“Settimana fondamentale”, diceva, e lo diceva immancabilmente tutti i venerdì, Lelio Luttazzi, introducendo la prima Hit Parade alla radio (questa è archeologia mediatica e non pretendo che sia nei ricordi di tutti). Si è passati dalle intercettazioni al Festival di Sanremo, dalla cattura del boss agli anarchici, dalle gabbie salariali fino ai salti della quaglia di Dino Giarrusso, ex-Iena ormai declassata a più innocuo volatile. Andiamo con ordine: sull’argomento Giustizia, e intercettazioni connesse, si è scatenato un mastodontico fuoco di sbarramento da parte di stampa, televisione, magistratura, parti politiche assortite di destra e di sinistra, manco fosse in pericolo lo Stato di diritto. Che in realtà è davvero messo in pericolo, ma dall’uso abnorme, e relativa diffusione, di un pur fondamentale strumento di indagine, che nessuno, ripeto nessuno sano di mente, ha mai pensato di eliminare. Ma si sa che l’espediente dialettico più comune è attribuire all’avversario cose che in realtà non dice, e bastonarlo … Nella fattispecie Nordio ha ripetuto, semmai in modo troppo colorito, cose arcinote, che scrive e dice da anni, solo che stavolta l’ha fatto da Ministro, e quindi … apriti cielo! Come al solito, il fuoco di sbarramento ha il compito di ricordare che “chi tocca i fili muore”. Sull’argomento sono stati molto chiari ed efficaci Michele Serra e Mattia Feltri. Pur diversi tra loro per estrazione culturale, hanno entrambi inquadrato molto bene l’argomento, che ha come protagonista in primis il sistema dell’informazione. Infatti, mentre per i magistrati il problema è la gestione dello strumento, migliaia di pagine da trascrivere ed analizzare, con costi altissimi, in funzione dell’efficacia dell’indagine, il vero problema con alta rilevanza sociale è la diffusione incontrollata di informazioni irrilevanti penalmente, ma molto appetitose per il gossip. E dato che ormai NESSUN mezzo d’informazione (cartaceo, tv o online, è uguale) rifugge dal pettegolezzo, sta agli operatori del settore, alla loro coscienza professionale, regolarsi secondo buon senso e seguendo linee di principio che non violentino la vita privata delle persone. Ha detto bene Serra: un criminale mette in conto la perdita di reputazione, un innocente invece viene letteralmente distrutto dalla divulgazione di notizie improprie. “Ucciso”, dice Michele testualmente. E Feltri si chiede quale sia l’interesse pubblico a sapere che il boss Denaro usava il Viagra oppure a importunarne la figlia, che ha fatto di tutto, per decenni, per tenersi separata da un così ingombrante padre (queste non sono intercettazioni, ma l’atteggiamento dei media è lo stesso, invasivo e violento …). Su questo argomento Serra e Feltri sono mosche bianche. Io spero che, con la loro indubbia autorevolezza, vogliano spingersi sempre più fuori dal conformismo dominante e vogliano aprire davvero un dibattito pubblico approfondito e diffuso. Ho i miei dubbi che glielo lascino fare, visto che Serra ha dato l’intervista al Foglio e non a Repubblica, cui ha lasciato solo una piccola ma pungente "Amaca", e Feltri a La Stampa è relegato nel suo quotidiano “Buongiorno” di dieci righe. C’è un bisogno impellente di riportare il discorso su binari di razionalità e di civiltà. I media ci stanno mandando il cervello all'ammasso, senza alcuna opposizione evidente. Saremo grati a tutti i giornalisti che troveranno il coraggio di distinguersi dalla melassa populista che ci avvolge e ci soffoca come un blob. Sulla cattura del boss mafioso si sono scatenate fantasie, allusioni, “certezze”, su trattative, scambi, promesse, tradimenti e quant’altro attizza la fantasia un po’ malata dei complottisti di turno. Ho sentito magistrati non in servizio dire cumuli di ovvietà col fare pensoso e profondo di chi sta centellinando pillole di verità, mentre è evidente che nessuno ci darà mai i dettagli di una abnorme latitanza durata trenta anni e di una cattura perfezionata dopo chissà quanti tentativi e fallimenti. Che MMD abbia cercato indirettamente di trattare le condizioni della resa è altamente probabile, ma nessuno ce lo confermerà mai. Ora bisogna solo vigilare sugli sviluppi, se ce ne saranno, della sua carcerazione e sul proseguimento delle indagini. che mi auguro avvenga nella massima discrezione possibile.. Altro tema caldo è l’annunciata partecipazione all’ultima serata di Sanremo di Zelensky, con un messaggio preregistrato di due minuti. Altro apriti cielo! Dimenticandosi bellamente di tutte le decine e decine di interventi “fuori tema” che abbiamo visto a Sanremo nel corso dei decenni, da Gorbačëv e consorte agli operai in lotta, dagli aspiranti suicidi a veri e propri comizi politici a spese della TV di Stato (memorabile il Celentano del 2012 …). Ma posso ricordarne uno dei più terribili (e vigliacchi) degli ultimi anni? Era il 2017, Carlo Conti e Maria De Filippi conduttori, e Maurizio Crozza, molto in voga al momento, aveva invaso il Festival con le sue gag e imitazioni. Ad un certo punto, con la sua faccia e la sua voce, senza imitare nessuno, parte con una intemerata di oltre tre minuti contro Renzi e il suo governo, peraltro appena caduto a seguito del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Una invettiva maramaldesca, feroce, diretta, inequivocabile, faziosa, senza neppure una parvenza di satira, prodotta davanti a oltre 11 milioni di telespettatori, a spese della RAI e del contribuente. Per chi ha voglia di verificare: questo è il filmato, dal minuto 4:30. Allora ci ribellammo in pochissimi, ma in seguito ebbi la soddisfazione che persino il mio amico e compagno Sergio Staino (tanti auguri, Sergio, forza, ti aspettiamo!), pur irriducibile antirenziano, dovette convenire che Crozza l’aveva fatta abbondantemente ed impunemente fuori dal vaso … E adesso ci preoccupiamo che il Presidente di un Paese democratico, invaso e martoriato da una potenza imperiale, Paese a cui forniamo supporto militare insieme a tutti i nostri alleati, usi due minuti due dell’ultima serata di Sanremo per rappresentare la condizione terribile del suo Paese in guerra? Certo, si può essere perplessi, però basta riflettere un attimo per comprendere che non si può e non si deve negare una platea così vasta e variegata ad una causa così sacrosanta. Ma a qualcuno conviene fare finta di non capire che l’Italia NON è neutrale in questa sporca guerra: l’Italia è schierata apertamente per la causa ucraina, come i suoi alleati e come tutta la Comunità Europea di cui fa parte da Paese Fondatore. E allora ben venga Zelensky a Sanremo: io lo ascolterò come ascoltai Sting al Festival del 1986, ben prima del crollo del Muro (era appena arrivato Gorbačëv), quando ci regalò un’emozione fortissima cantando “I hope the Russians love their children too”, sulle note del Lieutenant Kijé di Sergej Prokof'ev. Forse non era consono al momento? Mi sono dilungato: degli anarchici, delle gabbie salariali e dei salti della quaglia di Dino Giarrusso, ex-Iena declassata, arrivata fresca fresca nel PD a sostenere Bonaccini (che l’ha presa come una polpetta avvelenata e non se ne è dimostrato contentissimo…) forse parleremo un’altra volta.
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