Parliamoci chiaro: il 25 aprile è la Festa di chi ha vinto la guerra contro il nazifascismo e si riferisce apertamente alla storia ed alla tradizione di chi quella guerra ha combattuto e vinto, con la divisa o senza, in montagna, in città e in ogni dove. Su quella vittoria, a partire da quella vittoria, è stata costruita una Repubblica con una Costituzione che trasuda antifascismo da tutti i pori, checché ne dica La Russa, che pateticamente fa lo gnorri e preferisce mostrare una crassa ignoranza piuttosto che andare contro le sue evidenti radici culturali. È quindi soltanto ovvio che gli sconfitti non abbiano nulla da festeggiare. Chi mai festeggia una sconfitta, per di più rovinosa, epocale, complessiva, come quella? È innegabile, lo dice la loro storia, che la destra al Governo, almeno quella di Fratelli d’Italia ma non solo, affonda le sue radici nella storia e nella tradizione della parte sconfitta. E ci stupiamo che non sentano il 25 aprile come loro festa? Per sentirla loro, dovrebbero cambiare testa, dovrebbero troncare definitivamente qualsiasi rapporto culturale e storico con quell’infausta esperienza, dovrebbero trasformarsi in altro da sé. Non un generico rincrescimento, non una presa di distanza (tanto ci pensa la Storia …), non una condanna articolata su luci ed ombre del Ventennio italiano o del Decennio tedesco, ma un distacco totale e definitivo. Non è un’operazione semplice. Serve la scure, non il bisturi. Servirebbe ben altra statura storica, ben altro spessore, ben altra determinazione di quella dimostrata da personaggetti politici come Lollobrigida, La Russa, Donzelli, …, tutti sotto l’ala protettiva di mamma Giorgia, che con tutta evidenza cerca di fare il pesce in barile. Semplicemente non possono. Non sono loro. Non avevano digerito affatto il tentativo di Fini di trent’anni fa a Fiuggi, tant’è che ancora oggi gli rinfacciano la casa di Montecarlo, che col fascismo ha evidentemente molto a che vedere … Non hanno voluto fare quello che buona parte della sinistra ha fatto con le radici comuniste, seppur con enormi difficoltà e dolorosissimi mal di pancia, e nemmeno tutta la sinistra, visto che ancora serpeggiano, e affiorano, evidenti nostalgie di un periodo nel quale, pur dopo avere condannato (molto tardivamente) il comunismo sovietico, si restò nel guado, sognando un impossibile eurocomunismo, una terza via, un non-allineamento politicamente acrobatico. È difficile cambiare le proprie radici, è un’operazione dolorosa, atroce, (chiunque sa quanto sia difficile cambiare la squadra del cuore, che pure con la politica nulla ha a che vedere …). Servirebbe l’analisi di uno psicoterapeuta molto bravo per sondare i processi mentali che contrastano e impediscono il distacco, o che servirebbero per produrlo. Non è solo politica … Per prima cosa si dovrebbe capire ed accettare che esiste in natura una destra che con quelle radici non ha nulla in comune. Nessun dubbio che i gollisti repubblicani in Francia, i conservatori inglesi, i democristiani tedeschi, fondino la loro politica su un antifascismo strutturale, non posticcio, non acquisito, ma parte costituente della loro Storia. Nascono e crescono sulla vittoria della Guerra e sulla sconfitta del nazifascismo. I nostri no. La destra italiana viene da lì e ne è anche fiera, malgrado sia costretta a continue acrobatiche contorsioni, visto che ora governa il terzo Paese della UE e l’ottavo (o il nono, non importa) Paese del mondo. Il mondo occidentale, destre e sinistre, è tutto fondato sull’antifascismo per il semplice motivo che esso è nato dalla vittoria, che il nazifascismo l’ha sconfitto. La prospettiva storica non può farci perdere di vista i dati oggettivi. Quindi, o la destra italiana si “converte”, radicalmente, profondamente, definitivamente, e si affranca senza remore da quella tradizione, oppure resterà nel guado, per sempre. Il problema è che buona parte dei cittadini italiani non ha molto chiara in testa questa distinzione netta, irrevocabile, ed è convinta che questa destra sia una destra “normale”, tant’è che l’ha votata senza tanti problemi, come pure votò un insieme vuoto chiamato Movimento Cinque Stelle. La Repubblica italiana, è tempo di riconoscerlo, nel suo complesso non è riuscita, in quasi ottant’anni, a radicare questa divisione netta con le culture totalitarie del Novecento e adesso ne paghiamo le dolorose conseguenze. A poco servono quindi i peana contro il fascismo risorgente: non sono mai andati via, sono sempre loro, e adesso sono legittimamente al Governo. E non gli va proprio giù di dover festeggiare una sconfitta, proprio adesso che hanno vinto loro (e pure democraticamente…!). Buon 25 aprile a tutti, belli e brutti. Fortunatamente, e grazie al sacrificio di tanti, quella volta abbiamo vinto noi.
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