Parliamo di cose serie. Spero non noiose, ma serie. Come sicuramente NON avrete letto, visto che la notizia è stata accuratamente oscurata da pressoché tutti i media, di ogni ordine e grado, nei giorni scorsi è ufficialmente nata la Federazione tra Azione ed Italia Viva (quella che si chiama, ancora per poco, spero, Terzo Polo). Era stata annunciata ed approvata nelle Assemblee dei due Partiti pochi giorni fa e, con rimarchevole sollecitudine, è nata anche formalmente, con tanto di documento firmato ed organi direttivi: quattro pagine molto snelle ed un Comitato di 14 persone, 7 di Azione e 7 di IV, presieduto da Carlo Calenda con la Vice-Presidente Elena Bonetti. Nessuno se ne è accorto, ma è successo. La Federazione è nient’altro che un impegno di coordinamento delle azioni politiche da parte dei due partiti, peraltro già realizzato nei gruppi parlamentari, unitari sia alla Camera che al Senato. Si potrà obbiettare che iniziative politiche nascono e muoiono ogni giorno, ma un soggetto politico con le caratteristiche di quello appena nato non si vede tutti i giorni. Anzi, non si vedeva da tempo … Nel documento è scritto chiaramente che la prospettiva è creare un partito unico “entro il minore tempo possibile”, ovvero un obbiettivo soggetto solo a problemi di carattere formale e burocratico e non politico (non sono previsti “periodi di prova” o possibili ripensamenti). Si delinea “la costituzione di un partito unico dei liberaldemocratici che sia aperto a tutte le forze e le energie liberali, riformiste e popolari che si riconoscano nei valori della Repubblica e respingano ogni forma di populismo di destra e di sinistra.” Non resta che augurarci che tutto proceda celermente e che in poco tempo si arrivi alla nascita del nuovo partito, sperando di poter godere dell’attenzione dei media, ora tutti concentrati sul (confuso e stanco) rito del Congresso PD, i suoi candidati, le sue regole, e non disposti a dare alcun credito a due ben noti rompicoglioni (Bibì e Bibò), che si sono messi in testa di costituire un’alternativa schiettamente riformista. Meglio fare finta di niente, "sopire, troncare, …, troncare, sopire", scriveva Don Lisander. Ma … già che ci siamo, a me pare che manchi qualcosa di importante. Per carità, andiamo pure avanti tranquillamente, ma nel frattempo farei un pensierino in più sulle radici culturali e politiche che sono citare nell’accordo. Siamo sicuri di non poter nemmeno citare tra di esse la cultura “socialdemocratica”? Possiamo tralasciare un pezzo di cultura politica del Novecento così consistente? Capisco che a certuni (semmai quelli che vengono da Forza Italia) la parola possa dare l’orticaria, ma come si fa a parlare di riformismo senza includere, ripeto “includere”, anche la tradizione socialdemocratica? Non parlo di Tanassi e Longo, per chi se li ricorda ancora, ma di Turati e Matteotti, oppure di Olaf Palme e Tony Blair, un qualche milione di gradini più in su nella scala dell’importanza storica. D’altronde, parlando di tradizione liberale, ci riferiamo ad Amendola e Piero Gobetti, mica ad Altissimo …! E includendo la socialdemocrazia, non diventa del tutto naturale il riferimento al socialismo liberale dei fratelli Rosselli, di Salvemini, persino di Bobbio? Insomma, per tutto il Novecento e oltre, il riformismo è stato connotato dalla cultura liberale E da quella socialista, che hanno trovato talmente tanta complementarietà da costituire la base per ogni seria politica riformista. Liberaldemocrazia e socialdemocrazia sono, con una semplice operazione algebrica, riconducibili alla “democrazia liberalsocialista”. Welfare e mercato, merito e solidarietà, sviluppo economico e progresso sociale, diritti e doveri. Non si può escludere tutto questo dell’atto fondativo di un Partito riformista. Poi, capisco che in questo preciso momento, in questa contingenza, oggi, è meglio cercarsi uno spazio poco presidiato (l’area liberaldemocratica) piuttosto che pestare i piedi ad altre forze politiche almeno in teoria più vicine all’area socialdemocratica, ma questa è azione politica di breve termine, le radici ed i riferimenti culturali sono un’altra cosa, sono le fondamenta su cui si costruisce. Il Pantheon deve essere condiviso, deve includere e non escludere. Fortunatamente non abbiamo nostalgici della stagione comunista, e nemmeno di quella socialista ad essa violentemente contrapposta nei nefasti contrasti tra Craxi e Berlinguer. Come diceva Grillo (ma guarda chi mi tocca citare …), “siamo oltre…”, ma per davvero. Tutta la storia migliore del Novecento non è stata altro che un sovrapporsi, un rincorrersi, tra liberali e socialisti, e solo con la sintesi siamo arrivati ad una società libera e protetta, ad un Welfare che ora ci pare scontato ma che non lo era affatto, ad una concezione di “alleanza tra produttori” che ha definitivamente archiviato i frusti concetti di lotta di classe che pure un tempo ormai lontano hanno dato un contributo importante alla emancipazione dei popoli. Oggi è impossibile immaginare un mondo libero e moderno senza quei contributi essenziali. Stiamo costruendo una casa nuova, dotiamola di tutte conoscenze migliori di cui disponiamo, senza rinunciare a nulla, solo per tatticismo. Sono sicuro che non ce ne pentiremo. |