Le analisi demoscopiche del voto di domenica scorsa confermano quanto appariva già abbastanza evidente a prima vista. L’elezione di Elly Schlein è stata alimentata da un robusto afflusso di elettori del M5S (stimato intorno al 22% dei votanti); inoltre, la metà dei votanti alla Primarie non sarebbero stati elettori del PD alle ultime elezioni politiche: è stato quindi robusto l’afflusso anche di elettori della sinistra extra-PD, nonché quello di un po’ di astenuti pentiti. Escluderei altri apporti. Insomma, un voto che è andato ben oltre i confini dell’elettorato effettivo del PD. Si capisce come il voto degli iscritti a favore di Bonaccini sia stato sorprendentemente ribaltato … Più che lecito domandarsi: è giusto? è corretto? ha senso? Il PD farebbe bene a riflettere a fondo su un fatto che non si era mai verificato prima. Forse qualche messa a punto del processo si rende necessaria … E poi una serie di paradossi: stando ai dati, i cinquestelle avrebbero favorito l’elezione del candidato che presumibilmente darà loro più filo da torcere, essendo affine e concorrente come posizione politica. È evidente che Schlein, se sarà abile e se lo vorrà, potrà cercare di svuotare il M5S degli ex-PD, e sono tanti, che vi si sono rifugiati negli anni, attratti dalle chimere di Grillo, Travaglio, Di Maio, Di Battista, Taverna, Conte, e compagnia bella. IL M5S avrebbe avuto molto più spazio politico con un riformista (seppure ecumenico) come Bonaccini, ma evidentemente in tanti non hanno resistito alla tentazione di influenzare il loro ex-Partito. Insomma, un voto in libertà, poco razionale, che si orienta come un venticello fresco di primavera. Infatti Schlein, pur sostenuta dalla storica nomenklatura del PD, quella responsabile di tutte le scelte non esattamente felici degli ultimi quattro anni, da Zingaretti a Franceschini, da Provenzano a Boccia e Bettini (malgrado, sfidando il ridicolo, tutti continuino imperterriti ad attribuire ogni colpa a Renzi), s’è fatta passare come la paladina del rinnovamento, ma anche del ritorno alle radici originarie, quindi una novità “alla moda”, forse con gusto un po’ retrò. L’elettorato ci ha creduto e l’ha fatta vincere, contro la più “assennata” indicazione degli iscritti dei circoli. L’operazione è riuscita alla grande, come quasi sempre avviene, quando un’opzione inedita o un outsider baldanzoso si affacciano sulla scena, da Trump alla Brexit e BoJo, da Salvini a Di Maio, infine a Meloni. Suvvia, proviamone uno nuovo e vediamo l’effetto che fa. Il popolo elettore, se non resta a casa, è alla continua ricerca di novità, di esperienze inedite, di quel certo frisson che dà il mai visto, e certamente su questo piano il povero Bonaccini deve essere sembrato grigio, noioso, insopportabile. Cosa c’era di meglio e di più eccitante della frizzante Elly? Non importa che l’attuale Segretaria finora abbia espresso un programma politico a livello di “baci Perugina”, fatto di alte intenzioni, proposizioni generiche, nessuna indicazione concreta e misurata sulle compatibilità geopolitiche o finanziarie. Questi non sono aspetti che un certo tipo di popolo è abituato a valutare: se gli gira, va, vota e poi, eventualmente, si lamenta. È la democrazia, bellezza! Ma è questo il terreno su cui bisogna misurarsi. Inutile illudersi. Molto è stato detto sulla nuova Segretaria, da chi la osanna come una nuova Giovanna d’Arco (o forse Rosa Luxemburg) a chi la sfotte per le sue origini poco proletarie, per il suo essere ed il suo apparire, a chi la eleva a contraltare mediatico di Giorgia Meloni (Eva contro Eva …). Tutto molto triste e deprimente, in verità. Altro paradosso: in effetti entrambe le eroine nascono incendiarie; la prima s’è già dovuta, obtorto collo, pompierizzare un bel po’; la seconda lo farà, o vorrà correre il rischio di terremotare il Partito e vederselo svuotato da tutti quei riformisti brutti, grigi e pure renziani? Si accettano scommesse … Comunque, Schlein è stata eletta con regole condivise da tutti e adesso tocca a lei. Ha un compito da far “tremar le vene e i polsi”, ma avremo modo e tempo per valutare e giudicare o suoi atti. Sulle armi all’Ucraina, aldilà dei generici e inconcludenti auspici di pace, o cosa proporrà sul lavoro precario, sul quale finora non s’è sentito nulla di concreto (… lei intanto sta occupando uno dei posti più precari al mondo, uno dove non c’è art. 18 che ti possa proteggere …), sul reddito di cittadinanza, sull’energia e l’ambiente, sulla politica estera, la giustizia, i termovalorizzatori, … la lista è lunga. Schlein, senza alcuna pregressa esperienza politica significativa, con un curriculum drammaticamente vuoto, per una fortunata combinazione di eventi ha ora in mano le redini della parte più consistente e strutturata dell’opposizione; vedremo anche da chi e come si farà consigliare. Anche qui la lista è lunga. I media non aspettavano altro per riattizzare contrasti, per sfoderare più o meno verosimili retroscena, per spettacolarizzare lo storytelling della politica italiana. Il gruppo GEDI (Stampa e Repubblica) si è incaricato di tirare la volata. Pochi riescono a tenere un profilo più basso e razionale. Nel frattempo però, oltre i fuochi d’artificio, serve anche chi, magari a testa china e senza cagnara, si occupi di progettare un futuro decente. Che tanto arriverà, forse anche prima di quanto pensiamo. Come ho già detto spesso: astenersi perditempo.
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