Questo è un messaggio (non in bottiglia) destinato a tutti quelli che si stanno sbattendo per dare vita e futuro al cosiddetto Terzo Polo (o come deciderà di chiamarsi). Ha certamente ragione Carlo Calenda quando denuncia che destra e sinistra negli ultimi tempi (una trentina d’anni almeno) si sono confuse, mischiate, scambiate di ruolo, con connotazioni che non sono più riconducibili né all’una né all’altra tradizione culturale. Ha ragione e gli esempi che porta sono tutti illuminanti. Questa deprecabile situazione però non è capitata per caso, per malasorte o per qualche bizzarra congiunzione astrale. È capitata perché, da un po’ di tempo in qua, forse per pigrizia o conformismo, si è smesso di verificare con puntualità la coerenza delle politiche con i principi, gli ideali, le radici che hanno connotato, da che esiste la democrazia, i concetti di destra e sinistra. La destra e la sinistra esistono in natura, lo sappiamo tutti, e tanto più hanno senso in un’assemblea rappresentativa, dove è naturale distinguersi per impostazione culturale, per priorità politiche, per finalità da perseguire. Pur senza soluzione di continuità (sono lì, una affianco dell’altra, con tutte le infinite sfumature intermedie), esse rappresentano due diverse visioni del mondo che non è utile confondere, anche perché esse saranno alternativamente chiamate ad essere maggioranza di governo e minoranza d’opposizione.. Norberto Bobbio dedicò al tema acute e definitive riflessioni, mentre Gaber e Luporini, negli stessi anni, la buttavano sul ridere, un riso molto amaro, sul bagno “di destra” e la doccia “di sinistra”. Già allora (quasi trent’anni fa) si registrava la confusione che regnava nel cielo della politica ... Grillo e i cinquestelle (e non solo loro) ci hanno poi costruito sopra la loro fortuna (che ahimè è risultata almeno pari alla nostra sfortuna di cittadini …). “Questa” destra e “questa“ sinistra hanno in effetti fatto molto casino e con poche, pregevoli ma troppo saltuarie. eccezioni, hanno lasciato il cumulo di macerie che adesso abbiamo davanti e che, più prima che poi, dovrà essere ripensato e rimesso a posto. È un bel problema, e per uscirne non è sufficiente invocare solo il pragmatismo dei progetti, che sarebbero buoni o cattivi, prima di essere di destra o di sinistra: serve di più. Serve una direzione, un obbiettivo, servono principi informatori dell’azione politica. Servono riferimenti e radici culturali. Bisogna fare chiarezza. Cerco di dirlo in modo semplice (e pure un po’ schematico): un consistente pezzo della politica, sedicente di sinistra, ha voluto gabellare per sinistra (e, ahimè, c’è pure riuscita) un generico ed indistinto “sentimento popolare”, che è sempre più diventato indistinguibile dal “populismo” più becero, ovvero il correre dietro alle (presunte) esigenze della pancia del Paese, e non alle sacrosante e vitali necessità dei cittadini attivi che non chiedono pacche sulle spalle e caramelle, ma vogliono essere ben governati, vogliono poter usufruire di servizi adeguati e godere di eque opportunità per conquistarsi una vita migliore, più consapevole, più solidale, e anche più agiata. Il progresso, insomma. Non basta imprecare contro le disuguaglianze per qualificarsi di sinistra, né indignarsi contro le ingiustizie. Non basta cavalcare ogni protesta, sposare ogni dissenso, né guardare la prima della Scala con i poveri e i senzatetto. Quelle sono chiacchiere vuote, fuffa mediatica, populismo becero, appunto. Non basta nemmeno invocare ogni piè sospinto l’intervento invasivo dello Stato, o dare assistenza a pioggia, o promettere un impossibile Bengodi a tutti. Quello non è progresso, è ruffianeria pelosa. E con la sinistra non ha nulla a che fare. È una mistificazione grossolana. A mio parere, è sinistra ciò che cambia effettivamente le condizioni date, che costruisce strutture sociali solide e sempre migliori, che espande benessere e giustizia, anche se non incontra un immediato favore “popolare”. Compito della politica è prendersi la responsabilità di guardare lontano e attuare riforme e provvedimenti che migliorano il mondo per tutti, con i tempi e i modi possibili. C’è quindi un impellente ed insopprimibile bisogno di ridefinire la sinistra, e farlo in modo laico, disincantato, scevro di pregiudizi. Il problema è che i populisti (oggi, ma anche ieri) pretendono di essere loro, e solo loro, la sinistra, quella vera; e si scelgono un compito facile, visto che ad assecondare le proteste e la rabbia sono buoni tutti, anche un azzimato avvocato con la pochette. Poi però fanno cose che fa anche la destra, e così via confondendo. Meloni ad esempio ha appena rivendicato il ri-aumento delle accise come misura di giustizia sociale. Noi riformisti non possiamo farci scippare il concetto di sinistra da chi non si propone altro che lucrare sullo scontento della gente. La “gente” merita di più: merita concretezza, competenza, soluzioni e non promesse di ipotetici e indistinti “sol dell’avvenire”. Il tema è vecchio di almeno cent’anni. Per troppo tempo abbiamo permesso ad una finta sinistra populista, autoreferenziale e supponente, di fare danni, di sabotare, di distruggere tutti i tentativi di riformare il sistema in senso liberal e socialdemocratico: Prodi, Veltroni, Renzi, Draghi, sono le vittime più recenti. Dobbiamo al più presto trovare la forza per ridefinire totalmente il paradigma di una sinistra democratica moderna, chiamando i populisti con il loro nome e ricacciandoli nell’area a loro più assimilabile, ovvero quella destra populista e sovranista, con cui condividono quasi tutto, anche se fanno finta di combattersi. In ogni caso, smettiamola di confonderli con la sinistra. Solo così potremo creare una forza riformista davvero ampia, popolare, maggioritaria, e non un piccolo movimento elitario di pura testimonianza. Dobbiamo ambire a diventare egemoni e custodi del concetto di sinistra democratica. Liberaldemocrazia e socialdemocrazia sono assolutamente complementari. Gli avversari sono il populismo e il sovranismo, comunque ammantati, sia che si abbarbichino al potere sia che si adagino in una comoda opposizione, senza mai accettare la sfida del futuro, del progetto, del progresso. Purtroppo quella destra e quella sinistra, per un secolo e più, hanno coperto i peggiori regimi illiberali con luminosi ideali, buoni però solo a coprire violenze, soprusi e tanto sangue. È ora di fare chiarezza e chiamare le cose con il loro nome. Non c’è alcuna scintilla sotto il muro di Berlino, come non c’era dentro al fascismo, né in ogni totalitarismo. C’era solo sangue ed oppressione. La scintilla è dentro ognuno di noi, se crediamo nel futuro, nella libertà, nell’uguaglianza e nella giustizia sociale, e se ci adoperiamo per fare ogni giorno un piccolo passo nella giusta direzione, anche senza clamori e folle plaudenti. E la destra? Deve anch’essa ridefinirsi? Deve chiarire fini e strumenti? Se lo volesse fare davvero, oggi farebbe molta fatica a distinguersi da populisti e sovranisti, ovvero da gente inferocita che assalta i Parlamenti o che non si fa alcuno scrupolo nel reprimere ogni anelito di libertà. Non è una bella compagnia … Ai (pochi) eventuali sinceri democratici che si sentono diversi consiglio caldamente di venire con chi fa della tolleranza e del progresso il suo programma. Si troverà senz’altro meglio.
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