elettorali, che dovrebbero essere sempre bipartisan. Molti danno consigli al PD (… si sa che la gente dà buoni consigli, se non può più dare il cattivo esempio …): Letta vada via, Letta rimanga, parte il toto-nomi, si avanzano le prime candidature, formalizzate davanti alle telecamere dei giornalisti amici, si benedice qualcuno, si maledicono tutti gli altri. Numerosi, ed insospettabili, sono quelli che paradossalmente chiedono al PD di fare quello che in realtà stanno cercando di fare Calenda e Renzi: un partito riformista moderno. Non lo dicono così, ovviamente, figuriamoci …!, ma in sostanza chiedono al Partito di mettersi su un percorso ben diverso da quello che conduce al populismo del M5S di Conte o al massimalismo di Fratoianni e Bonelli. Sui radicali di Emma Bonino nessuno osa fare previsioni, essendo per definizioni così imprevedibili da diventare inaffidabili: ed è inutile che Bonino si offenda! A tutti è evidente che il PD com’è oggi non basta più, che non ha assolto alla sua missione originaria, che deve ripensare profondamente la sua collocazione, il suo linguaggio, la sua proposta politica, forse persino il suo nome. Forse non a tutti è altrettanto evidente che però, nel frattempo, si è anche perso in un meandro di gelosie, rancori, interessi personali, correnti, perfino clientelismo e familismo. Allora, lasciamo perdere le definizioni generiche, i tanti possibili candidati leader, e parliamo di sostanza. Andrebbe ascoltato il discorso di Keir Starmer al Congresso dei Laburisti inglesi a Liverpool, qualche giorno fa, per sentire qual è la direzione che quel partito sta finalmente prendendo, dopo la pagina più buia della sua storia (il Labour ha perso il potere nel 2010, alla fine dell’epoca di Tony Blair, che era stato eletto per ben tre volte consecutive, dal 1997). Per riprendere il contatto con la realtà, con la società vera, si deve penetrare a fondo nelle sue esigenze profonde e darle speranza, darle qualcosa per cui valga la pena impegnarsi e lottare. Non una generica promessa di socialismo, di egualitarismo, di assistenza. Serve la molla dello sviluppo e della crescita, serve dare opportunità di lavoro, di formazione, di promozione, di giustizia sociale non paternalistica ma sostanziale, servono investimenti, non estremismo ma pragmatismo; io aggiungo un’autentica prospettiva europea federalista (questo Starmer non lo può dire, anche se forse lo pensa). Calenda e Renzi ci stanno provando e ci riusciranno. Sono già una presenza maggioritaria tra i giovani; nelle grandi città, al Nord, tra i ceti produttivi sono davvero il terzo partito. Vi pare poco in un mese e mezzo? Il PD, o quello che vorrà diventare, deve scegliere se seguire la strada di Jeremy Corbyn, sconfitto dalla storia e dagli elettori, o quella di un nuovo Labour razionale, moderno, concreto nelle proposte e nelle promesse, lontano da ogni populismo ed estremismo. Lasciamo per favore da parte battute, rancori, ruggini, preconcetti, insulti e sottintesi: parliamo di prospettive, di contenuti, di proposte vere su ambiente, energia, lavoro, istruzione, istituzioni, welfare sostenibile, tutte cose che fanno la differenza e toccano davvero gli interessi della popolazione; tutta la popolazione, anche quella che ha acriticamente seguito Meloni e che tra poco forse se ne stancherà. È possibile parlare di politica e non di cariche, di correnti? Abbiamo (purtroppo) un po’ di tempo davanti: non sprechiamolo in sterili polemiche. Tutti dovremmo impegnarci a voltare pagina, visto che il Paese ha scelto di dare la maggioranza alla destra e ci ha lasciato il compito di ricostruire. Ognuno faccia il suo percorso liberamente e fino in fondo: ad un certo punto si misureranno le distanze e si capirà se e come si potrà organizzare un’alternativa vincente. Io chiedo all’opposizione che si dice riformista di isolare quelli che vogliono solo litigare e quelli che propongono scorciatoie demagogiche e populiste. Un partito serio non deve essere accondiscendente, deve indicare e perseguire soluzioni efficaci. Non deve lisciare il pelo al malcontento, deve superarlo, con ostinazione e determinazione. Insomma, mi fermo qui. Credo sia chiaro cosa ho in testa e che mi auguro possa avvenire. Altro che nominalismi e personalismi. C’è in gioco molto di più. Bisogna avere il coraggio di pensare in grande, di realizzare in grande. E in culo tutto il resto.
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