Avevo scritto: “Nessuno tocchi Rovelli!”, parafrasando il “Nessuno tocchi Caino!”, che impone di garantire la salvaguardia anche di un colpevole (è il principio dell’Habeas Corpus, previsto fin nella Magna Carta nel 1215). Nel nostro caso si tratta di salvaguardare il diritto di espressione che è alla base della civiltà occidentale: il diritto di poter dire anche le peggiori fesserie, purché non costituiscano reato di altro genere (diffamazione, oltraggio, ecc.). E invece, in capo a pochi giorni dalle sparate, diciamo, “pacifiste” del Professore al Concerto del Primo Maggio, ecco che addirittura uno zelante funzionario ministeriale gli revoca un invito ad una prolusione da tenere presso la prossima Fiera del Libro di Francoforte. Apriti cielo! Fiumi straripanti di solidarietà pelosa da parte di tutta la schiera di finto-pacifisti nostrani, sedicenti intellettuali più o meno fasulli, strenui difensori di ogni diritto, ben pronti a far sentire la loro protesta vibrante per l’affronto alla libertà. Vergogna! L’esimio Professore censurato, libera voce zittita per compiacere un Governo di destra: fortunatamente dal Governo nessuno ha confermato ostracismi di alcun genere, nemmeno uno come Sangiuliano, titolare dell’odierno Minculpop, per non parlare di Crosetto, Ministro al centro dell’invettiva rovelliana. Tant’è che la revoca è stata tosto revocata a furor di popolo e Rovelli potrà liberamente parlare a Francoforte dove, invece di illustrare le sue interessanti ricerche sulla fisica teorica, ora si sentirà in dovere di lanciare rinnovati proclami pseudo-pacifisti contro “i mercanti di strumenti di morte”. Contro i mercanti e non contro la guerra in sé, perché la bizzarra tesi del Professore, di cui nessuno parla, è che la guerra esiste perché ci sono industrie che producono armi. Ovvero, causa: l’industria – effetto: la guerra. Col che, uno si domanda qual era lo stato dell’industria delle armi presso i Persiani al tempo delle guerre del Peloponneso, o a Cartagine al tempo delle Guerre Puniche, ma anche presso gli Unni al tempo di Attila, o i Crociati, e via dicendo. Devono esserci state, vallo a sapere, fiorenti industrie nell’antichità, anche molto remota, con spietati “mercanti di strumenti di morte” che fomentavano guerre per professione. E gli Americani, cattivi per definizione, non erano ancora stati nemmeno inventati … Uno si fa la domanda, poi si risponde, e scopre che il rapporto è semplicemente invertito. Ovvero, più correttamente, causa: la guerra – effetto: l’industria. La guerra purtroppo si fa da che mondo è mondo e, in un mondo “evoluto” ed industriale come il nostro, c’è ovviamente un’industria con le relative tecnologie che serve allo scopo. Non ci fossero le bombe, ci tireremmo le pietre con le fionde, cosa certamente meno letale ma moralmente non meno riprovevole … Albert Einstein, non proprio un guerrafondaio, disse di non sapere con quali armi si sarebbe combattuta la terza guerra mondiale, ma si disse convinto che la quarta sarebbe stata combattuta con le pietre. L’egregio Professore deve avere studiato troppo la fisica quantistica con i suoi stati probabilistici, e quindi confonde le più elementari connessioni logiche tra cause ed effetti, roba alla portata di qualsiasi studente, anche molto asino … Ma i Professori, si sa, sono professori mica per niente, e allora ex-cathedra (cioè, ex-palco con microfono) impongono il loro punto di vista accademico. E nessuno osa contraddire nel merito, perché nel frattempo tutti sono impegnati a strapparsi le vesti per l’improvvida censura dello zelante funzionario. Sempre a guardare il dito e mai la luna, che oltre tutto è senz’altro più interessante … E così un Professore che commette l’enormità di sottomettere la scienza all’ideologia, un’ideologia peraltro un bel po’ retro (viene dai movimenti del ’77), non fa scandalo, a qualcuno al massimo fa tenerezza. Strano mondo …! Uno scienziato, che dovrebbe fondare tutto il suo pensiero sulla rigorosa osservazione della realtà e delle sue leggi, succube dell’ideologia! Roba da Unione Sovietica ai tempi di Stalin. E infatti oggi non ci siamo molto lontani … È questo lo scandalo vero, non che Rovelli vada declamando le sue balzane idee: è il merito di quello che dice, non il fatto che lo dica, in piazza San Giovanni o a Francoforte. Chi lo ascolta contesti le sue idee, non il diritto di dirle. Se parlano i terrapiattisti, se parlano Santoro, Orsini, Travaglio, Freccero, parli pure Rovelli. Perché no? Peccato per la sua reputazione di scienziato, che spero non venga macchiata da queste estemporanee “sparate”. Ma questo è un problema suo … Il contributo alla scienza di Carlo Rovelli resta molto più importante. La mela continuerà a cadere, sulla testa di Newton o di Rovelli o di chiunque, perché c’è la gravità. Non il contrario.
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